Kingdom Come Deliverance - prova
Il GDR medioevale più atteso del 2018?
Tutto ha avuto inizio nel 2014, con una campagna sulla piattaforma Kickstarter volta a realizzare il progetto di un RPG open world ad opera dei neonati Warhorse Studios. Ma la storia di Kingdom Come Deliverance è molto più antica, e risale all'ormai lontano 2009. Daniel Vavra concepì l'idea di un RPG in prima persona interamente votato all'immersione nell'epoca medioevale, senza tuttavia riuscire a catturare l'attenzione di potenziali investitori. Cinque anni più tardi, lo stesso Vavra rese pubblica la somma raccolta tramite crowdfunding, una somma che superava i due milioni di dollari. Fu così che Kingdom Come Deliverance trovò un mercato e una partnership con Deep Silver, fino a presentarsi sul banco della nostra prova nella sua versione definitiva, in attesa delle sole certificazioni console.
Il prodotto finito vuole ricalcare quasi ossessivamente il concept originale portandoci, senza assolutamente tenerci per mano, attraverso una Boemia feudale estremamente realistica. Se c'è un mantra che fa da sfondo all'intero titolo è infatti quello dell'immersione, un obiettivo perseguito non solo tramite la fedeltà storica e la maniacale riproduzione architettonica, ma soprattutto per mezzo del gameplay. Parliamoci chiaro: se il protagonista ruba, finisce in prigione per diversi giorni, perdendo l'opportunità di concludere alcune quest a tempo; se non dorme e non mangia, riceve pesanti debuff; quando viene indirizzato verso un certo NPC, non ci sarà nessuna freccia a guidarlo fino al suo cospetto, ma sarà indicata solamente l'area in cui trascorre le giornate lavorative.
Dimenticate ciò che pensate di sapere sugli RPG occidentali moderni, perché il più grande pregio di Kingdom Come Deliverance è quello di portare un'esperienza sostanzialmente diversa da tutto ciò che abbiamo visto fino ad oggi. La vicenda di un fabbro che perde la famiglia e, guidato dalla sete di vendetta, si immerge in un vortice di eventi che inciderà grandi cambiamenti nella storia politica del feudo, sembrerebbe rientrare nei canoni narrativi del genere. In verità il titolo, pur spingendo verso un unico finale, è in grado di aprire un ventaglio di centinaia di scelte diverse, ognuna curata e prevista in modo tale da rendere il viaggio differente per ogni giocatore. Ed è proprio per questo motivo che abbiamo scelto di sintetizzare un accenno di trama in poche righe, per concentrarci invece su eventi, situazioni ed elementi di gameplay che abbiamo potuto toccare con mano.
Cannot parse URL entered. Are you sure it's a valid YouTube URL?In sostanza, siamo di fronte a un trionfo del sandbox. Ogni scelta sembra cadere nelle mani del giocatore e alla base del gameplay troviamo un sistema che ricorda quello coniato dalla serie di The Elder Scrolls: combattere con la spada renderà i nostri sforzi sempre più efficaci, dialogare spesso con gli NPC aumenterà la nostra abilità dialettica e via dicendo, il tutto coadiuvato da un altrettanto classico sistema di perk. Un fattore da non sottovalutare risiede nel fatto che, come accadde in Undertale e poche altre opere, l'intero gioco può essere completato senza mai sporcarsi le mani di sangue, in una sorta di run pacifista. Allo stesso modo, ci è permesso di agire completamente fuori dagli schemi, ad esempio scegliendo di eliminare due potenziali bersagli per avere la certezza di portare a termine una missione, senza preoccuparci della sorte dell'innocente ma accettando le inevitabili conseguenze della nostra decisione.
Terminata questa importante premessa, possiamo tornare al nostro fabbro. Una volta usciti da un ricovero temporaneo, ci si sono spalancate le porte sul regno di Boemia, del quale facciamo fatica a quantificare le dimensioni effettive. Osservando la mappa del mondo, sembra di trovarsi di fronte ad una regione veramente impressionante, non solo per dimensioni ma soprattutto per fedeltà di riproduzione, con castelli, cattedrali e monasteri realmente esistiti, ognuno colmo di abitanti che vivono la propria quotidianità. L'ambiente è caratterizzato da foreste, colline e fiumi che si sviluppano sotto uno skybox dal clima invidiabile, tra giornate soleggiate e lunghe notti di buio totale. La gestione dell'illuminazione merita infatti una menzione speciale, perché spesso ci troveremo a vagabondare nottetempo in antiche strutture di pietra orientandoci solamente in base ai lumi delle candele, immersi in una fantastica atmosfera ancestrale.
Nel corso del nostro test abbiamo potuto affrontare tre scenari completamente diversi l'uno dall'altro. In primo luogo, ci siamo confrontati con lo scheletro del gameplay, imparando a brandire una spada e un arco. Il sistema di combattimento non è esattamente intuitivo, un po' perché vuole riflettere la brutalità dello scontro medioevale, un po' perché il focus generale del titolo non ruota intorno agli aspetti action bensì all'esperienza RPG nel suo complesso. Potremo impugnare la spada scegliendo la direzione da cui portare o parare il colpo, con un sistema di schivate e di parry che si avvicina ai tempismi tipici dei soulslike. Tuttavia, più che sui riflessi conviene puntare sulla strategia: un nemico senza elmo, per quanto possa essere potente, non avrà difese contro un letale fendente verticale. Ovviamente, sbloccando perk dedicati, la lotta all'arma bianca e il tiro diventeranno sempre più efficaci; tentare di colpire i bersagli da neofita nell'uso di arco e frecce è infatti un'impresa al limite dell'impossibile, dovendo fare affidamento su braccia tremolanti e scarsa capacità di puntamento.
Una volta concluso l'addestramento, abbiamo deciso di confrontarci con uno scenario di guerriglia vera e propria, ovvero l'assedio a un fortino. Piccola premessa: durante le fasi ricognitive, è possibile individuare i diversi punti di accesso alla roccaforte nemica influenzando pesantemente la tattica offensiva e aprendo la strada a metodi di vittoria alternativi: qualora decidessimo di avvelenare le scorte di cibo, le forze in gioco muterebbero all'istante; se invece dovessimo bruciare i depositi di legname, annulleremo l'efficacia degli arcieri nemici. In ogni caso, una volta in battaglia è l'istinto di sopravvivenza a farla da padrone: basta una freccia sfortunata per vanificare ogni nostro sforzo, anche perché, diversamente da come accade in titoli simili, non è consentito curarsi e mangiare durante il combattimento.
Saremo dei veri e propri soldati che cercano di sopravvivere sferrando colpi letali ogniqualvolta se ne presenti l'occasione: trovarsi fuori posizione significa andare incontro a morte certa, e non c'è niente di vergognoso nel sacrificare la vita di un manipolo di compagni per assicurarsi il buon esito dell'offensiva. Una volta comprese le meccaniche, siamo riusciti a prenderci la testa del leader nemico in seguito a un duello all'ultimo sangue in puro stile Game of Thrones, in cima alla torre più alta e sotto gli occhi pieni di speranza dei soldati semplici. Giunti fino a questo punto, ci eravamo fatti un'idea della complessità degli elementi open-world e di quanto il combat system fosse in grado di influire sul gameplay, ma dobbiamo ammettere che la quest successiva è stata in grado di stupirci oltre ogni aspettativa.
Seguendo le tracce di un assassino, ci siamo imbattuti in un monastero, ed eravamo certi che il nostro uomo fosse uno degli iniziati; l'unico modo per proseguire nelle indagini era infiltrarci a nostra volta tra le file dei benedettini, rinunciando ad ogni possedimento materiale. Ciò che ci ha spiazzati è la quantità di metodi, scelte e dettagli disponibili per arrivare alla soluzione dell'enigma. Canonicamente, avremmo dovuto seguire la vita monastica prendendo parte a tutte le attività quotidiane (anche perché, qualora ci fossimo assentati dalla preghiera, saremmo stati puniti) per scoprire il passato di ogni monaco. Invece, abbiamo deciso di lanciarci in un'esplorazione notturna della struttura, ottenendo informazioni di ogni genere: dalla presenza di libri molto rari nella biblioteca, siamo arrivati a imbatterci in un gruppo di priori con il vizio dell'alcol. Ognuno di questi sentieri ci avrebbe portati sempre più vicini alla soluzione del mistero, ma Kingdom Come Deliverance è stato in grado di superare il semplice ventaglio di scelte.
Infatti, qualora avessimo deciso di trucidare tutti i membri dell'istituto, avremmo comunque completato la quest. Se invece avessimo stupidamente scelto di palesare le nostre intenzioni a tutto il monastero, sarebbe stato proprio l'assassino a farsi avanti, una volta gettato l'amo. Insomma, questa missione è stata in grado di fornirci un quadro generale della completa esperienza di gameplay e dell'effettiva libertà di approccio che caratterizza l'intera trama. Ciò che Warhorse ha voluto rimarcare, è proprio la volontà di realizzare un gioco nel quale unicità e libertà fossero i pilastri alla base di ogni quest, per tentare di eliminare ogni genere di sensazione di ripetitività e spingere l'immersione oltre il limite consentito.
Il risultato concreto, paga lo scotto della sua stessa ambizione. Se da un lato è fantastico provare ansia mentre si esplora il monastero dopo il coprifuoco sapendo di doversi presentare alla preghiera delle quattro di mattina, d'altra parte il gameplay assume un tono molto tecnico, che va ben oltre la poca accessibilità. Si tratta di un'esperienza pensata e realizzata per giocatori navigati, soprattutto nell'ambito dell'avventura RPG. E proprio per questo motivo non esiste un vero e proprio equilibrio tra fasi action e fasi riflessive, se non quello imposto dal giocatore, e in fin dei conti la componente strategica avrà sempre la meglio. Si tratta di un titolo in cui l'intelligenza ha ogni volta, senza eccezioni, un ruolo preponderante rispetto all'uso delle armi.
Kingdom Come Deliverance ha vissuto uno sviluppo lungo e travagliato, probabilmente anche a causa del CryEngine. Nonostante i livelli di qualità e pulizia che questo motore è stato in grado di dimostrare nel corso degli anni, si tratta di uno strumento nato per la realizzazione di FPS su binari. Anche se fa strano vederlo accostato a un titolo così unico, il risultato è in fin dei conti soddisfacente nonostante qualche sbavatura; l'intelligenza artificiale, specialmente quella alleata, ci ha dato l'impressione di faticare sul campo di battaglia, portando a una sorta di freeze alcuni battaglioni e ritardando il tempo di reazione di molti NPC. Dal punto di vista tecnico e grafico, invece, Warhorse è riuscita a compiere un mezzo miracolo, caratterizzando interi insediamenti e fornendo cicli convincenti alla maggior parte degli abitanti della Boemia.
Per concludere, l'ambizione verso l'immersione perseguita da Vavra e dal resto del team di Warhorse sembra essere perfettamente, e forse anche troppo, riuscita. Ci troviamo di fronte a un'opera completamente diversa da qualsiasi RPG analizzato fino a oggi, con una curva di apprendimento estremamente ripida e una costruzione del gameplay fortemente orientata verso i giocatori più esperti. Raramente ci siamo confrontati con titoli che perseguissero la completa fedeltà storica e inserissero al tempo stesso meccaniche avanzate come quella della fame ad ogni livello del gameplay.
In ogni caso, siamo felici di poter parlare di una vera e propria novità e della nascita di qualcosa che, nel bene o nel male, è capace di distinguersi completamente da ogni altro progetto RPG visto fino ad oggi. Fan del medioevo, appassionati dei giochi di ruolo di ispirazione occidentale: è ora di affiliare le vostre spade. Kingdom Come Deliverance sarà disponibile su tutte le piattaforme dal 13 febbraio del 2018.