Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning - recensione
L'inaspettato ritorno di un classico. Forse troppo.
La storia dietro la creazione di Kingdoms of Amalur: Reckoning non è tra le più liete: il gioco fu originariamente immaginato come MMORPG, che avrebbe reso giocabile il mondo fantasy nato dalle mani di R. A. Salvatore, noto autore fantasy, e Todd McFarlane, altrettanto noto fumettista e disegnatore canadese.
Tuttavia Project Copernicus non vide mai la luce e già nel 2009 il progetto fu trasformato in un gioco di ruolo single player; infine, nel 2012, gli sviluppatori di 38 Studios chiusero i battenti, lasciando I Regni di Amalur a un destino di oblio.
Il motivo è presto detto: per raggiungere un pareggio con i costi di produzione, il gioco avrebbe dovuto superare i 3 milioni di copie vendute, una cifra decisamente astronomica per una IP del tutto nuova e un progetto ben lontano dal livello qualitativo di un AAA. Nonostante la buona accoglienza, quindi, il risultato del progetto venne considerato un fallimento.
Sono passati ben otto anni da quell'infausto giorno e, con gran sorpresa di tutti, THQ Nordic si è fatta avanti, acquisendo l'IP e annunciando nel luglio di quest'anno la pubblicazione di Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning. Il gioco lascia inalterata la struttura narrativa dell'originale: si torna a Faelandia, con un protagonista dall'aspetto personalizzabile (e muto, come da tradizione) risvegliato dal mondo dei morti, senza memoria ma con un incredibile potere: la capacità di scrivere liberamente il proprio destino e alterare il Fato di coloro che lo incontrano.
Improvvisamente, il ruolo di questo personaggio diventa quello dell'eroe della terra dei Fae, unica speranza per fermare il tiranno Gadflow, il suo esercito immortale di Tuatha e la stessa Tirnoch, un'antichissima Fae tornata per vendicarsi e ascendere a divinità.
L'ambientazione è estremamente classica nell'estetica e nelle sue regole, con diverse razze in coabitazione più o meno pacifica, tante divinità da cui ottenere favori e protezione, luoghi colmi di magia, antichissime e gigantesche costruzioni del passato (nella sua concettualizzazione, il mondo di Amalur è stato pensato come antico di oltre diecimila anni). Ovviamente, ci sono decine e decine di creature ostili di ogni tipo, pronte a combinare disastri a destra e manca.
Il gameplay è altrettanto classico ma non per questo poco divertente. Il giocatore può equipaggiare diverse armature, accessori e fino a due armi diverse contemporaneamente, lanciare magie e abilità, parare e schivare gli attacchi in tempo reale, scegliendo se approcciarsi alle battaglie come guerriero in armatura, agile fuorilegge o fragile ma potentissimo mago.
Il combattimento da action RPG soffre di una leggera legnosità figlia dei suoi tempi ma è piuttosto dinamico ed estremamente soddisfacente pad alla mano, ancora oggi a distanza di otto anni. Non mancano ovviamente le capacità secondarie del nostro SenzaFato, che potrà forgiare e incantare le proprie armi, creare pozioni alchemiche, borseggiare e scassinare, persuadere e mercanteggiare, il tutto seguendo uno skill tree piuttosto esteso che richiederà decine e decine di ore per essere esplorato. Gli sviluppatori ai tempi definirono Kingdoms of Amalur: Reckoning un ibrido tra God of War e Oblivion e, in effetti, si sentono forti influenze di entrambi i titoli.
Peccato quindi per la scarsa ispirazione dietro il design di personaggi e creature, oltre a una generica mancanza d'identità del mondo di gioco, coloratissimo ma ancora troppo vicino a quella struttura MMORPG alle radici del progetto. Chiaramente ogni pregio e difetto fino ad ora elencati sono stati ereditati pienamente da Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning, titolo che di fatto si propone come edizione rimasterizzata del titolo originale e poco più. Sono stati inclusi ovviamente La Leggenda di Kel il Morto e Denti di Naros, una serie di missioni originariamente rilasciate come DLC del gioco base.
La resa tecnica del software è stata migliorata rispetto alla sua controparte originale: sono stati corretti alcuni errori di bilanciamento del gameplay, come lo scaling del livello dei mostri nelle diverse aree rispetto a quello del protagonista e la quantità di esperienza ottenuta giocando, mentre il loot generato nel corso dell'avventura tenderà ad avvicinarsi molto più spesso al Destino (la "classe") scelta dal giocatore.
Purtroppo, Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning mostra anche il fianco a diverse critiche. Per cominciare, l'ottimizzazione su console non sembra delle migliori, con caricamenti piuttosto lunghi e pop-up piuttosto evidenti in molti ambienti; la situazione migliora ma non troppo su PC, ove saranno selezionabili molte più personalizzazioni grafiche.
La risoluzione massima del gioco raggiunge i 1080p a 60fps al secondo, decisamente poco per un titolo rimasterizzato nel 2020. È possibile attivare un supersampling fino a x2.0, che non grava quasi per nulla sulle performance dell'hardware, ma solo perché all'atto pratico la differenza visiva sarà pressoché impercettibile.
Ed è proprio questo il problema principale di questo Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning: non il gameplay ormai un po' polveroso, non il prezzo che molti hanno giudicato eccessivo per una rimasterizzazione, ma il fatto che se avete giocato il titolo su "master race", vi troverete davanti praticamente lo stesso, identico prodotto.
Con i massimi settaggi disponibili, si avranno senza dubbio texture più definite e, in linea di massima, un mondo di gioco più pulito all'occhio... ma nulla è stato fatto per migliorare i modelli in-game, che anzi proprio a causa di questi maggiori dettagli mostreranno tutti i difetti della loro composizione.
Imbarazzante anche la gestione del post-processing, sconsigliato a tutti i giocatori interessati a mantenere funzionali i propri fotorecettori: una volta attivato, sembra di trovarsi davanti un HDR realizzato in dieci minuti con carta igienica e colla vinilica, che rende incredibilmente scure grotte e zone in ombra, e tremendamente chiare quelle illuminate, saturando i colori fino al punto di bruciarli in presenza di una qualunque fonte di luce.
Per farla breve, in questi ultimi anni abbiamo visto mod amatoriali di retexturizzazione e graphic improvement overhaul decisamente superiori al lavoro svolto su questo Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning.
Kingdoms of Amalur: Reckoning è stato un titolo sfortunato, fatto con il cuore e che avrebbe meritato più di quello che ha ottenuto. Re-Reckoning sarebbe potuta essere la sua seconda occasione; non è ancora detto che ripresentare il titolo nel 2020 non porti a una rinascita dell'interesse di pubblico e publisher per il franchise - qualcuno ha detto sequel? - ma per il prezzo con cui è stato presentato (40 dollari la versione liscia, 55 con dei DLC, ndR), ci si sarebbe potuti e dovuti impegnarsi decisamente di più.
Incrociamo le dita per Fatesworn, espansione prevista nel corso del 2021 che, pur non alterando l'engine di gioco, potrebbe finalmente essere il revamp estetico di cui il gioco ha bisogno.
Sembrerebbe che i possessori del titolo originale su Steam otterranno un corposo taglio del prezzo per l'acquisto di Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning; anche i giocatori console gioveranno senz'altro da questa remastered/porting del gioco su current gen (e quasi sicuramente anche su next-gen)... ma, per tutti gli altri, la soluzione migliore è forse quella di attendere l'arrivo di Fatesworn e, perché no, anche di un benvenuto sconticino.