Knee Deep - recensione
Un'indagine da condurre con una mano sola.
Videogame è la parola che identifica i prodotti appartenenti al nostro medium preferito. Questa lascia intendere che un videogioco sia composto da una parte visiva e una interattiva. Lo sbilanciamento da una delle due parti raramente porta a qualcosa di buono, anche se ci sono molti titoli che hanno deciso di intraprendere la strada del puro gameplay o della sola narrativa. Knee Deep è proprio questo: un'avventura investigativa in cui da giocare c'è davvero poco.
Ci troviamo in Florida, più precisamente a Cypress Knee, luogo dove un attore di seconda categoria ha appena deciso di farla finita impiccandosi alla cima di una di quelle torri guarnite da scritte al neon. L'avventura è strutturata come uno spettacolo teatrale in cui i personaggi recitano la loro parte su un palco in continuo mutamento.
Il nostro compito è quello di seguire le indagini dal punto di vista di tre differenti personaggi, ognuno con il proprio carattere e le proprie motivazioni. La prima è Romana Teague, blogger d'assalto della rivista on-line Fanrage. La ragazza non ha un bel rapporto col suo capo e la stabilità della sua mansione è legata a doppio filo al numero di view che generano i suoi post. Poi abbiamo Jack Bellet, giornalista disilluso alla prese con un matrimonio ormai naufragato che cerca maldestramente di mantenere vivo il rapporto con suo figlio. L'ultimo del trio è il cinico detective K.C. Gaddis, un uomo sull'orlo del disastro che trascina avanti la propria esistenza sostenuto solo dall'affetto del suo inseparabile amico a quattro zampe.
Molto presto il trio si troverà invischiato in un complotto nel quale sguazzano personalità ambigue. Gli strani amici della vittima che bazzicano nel caffè della città sono solo la punta dell'iceberg ma sotto la superficie si trovano gli adepti di una setta, politici corrotti e persino creature che abitano nella palude. La storia, dipinta con toni noir, riserva qualche bella trovata a livello narrativo che per ovvie ragioni non vi riveleremo in questa sede.
In ogni scena ci troviamo a recitare nei panni di uno dei tre protagonisti e l'unica cosa che ci viene richiesta è di scegliere una delle risposte disponibili. Il gameplay in questo titolo è ridotto all'osso e non è necessario nemmeno muovere il personaggio. Si assiste infatti a scene preconfezionate in cui tutto quello che dobbiamo fare è scegliere (nel caso ce ne sia più di uno) l'ordine dei personaggi con cui parlare. Questa passività a cui il giocatore è costretto ammazza completamente il ritmo, riducendo il tutto a poco più di una graphic novel con modelli tridimensionali.
Gli scenari, che sono gestiti proprio come in uno spettacolo teatrale, godono però della natura digitale dell'opera. Se un attimo prima ci troviamo di fronte ad una casa, ad esempio, è facile che questa lasci cadere il muro di facciata per permetterci di osservare il dialogo che si svolgerà all'interno solo qualche istante dopo. Per la verità le ambientazioni non sono moltissime e ci troveremo davanti agli occhi sempre i soliti posti vestendo però i panni di un personaggio diverso ogni volta.
Alla fine di ogni sezione giocata, è possibile accedere alla schermata dello smartphone e pubblicare un post, un articolo o un rapporto, in base al personaggio utilizzato. Questo è già pronto, l'unica cosa su cui possiamo intervenire è il tono con cui redigerlo, scegliendo tra cautious, edgy o inflammatory. La nostra preferenza influisce su alcuni fattori, come il rapporto con il nostro datore di lavoro e l'atteggiamento di alcuni NPC.
L'opera dei ragazzi di Prologue Games, soffre di una pesantezza generale nella fruizione, durante la quale non si deve fare altro che sciropparsi tonnellate di dialoghi e selezionare risposte su risposte. A questo va aggiunto che il gioco è totalmente in inglese e che il lessico utilizzato non è dei più semplici, comprendendo spesso slang e termini poco diffusi. Alcuni mini game provano a mettere una pezza alla piattezza del gameplay, ma i semplicissimi puzzle da risolvere non riescono da soli a risollevare un comparto che risulta irrimediabilmente piatto.
Analizzando la produzione sul versante tecnico, possiamo dirvi che anche se i modelli e le animazioni sembrano presi di peso dall'era PS2, almeno le ambientazioni e il comparto artistico sono abbastanza ispirati. Gestire inoltre l'intera storia come se fosse uno spettacolo teatrale è una buona trovata, che dona al titolo quel tocco di personalità in grado di non farlo sprofondare nell'oblio dell'anonimato.
Tirando le somme, Knee Deep è consigliato solo a chi ricerca una buona narrativa senza necessità alcuna del gameplay. A coloro che vogliono cimentarsi nell'investigazione inoltre è richiesto un buon livello di inglese, senza il quale l'opera non avrebbe motivo di essere giocata. Se invece fate parte dei detrattori di David Cage, sappiate che qui avete ottimo materiale che vi spingerà ad accendere le torce e impugnare i forconi.