La caduta dell'Eroe: l'importanza del villain nel videogioco - articolo
Un viaggio tra i "cattivi" più iconici del medium.
Quante diverse tipologie di eroi esistono? C'è l'astuto guascone, il marchio di fabbrica di Harrison Ford, quella maschera che abbiamo tanto amato indossata da Indiana Jones e da Han Solo, ritrovata in parte nella caratterizzazione di Nathan Drake. C'è il buono tra i buoni, che non passa mai di moda, una creatura dall'animo sempre integro e altruista, proprio come il celebre Goku di Akira Toryiama. C'è il topos del cavaliere silenzioso, il Biondo, il Clint Eastwood della situazione, manifesto dell'antieroe neutral-good; ci sono figure più complesse, come il redento Severus Piton di J.K. Rowling, il Batman in lacrime di Steve Englehart, l'oscuro Rick Grimes di Robert Kirkman.
Ora, quante tipologie di "cattivi" esistono? A pensarci bene, è quasi sempre l'antagonista a definire la dimensione dell'eroe e, quando la caratterizzazione del villain è debole, l'intera opera finisce per risentirne irreparabilmente. Non è un caso che Christopher Nolan abbia scelto, in sequenza, Liam Neeson, Heath Ledger e Tom Hardy per dare forma all'oscurità nella sua interpretazione dell'uomo pipistrello. Come mai Avengers: Infinity War è stato tanto apprezzato dalla critica internazionale? Perché Final Fantasy VII è tutt'ora considerato il capitolo più iconico della saga dell'ex Squaresoft? Dove diavolo ha nascosto la torta GLaDOS?
Lasciando da parte per un attimo questa serie di domande retoriche, c'è un cattivo in particolare che semplicemente mette in imbarazzo qualsiasi altro pretendente al trono. Se in questo istante usciste di casa e fermaste un bambino, uno studente o un ultracinquantenne non farebbe alcuna differenza: tutti lo riconoscerebbero al primo sguardo. Stiamo parlando, ovviamente, del prescelto, di colui che "avrebbe dovuto portare equilibrio nella forza, non unirsi a loro". Stiamo parlando di Anakin Skywalker, tristemente noto come Darth Vader.
Lord Vader è la sintesi del villain perfetto, la quintessenza della caratterizzazione occulta, un tripudio del design antieroico. Il suo potere è illimitato, la sua volontà indomabile, il suo passato trasuda sofferenza. Ed è proprio grazie al giovane Anakin che possiamo introdurre la tematica della "caduta dell'eroe", già messa in scena in tempi non sospetti nientemeno che dal maestro Euripide nella tragedia dell'Eracle Furente. I cattivi con cui siamo portati a empatizzare sono quelli di cui conosciamo le fatiche, i momenti di felicità e quelli di debolezza, coloro che in un tempo lontano erano proprio come noi, anzi, meglio di noi: prima di crollare, infatti, erano veri e propri eroi.
Il medium videoludico sta vivendo un momento di carestia per quanto riguarda i villain dalla caratterizzazione impattante. Analizzando i vincitori del Game of the Year nell'ultimo biennio, possiamo notare come ciascuno manchi di un avversario che sia al tempo stesso carismatico e capace di brillare di luce propria. Nel blasonato God of War, Baldur non è altro che una vittima delle trame tessute da Odino, unico reale antagonista dell'esperienza eppure entità completamente assente dalle splendide inquadrature in piano sequenza. In The Legend of Zelda: Breath of the Wild, invece, il già trascurabile Ganon assume la forma più impersonale mai incontrata nella storia della serie, riducendosi a uno stadio primordiale ed istintivo.
Insomma, verrebbe da dire che non ci sono più i cattivi di una volta. Scavando nel passato dell'industry, più precisamente attorno al 2002, incontriamo una figura che senza dubbio spicca su tutte le altre, un personaggio in grado di scavalcare definitivamente la sottile linea tra il bene e il male, trasformandosi in un boss capace di piegare milioni di videogiocatori al suo volere. Si tratta del principe Arthas Menethil di Lordaeron, l'eroe oscuro divenuto parte della leggenda tanto di Warcraft III quanto di World of Warcraft.
Il principe Arthas era il figlio che qualsiasi re avrebbe mai potuto desiderare, un giovane bello, forte e pronto a compiere qualsiasi sacrificio per proteggere il suo popolo. Benvoluto dai sudditi e acclamato dai commilitoni, il ragazzo fece strada rapidamente nelle file della Mano d'Argento, ordine di paladini votati alla protezione della luce; così, fu inviato a contrastare gli orchi del clan Roccianera, portando a casa un primo, strepitoso successo militare. Dopodiché, ebbe inizio una tragica sequela di eventi che finì per trasformare l'immacolato erede al trono di re Terenas nella più grande minaccia mai fronteggiata da Azeroth.
Arthas fece contatto con l'oscurità nel corso della sua ossessiva rincorsa del Flagello, artefice della piaga che trasformava gli abitanti del regno in pericolosi non morti. Nel corso della missione l'Epurazione, testata nella nostra prova di Warcraft III Remastered, il principe si trova di fronte ad una scelta lacerante: proteggere i cittadini di Stratholme, contagiati dalla piaga e ormai destinati a trasformarsi in non morti, oppure sterminarli finché semplici civili innocenti, commettendo un atto terrificante ma rovesciando al tempo stesso le sorti della battaglia.
Inutile dire che sceglierà la seconda opzione, rimanendo completamente solo e compiendo un passo decisivo sulla strada che, inesorabilmente, finirà per trasformarlo nel Re dei Lich. La sua ossessiva rincorsa a Mal'Ganis, tra una schermaglia e l'altra, lo porterà a impadronirsi della spada Gelidanima, e sarà proprio in quell'occasione che affermerà di essere pronto a pagare qualunque prezzo pur di proteggere la sua patria. Ironicamente, quel prezzo sarebbe stato proprio diventare artefice della distruzione di tutto ciò per cui aveva mai combattuto, macchiandosi dello sterminio del suo intero esercito oltre che di un terribile parricidio.
La storia di Arthas Menethil basta di per sé a giustificare lo spazio nell'Olimpo riservato a Warcraft III, ma non è l'unica funambolica interpretazione della caduta dell'eroe secondo Blizzard Entertainment. Accanto a lui è germogliato uno dei villain femminili più iconici nella storia del medium: il luogotenente Sarah Louise Kerrigan, meglio conosciuta come la Regina delle Lame della serie Starcraft. Potrebbe sembrare un gancio da social justice warrior, ma sono veramente poche le donne intrinsecamente cattive ad aver fatto capolino nelle opere di settore, anzi, a pensarci bene si possono contare sulle dita di una mano. Forse, gli imminenti Halo: Infinity e The Last of Us 2 saranno il giusto palcoscenico per aggiungere un pizzico di pepe e sfondare il tabù una volta per tutte.
Ritornando alla nostra antieroina, Sarah era una ragazza dotata di potenti poteri psichici che, nel corso della sua infanzia, portarono la madre alla morte e il padre alla follia. Fu proprio in seguito al disgraziato incidente che venne reclutata per il programma "Fantasma", un progetto volto alla fondazione di una guarnigione di super soldati messo in atto dalla confederazione Terran; nel corso della sua carriera di assassina, finì per servire agli ordini di Arcturus Mengsk, controllando i pericolosissimi alieni dello sciame Zerg attraverso un emettitore di onde PSI, nel tentativo di mutare le sorti di una straziante rivoluzione sullo sfondo di una storia d'amore con l'eroe Jim Raynor.
In seguito alla missione finale, Sarah si ritrova sola, abbandonata sul pianeta Tarsonis in preda ad uno sciame fuori controllo: inevitabilmente, il corpo senza vita della giovane viene rinchiuso in un misterioso bozzolo alieno; esaurito il periodo di gestazione, Kerrigan torna nella forma di Regina delle Lame, privata della sua umanità e assetata di vendetta nei confronti di Mengsk. Con l'incedere dell'intreccio, Kerrigan si libererà dal controllo dell'Unica Mente Zerg, riacquistando una coscienza e autoproclamandosi regina dell'universo. Ma non è finita qui, perché il suo personale inseguimento del potere si tradurrà in una serie di intrighi, tradimenti e battaglie che la porteranno a diventare una Xel'Naga, una delle creature più potenti del cosmo.
Insomma, sarebbe meglio evitare di scherzare con Sarah Kerrigan, di gran lunga il personaggio più riconoscibile dell'universo sci-fi Blizzard. A proposito di donne con cui sarebbe meglio non discutere: se poco fa avete pensato a The Boss di Metal Gear Solid 3: Snake Eater, sappiate che l'affascinante membro della prima unità Fox è palesemente un'eroina redenta, nient'altro che una benefattrice occulta. Perché tirare in ballo Metal Gear proprio adesso? Sarebbe inutile nasconderlo, non potevamo non menzionare una leggenda tra gli eroi caduti, oltre che un uomo dai mille nomi: John, Jack, Naked Snake, insomma, Big Boss.
Per sviscerare una sceneggiatura di Kojima non basterebbero nemmeno quattro articoli: la tragedia di Big Boss, pur lasciando poco spazio all'immaginazione nell'epoca storica in cui si è verificata, si è declinata attraverso un discreto numero di riletture dell'intera Metal Gear saga, cambiando di volta in volta l'angolo di illuminazione del personaggio. Eppure, al momento dell'uscita del terzo episodio per Playstation 2, la fanbase era reduce da una sequela di guerre apparentemente combattute contro il soldato dal DNA perfetto, percepito come un cattivo senza se e senza ma.
Grazie alla Missione Virtuosa e all'Operazione Snake Eater, l'eterno giovane Hideo riuscì a trasformare il nebuloso John in uno dei personaggi più amati e rotondi mai prodotti dalle penne dell'industria. Chiunque abbia avuto la fortuna di vestire i panni di Naked Snake fino allo scontro con il mentore ha vissuto da protagonista un viaggio attraverso il cuore del giovane militare, finendo per comprendere e addirittura perdonare gli "incidenti" provocati dalla sua ambizione. Big Boss, dopo aver servito con onore seguendo le orme della sua maestra, non poteva rimanere impassibile di fronte alle viscide decisioni del grande burattinaio politico: a volte, è necessario sporcarsi le mani.
Il segreto nascosto dietro la realizzazione di un villain di successo sta nel posizionarlo sullo stesso piano del lettore, dello spettatore o nel nostro caso del videogiocatore. Quando si arriva a provare stima, ammirazione o addirittura commozione di fronte alle storie che hanno lacerato la vita di un paladino della giustizia significa che il gioco è fatto, ed è proprio ciò che è successo di fronte a quella lapide marchiata "Traitor". Certo, esistono antagonisti altrettanto leggendari pur se figli di una scolastica interpretazione del male, come Kefka Palazzo di Final Fantasy VI: cosa succederebbe se un clown megalomane si trovasse in una posizione di grande potere? Ironicamente, si tratta di una definizione piuttosto attuale.
Sta di fatto che la corruzione della creatura nobile è la culla perfetta per la nascita di un forte legame empatico con l'arcinemico, specialmente quando la caduta affonda le sue radici nel sacrificio. A pensarci bene, l'intera filosofia alla base della serie Dark Souls si può ridurre a questo stesso minimo comune denominatore: basta riflettere sul personaggio del cavaliere Artorias, inviato nell'abisso per poi uscirne sovrastato, o del misterioso Lord Gwyn che, pur essendo un'entità dalla tinta chiaroscura, ha gettato le basi di una vera e propria cosmogonia rinunciando alla propria integrità.
La lezione impartita dall'importanza della caratterizzazione dell'antagonista, legata o meno al tema della caduta dell'eroe, ha trovato riscontri non solo nel successo delle opere di riferimento, ma soprattutto del singolo personaggio, spesso più amato del rispettivo protagonista. Abbiamo solamente scalfito la superficie inquadrando le figure più impattanti, lasciando da parte entità del calibro di Gabriel Belmont, trasformatosi nel signore delle tenebre durante l'epopea di Castlevania: Lords of Shadows, così come Kain, il vampiro protagonista dell'omonima Legacy assieme a Raziel, oltre che tantissime altre entità meno ficcanti, tra cui Siegfried-Nightmare della serie Soul Calibur e addirittura il Player 2 scomodato da Streets of Rage.
La riqualificazione dei modelli negativi ha portato ad una vera e propria rivoluzione dell'antieroe, all'interno e all'esterno del medium videoludico: il percorso inaugurato da Kratos con God of War è esploso nella cultura pop passando per l'immortale Walter White di Breaking Bad, fino ad arrivare ad uno dei protagonisti più complessi e variopinti della nuova generazione: Joel di The Last of Us, un modello che ha già influenzato e continuerà senza dubbio a plasmare l'apparato caratterizzante del futuro.
Nel tempo, c'è stato chi ha provato a fare i salti mortali, come Ken Levine con il suo "Father" Comstock dal sapore quantistico in Bioshock Infinite, e chi ha preferito evitare di tracciare una linea netta tra il bene e il male, come Rockstar Studios attraverso l'intera banda di Dutch nel far west di Red Dead Redemption 2. Preferite le dirompenti maschere teatrali, come Joseph Seed e Vaas della serie Far Cry, o gli antagonisti sottili e nebulosi, come il piccolo Flowey disegnato per Undertale da Toby Fox?
Da qualche parte, c'è una magia nascosta che permette ad alcuni villain di fare breccia con estrema facilità nel cuore degli appassionati. A prescindere dalla dimensione scelta, da grandi antagonisti derivano sempre grandi esperienze: a nostro parere, gli eroi caduti figli del Macbeth Shakespeariano restano tutt'ora i tòpoi più affascinanti.