La Cina alla conquista dei videogiochi - editoriale
Gli investimenti cinesi nel settore delle console, del mobile, dell'online e dei middleware sono da osservare con molta attenzione.
Da pochi giorni si è concluso il ChinaJoy, o "China Digital Entertainment Expo & Conference", il più importante evento cinese dedicato ai videogiochi. Parteciparvi è stato davvero emozionante, in parte perché si trattava del mio primo viaggio a Shangai, che mi ha dato modo di verificare o smentire tutti i cliché che mi attendevo.
Il ChinaJoy è più grande dell'E3, è più movimentato dell'E3 e sicuramente più rumoroso dell'E3. E sembra anche piuttosto sregolato: migliaia di videogiochi sono presentati da rock band, da ragazze immagine in posa e BMX che volano su percorsi acrobatici. DJ sparano la loro musica nelle casse e centinaia di cosplayer contribuiscono a rendere ancora più glorioso (e sudato) l'evento. In una parola: videogiochi. Appassionati in costume (a volte fatti benissimo, altre improvvisati), geek che si scambiano carte seduti in terra, fotografi amatoriali che sciamano intorno alle ragazze più carine, volantini e gadget promozionali di ogni tipo su prodotti di cui non avete mai sentito parlare.
Con 200 mila visitatori nel corso di 5 giorni, suddivisi in altrettanti capannoni strapieni di giochi, più due dedicati esclusivamente ai meeting di affari, capire a colpo d'occhio tutto ciò che viene rappresentato in questa fiera è una missione impossibile. Soprattutto quando l'unica interazione che è possibile con il personale agli stand è la consegna/ricezione del biglietto da visita, perché ogni altra comunicazione verbale è assolutamente impossibile.
Altrettanto difficile da comprendere, nonché leggermente preoccupante, è stata la mancanza quasi totale di volti occidentali al ChinaJoy. Parte dell'evento è focalizzata unicamente sugli aspetti di design, di business e alle questioni "sociali" dei videogiochi. E, sì, la maggior parte di tutto ciò è in cinese stretto, al massimo tradotto in giapponese. Ma c'è anche una parte di contenuti che invece vengono tradotti in inglese.
Io sono riuscito a individuare solo un paio di facce occidentali "importanti", rappresentative di pezzi grossi del business. Qualche publisher, il consueto pioniere di qualche middleware o engine, banche di investimenti, operatori di telefonia mobile... ma pochissimi esponenti creativi. Questo potrebbe inquietare coloro i quali pensano che l'indipendenza sarà il futuro dell'industria dei videogiochi, o anche chi è alla guida di piccole aziende e pensa che la sua forza sia quella di essere più agile e potersi meglio adattare ai nuovi trend. Come i developer amano dire, nel business bisogna essere o i primi oppure i migliori. La Cina è già un mercato consolidato, quindi essere i primi a conquistarlo ormai è fuori questione. L'unica alternativa rimasta è quella di creare i titoli migliori per questo pubblico.
"Il ChinaJoy è più grande, movimentato e rumoroso dell'E3"
L'importanza della Cina nel mercato globale dei videogiochi è evidente. Snail Game, un'azienda locale impegnata nella creazione di MMO free-to-play che impiega oltre 3.000 persone, ha da poco convinto quattro banche a prestarle oltre 100 milioni di dollari per un solo titolo: Black Gold Online. Il progetto sarà lanciato in tutto il mondo, e la stessa azienda impiegherà 32 milioni di denaro proprio per il marketing internazionale.
Il mercato degli MMO si è creato una brutta reputazione negli ultimi anni, sostanzialmente ingoiando i soldi di molti investitori e bruciandoli con la creazione di titoli mediocri, ma ad indirizzare i soldi sono stati uomini d'affari che poco o nulla sapevano di videogiochi e publisher che gonfiavano le proiezioni di vendita basando i propri numeri su quelli di World of Warcraft. Se il settore degli MMO troverà nuova vita, sarà grazie ad aziende come Snail Games, in grado di creare titoli F2P finanziati consapevolmente con il loro stesso denaro.
Nel settore mobile, un'azienda chiamata CocoaChina sta raccogliendo oltre 12 milioni di dollari di vendite al mese, il 95% dei quali giunge da vendite locali, lasciando solo un misero 5% a quelle internazionali. Chiaramente, il settore internazionale è il prossimo target da aggredire per la crescita. E non è solo sui "nuovi" mercati del gaming (online e mobile) che l'industry cinese sta investendo pesantemente, ma anche su quelli più tradizionali.
Chi ha supportato Bobby Kotick nell'investimento che lo ha portato a comprare l'indipendenza di Activision dal gigante dei media Vivendi? Tencent. La stessa Tencent che controlla Call of Duty Online in Cina. E la stessa Tencent che possiede Riot Games (autrice di League of Legends) e ha persino una partecipazione in Epic Games. Questo le consente di avere le "mani in pasta" con il più grande publisher per console, il più giocato titolo online per PC e il più diffuso engine per videogiochi in assoluto.
Alcuni di questi investimenti non sono cosa recente, ma il trend è chiaramente in crescita, e la cosa potrebbe essere un bene. Cosa sarebbe successo a Cryptic Games nel 2011, per esempio, dopo l'abbandono di Atari? Sarebbe stato l'ennesimo caso di uno sviluppatore di MMO che implode, se non fosse stato raccolto da Perfect World, un'azienda che ha capito il valore e il talento di questo team e ha combinato la sua esperienza con la propria conoscenza del mondo del free-to-play.
"Anche il governo cinese sta finanziando aziende del settore dei videogiochi"
Riot e Cryptic sono aziende che sapevano dove trovare gli investimenti. Queste aziende hanno cominciato presto a dialogare con gli investitori cinesi mentre chiunque altro in occidente si rivolgeva a operatori del mercato intenzionati solo ad agguantare una fetta del mercato del Facebook gaming, che nessuno sapeva come sfruttare se non per realizzare guadagni rapidi e volatili.
Ma non sono solo i fondi privati cinesi a confluire nel mondo dei videogiochi: anche lo stesso governo sta finanziando aziende del settore, perché capisce la loro importanza e il valore che possono portare all'intero paese in termini di economia ed esportazioni.
Quindi tutti i settori sono coperti: console, PC, mobile e middleware. E in tutti i campi è prevista una crescita nel corso del prossimi anni. La Cina non è più un mercato "emergente", ormai è un mercato emerso. Sta crescendo rapidamente, e se non ci si aggancia alla sua crescita si rischia di essere lasciati indietro. Ovviamente, la "soluzione cinese" non è applicabile a tutto il mondo.
Il browser gaming, ad esempio, è molto popolare in Asia, ma rappresenta solo un successo moderato in Europa. Nel complesso, però, la Cina sta usando in modo molto efficace il suo vantaggio territoriale, rafforzando la sua produttività in città come Shangai, e si sta preparando anche ad aggredire altri mercati occidentali.
Non c'è dubbio che la Cina sia una regione molto dura in cui fare business per un occidentale, per molte ragioni, sia palesi che oscure. Ma il business non è mai una cosa semplice, e di questi tempi a maggior ragione. Quello che è apparso in modo evidente dalle poche aziende occidentali che ho incontrato al ChinaJoy è la loro intenzione di penetrare con entusiasmo in questo nuovo mercato in espansione.
Uno sviluppatore veterano, prima attivo su console e ora impegnato nel lancio di una nuova azienda di mobile gaming, mi ha detto: "Puoi girare il mondo e lavorare duro per creare una realtà nuova ed emozionante, oppure puoi rimanere a casa sulla tua scrivania a creare giochi per Sony: cosa preferisci?". Ciò che vedo io nella Cina è un'economia e una cultura che stanno investendo sul lungo termine, sia all'interno che all'esterno delle proprie frontiere.
Quello che gli addetti ai lavori occidentali devono chiedersi è se vedono in patria un simile livello di supporto e, se la risposta è no, se vogliono o meno saltare sul treno di quella che potrebbe essere una delle più grandi opportunità dell'industria dei videogiochi da molti anni a questa parte.