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La leggenda di Tombi!

Storia del videogioco di Fujiwara divenuto cult.

Capelli rosa, canini affilati, postura ferale, calzoncini corti. Già, oggi parliamo di Tombi!, un videogioco divenuto cult fra i veterani dell'epoca PSX, un titolo che per qualche arcano motivo ha scavato un solco profondissimo nel cuore di milioni di appassionati, travolgendo un'intera generazione con le sue atmosfere colorate, fra musiche festanti e avventure scanzonate.

Ma vi siete mai chiesti che cos'è veramente Tombi!? Da dove è sbucato? È stato un successo o un fallimento? Come mai la sua leggenda si è interrotta così presto? Perché ha ottenuto una tale diffusione nel sottobosco underground? Perché non esiste un remake? Beh, è una storia molto lunga, e dovete sapere che tutto ha avuto inizio da... Resident Evil. E no, non stiamo scherzando.

Tombi! è un videogioco a piattaforme con qualche contaminazione RPG sviluppato dallo studio indipendente WhoopeeCamp e pubblicato nel 1997 per Sony PlayStation. In concomitanza con la finestra di lancio ha iniziato a circolare anche una versione demo, che è passata praticamente per le mani di chiunque possedesse la cara vecchia console grigia, pensata per far assaporare ai giocatori i primi battiti di quello che sarebbe divenuto un viaggio leggendario.

Benvenuti nel mondo di Tombi!.

La demo è finita anche sotto le mie grinfie: da bambino avrò affrontato almeno una dozzina di volte il cammino dal "Villaggio di tutti gli Esordi" fino al "Villaggio degli Gnomi", perdendomi di continuo nel vortice di missioni non lineari che riuscivano a caratterizzare egregiamente una frazione tanto minuta dell'esperienza.

La versione completa di Tombi!, infatti, ha alzato il sipario su un'immensa dose di innovazioni. Nonostante la bistrattata stilistica in 2.5 dimensioni, il piccolo gioco d'azione a scorrimento metteva sul piatto un'avventura capace di stravolgere il concetto della linearità, un mosaico di 130 compiti principali e secondari da scoprire e vivere sullo sfondo dell'interminabile caccia ai sette Maiali Cattivi.

L'incipit dell'avventura era quanto di più semplice si potesse immaginare: il selvaggio Tombi viene travolto da un'orda di predoni maiali, conosciuti come Koma, che riescono a impossessarsi del prezioso bracciale regalato al giovane da suo nonno. Inconsapevolmente, l'esercito di porci scatena la furia del ragazzo, ora intenzionato ad attraversare il mondo intero per recuperare la sua eredità e soprattutto per compiere una terribile vendetta. Insomma, Liam Neeson scansati, perché adesso arriva Tombi.

La mappa completa di Tombi! Secondo VGCartography svela un mondo indimenticabile.

La struttura del titolo si differenziava con forza dai canoni dell'industria, distruggendo gli assiomi della linearità in favore di un approccio basato su centinaia di eventi interconnessi e interdipendenti. Era sufficiente avviare un dialogo o raccogliere un oggetto per svelare nuove missioni opzionali, ciascuna dotata di ricompense uniche e capace di spingere il protagonista a esplorare attentamente i quattro angoli del mondo, location iconiche come la Foresta dei 100 Fiori e il Monte della Fenice.

La scelta di strutturare la mappa secondo gli assiomi del genere metroidvania aggiungeva un pizzico di pepe all'esperienza, valorizzando ogni secondo di backtracking e cullando il giocatore nelle lunghe traversate fra un piccolo segreto e l'altro. Alla prova dei fatti, il microcosmo di Tombi! era talmente complesso da rendere quella di riuscire a completare tutti e 130 gli eventi un'impresa al limite del leggendario.

E fin qui ci siamo. Chiunque si sia confrontato con l'universo di Tombi! ha finito per perdersi nel familiare e accogliente tessuto narrativo che permeava ogni angolo del mondo di gioco, scoprendo il piccolo incantesimo che sorreggeva ogni schermata e che, senza alcuna ragione apparente, riusciva a stringere un forte legame emotivo con il giocatore. Ma cosa si nasconde dietro la genesi di Tombi!?

Facciamo un salto indietro, fino al dicembre del 1995, e spostiamoci per un attimo in Giappone, per la precisione nella prefettura di Osaka. Ecco, in quella regione c'era una società chiamata Capsule Computers, abbreviato Capcom, che a partire dal 1980 aveva portato una straordinaria rivoluzione nel giovane mercato dei videogiochi, partorendo opere come Ghosts 'n Goblins e Ducktales, Street Fighter e Bionic Commando.

Le meccaniche alla base del titolo disegnavano un'avventura mai noiosa, neppure per un istante.

Una delle punte di diamante di Capcom era Tokuro Fujiwara, ideatore e produttore di alcune fra le serie più famose della compagnia, come ad esempio il sopracitato Ghosts 'n Goblins o i celeberrimo Mega Man. Nei primi anni '90 Fujiwara era impegnato al lavoro su un videogioco che si sarebbe tramutato in un colosso dell'industria, ovvero Resident Evil, un progetto che lui stesso aveva proposto come seguito spirituale del suo Sweet Home, generalmente considerato il capostipite dei survival horror.

Ma mentre Shinji Mikami sviluppava l'idea di Fujiwara nei confini di Villa Spencer, l'allora trentenne Tokuro aveva altri pensieri per la testa. Era convinto che in Capcom, ormai, non gli sarebbe più stato possibile creare videogiochi freschi e originali, e stava coltivando da tempo il pensiero di mettersi in proprio. Così, non appena Resident Evil raggiunse gli scaffali dei negozi giapponesi nel 1995, Fujiwara presentò immediatamente le dimissioni e si precipitò a fondare lo studio indipendente WhopeeCamp, portando con sé la compositrice Harumi Fujita.

La vicenda di WhopeeCamp è stata la prima avvisaglia di un fenomeno che oggi sta caratterizzando l'intero mondo dello sviluppo tripla A: sono sempre di più i veterani che abbandonano i vertici dell'industria per dedicarsi al perseguimento della propria vena artistica. Basti pensare al leggendario padre di Final Fantasy Hironobu Sakaguchi, al creatore di Mega Man Keiji Inafune, ma anche a grandi nomi occidentali come David Jaffe di God of War e Ken Levine di Bioshock.

Fra il 1995 e il 1997 Fujiwara si dedicò interamente al progetto Tombi!, che alla fine riuscì a conquistare anche uno spazio sui palchi dell'E3, per poi esordire su console durante l'estate del 1998 in Europa e in Nord America. L'opera ricevette anche una discreta dose di elogi da parte della critica, che scoprì una gradevole ventata d'innovazione nel sottobosco dei side-scrollers e vide nell'avventura del ragazzo una solida deviazione dai generi che dominavano il mercato.

Il secondo e ultimo capitolo della serie non riuscì a replicare il successo del suo predecessore.

Nonostante ciò, Tombi! non riuscì a diventare un titolo Platinum per PlayStation. Il che potrebbe sembrare un elemento trascurabile, ma dietro la semplice qualifica di videogioco Platinum si nasconde una statistica impietosa: i videogiochi Platinum per PlayStation, all'epoca, erano infatti quelli che riuscivano a piazzare almeno 400.000 copie in un periodo di sei mesi dal lancio.

Questo dato deve fare riflettere, perché è molto probabile che sia uno fra i risultati occulti dell'incidenza della pirateria sul mercato dei videogiochi di fine anni '90, dal momento che Tombi! ha raggiunto lo status di cult ben prima della sua seconda giovinezza, e chiunque abbia posseduto una PlayStation conserva più di qualche ricordo legato all'avventura del ragazzo con i capelli rosa.

Fujiwara decise di insistere, e fu così che nel 1999 vide luce Tombi! 2, sequel diretto del primo capitolo. A dispetto dell'evoluzione tecnica di cui il brand si rese protagonista, abbracciando a tutto tondo la tridimensionalità e le ultime meccaniche partorite dall'industry, il secondo episodio vendette molte meno copie rispetto al predecessore, che già di per sé non aveva raccolto uno strepitoso successo commerciale.

Il cattivo andamento dei prodotti spinse Fujiwara a mettere Whoopeecamp in uno stato dormiente, lasciando a casa i dipendenti e rimanendo come unico elemento sul libro paga, senza sapere che Tombi! 2 sarebbe stato l'ultimo progetto del piccolo publisher. Certo, nel corso degli anni Tokuro non interruppe il suo contributo al mondo dei videogiochi, tornando in Capcom per un certo periodo e riattivando Whoopeecamp come società di consulenza, ma l'avventura della software-house si concluse tristemente prima della fine del 1999.

Siamo costretti a ricordare così Tombi!. Con quel Clear!, in italiano tradotto Cancella!, l'ultimo ricordo di una serie ormai scomparsa.

Fra il 2011 e il 2012 la serie di Tombi! è stata poi rilasciata nuovamente su PlayStation Network a opera di MonkeyPaw Games, ma la leggenda della saga sembra ormai essersi esaurita, senza l'ombra di remake né di nuovi capitoli apparentemente pronta ad affiorare all'orizzonte. Il titolo originale, invece, si può oggi trovare a cifre folli fra le pagine del mercato di Ebay, dove gli appassionati della prima ora si contendono un rilancio dopo l'altro le ultime copie sopravvissute.

Insomma, Tombi! è un videogioco dalla storia strana. Un titolo che è stato accolto con calore, che è diventato addirittura oggetto di culto, ma che ha fallito nel vendere le 400.000 copie necessarie per diventare Platinum. Un titolo al quale milioni di appassionati sono ancora oggi estremamente affezionati, ma che forse è stato una delle vittime silenziose del boom della pirateria, un fenomeno al quale gli storici dei videogiochi dedicano ancora troppo poca attenzione.

Solo una cosa è certa: ancora oggi, impugnando un DualShock e precipitando sul manto erboso del Villaggio di tutti gli Esordi mentre una musica familiare accarezza l'aria, si riesce a percepire il medesimo incantesimo che nel lontano 1999 ha trasformato un giovane dai capelli rosa in un insostituibile compagno di avventure, regalando a milioni di ragazzi e ragazze ore di divertimento spensierato.

Avatar di Lorenzo Mancosu
Lorenzo Mancosu: Cresciuto a pane, cultura nerd e videogiochi, i suoi primi ricordi d'infanzia sono tutti legati al Super Nintendo. Dopo aver lavorato dentro e fuori dall'industry, è finalmente riuscito ad allontanarsi dalle scartoffie legali e mettere la sua penna al servizio di Eurogamer.it.
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