La morte dei tripla A single-player è alle porte? - editoriale
Vivere di single-player può essere impossibile per publisher e sviluppatori?
"Il pubblico per quei grandi giochi incentrati sulla trama...non dirò che non è un grande pubblico ma non è così costante, coerente. Avrai giochi come Zelda o Horizon Zero Dawn che usciranno e faranno molto bene ma non hanno lo stesso impatto che avevano un tempo perché i giochi service-based stanno catturando l'attenzione di una fetta di pubblico sempre più ampia. Gli studi first-party di Sony creano parecchi di questi giochi e sono bravi a crearli ma al di là di questo è difficile, diventano sempre più rari; è una decisione di business difficile per i team, devi combattere contro una maggiore resistenza del mercato.
"Dobbiamo capire che se apprezziamo quei giochi devono esserci delle opportunità di business. Amo i giochi che si basano sulla trama. Ho appena finito Thimbleweed Park e penso che sia un gioco fantastico. Inside è stato probabilmente il mio gioco preferito dello scorso anno. Come parte di un'industria voglio essere sicuro che sia i giochi single-player basati sulla narrativa che quelli service-based abbiano l'opportunità di avere successo. Penso che sia cruciale per noi.
"Amo i giochi singleplayer. Il punto è che la maggior parte del gioco si trova nei titoli service-based, è semplicemente un fatto".
Quelle che vi abbiamo appena riportato non sono le dichiarazioni di un analista più o meno credibile ma di una personalità di spicco dell'industria videoludica come Phil Spencer, capo della divisione Xbox di Microsoft. Si tratta di un'intervista che ha fatto discutere parecchio, che ha diviso pubblico e critici ma che sicuramente fa riflettere. Spencer ha ragione? È necessario lavorare con impegno per garantire l'esistenza dei giochi single-player narrativi o i fan di questa categoria di produzioni possono dormire sogni tranquilli e pensare all'uscita dell'ennesimo capolavoro che segua la scia di The Legend of Zelda: Breath of the Wild, Horizon: Zero Dawn e The Witcher 3: Wild Hunt?
Ciò che possiamo affermare con una discreta certezza è il fatto che le idee e quelle che paiono delle sincere preoccupazioni del boss della divisione gaming della compagnia di Redmond non spuntano dal nulla ma si fondano su segnali, dati e anche convinzioni di altre personalità del settore. Personalità come Almir Listo, global brand director di Starbreeze Studios, una compagnia che nel doppio ruolo di software house e publisher sembra aver le idee chiare per il proprio futuro.
Il parco titoli di Starbreeze può contare su un franchise multiplayer piuttosto solido come Payday ma nel corso degli anni ha ospitato anche opere single-player dei generi più disparati. Alcuni nomi? The Chronicles of Riddick: Escape From Butcher Bay, The Darkness e Brothers: A Tale of Two Sons. Proprio discutendo di quest'ultimo videogioco, Listo, ha speso una manciata di parole di un certo peso, parole che ci permettono anche di capire perché l'IP sia stata venduta nel 2015 nonostante l'ottima accoglienza di critica e pubblico.
"È necessario trovare l'elemento che renda i giochi rigiocabili. Uno dei problemi che aveva Brothers: A Tale of Two Sons era il fatto che non fosse assolutamente rigiocabile. È una storia molto bella ma finisce e per quanto sia appagante ricevere delle email adorabili riguardo al gioco, il gioco non paga gli stipendi. Payday invece, dato che il gioco è rigiocabile come pochi altri, ci permette di continuare a proporre nuovi contenuti che garantiscono la possibilità di continuare a monetizzare grazie ai giocatori che sono interessati".
Il futuro di Starbreeze al di là di Payday 3 si concentrerà soprattutto su Overkill's The Walking Dead, un titolo prettamente cooperativo che si basa sul conosciutissimo franchise creato da Robert Kirkman sotto forma di fumetto e poi cresciuto a dismisura tra serie TV e videogiochi stessi (progetti di Telltale in primis). Nessuna idea per un titolo single-player? Listo conferma che la compagnia è aperta a ogni proposta ma che internamente non si occuperà di questo genere, almeno non nell'immediato futuro. Un vero peccato anche perché tutti i giochi che abbiamo citato in precedenza possono sfoggiare una qualità buona o addirittura eccelsa.
Fare single-player è davvero un rischio o comunque un investimento a volte non giustificato dalle entrate effettive? Secondo Cliff Bleszinski non è solamente un problema dei titoli story-driven, c'è anche e soprattutto un problema dell'industria stessa, un'industria in cui lo sviluppo di prodotti AAA starebbe diventando quasi insostenibile: "I tripla A stanno raggiungendo questo punto in cui pare di trovarsi di fronte alla scena dei ristoranti americani. Hai molti di questi ristoranti come il tuo Applebee, il tuo Outback Steakhouse, il tuo Cheesecake Factory. Non sono pessimi ma semplicemente non sono fantastici. Ci sono, semplicemente.
"Sembra di avere questa categoria di otto giochi che si ripetono ancora e ancora. Sono buoni giochi ma costano centinaia di milioni di dollari per essere realizzati e commercializzati", afferma il creatore di Gears of War riferendosi a giochi come Madden, Uncharted, Call of Duty e Battlefield. "Alla fine dei conti questo è un modello quasi insostenibile a meno che tu non sia uno di questi brand affermati o di queste compagnie solide e conosciute come Activision, 2K o Sony". La soluzione secondo Cliffy B. sarebbe quella di puntare su un numero maggiore di produzioni definite "doppia A" giochi meno costosi da realizzare ma comunque di qualità ottime come Rocket League, Warframe o Rust.
Una soluzione che in un certo senso si ricollega anche al concetto di "AAA indipendente" con cui i ragazzi di Team Ninja stanno cercando di lanciare sul mercato l'interessante Hellblade: Senua's Sacrifice. Il creative director della software house, Tameem Antoniades si rifà a un termine proposto da Lorne Lanning di Oddworld Inhabitants nel corso di una delle ultime edizioni della GDC di San Francisco. Il tutto è piuttosto semplice teoricamente ma raggiungere il giusto compromesso tra voglia di qualità e necessarie limitazioni non è semplice. Un AAA indipendente viene prodotto e pubblicato dagli sviluppatori stessi che puntano a creare un gioco solamente digitale per il prezzo di un film in DVD, il tutto cercando di limitare il più possibile costi "superflui" (spese di marketing minime e team al lavoro di dimensioni contenute) senza ignorare la qualità e la cura dell'opera finale. Il risultato? Un videogioco che cerca di occupare lo spazio tra indie e AAA per così dire veri e propri.
Sia il "doppia A" che l'"AAA indipendente" sono soluzioni interessanti ma alcuni potrebbero avanzare un'obiezione piuttosto semplice: i giochi single-player di successo non sono assolutamente spariti dalla scena e gli ultimi anni e mesi lo stanno dimostrando in più di un'occasione. D'altronde lo conferma lo stesso Phil Spencer all'interno dell'intervista riportata a inizio articolo: ci sono pur sempre Horizon: Zero Dawn, The Legend of Zelda: Breath of The Wild e andando ancora più indietro The Witcher 3: Wild Hunt. Si tratta di progetti che hanno parecchio in comune al di là delle inevitabili differenze: acclamati da critica e pubblico, ottime vendite e ovviamente single-player assolutamente purissimi.
Le storie di questi progetti sono profondamente diverse ma in ogni caso dimostrano come sia ancora possibile creare dei prodotti AAA solamente incentrati sulla storia, sull'esperienza in solitario del giocatore. La questione sollevata dal capo della divisione Xbox e da Starbreeze è però un'altra: al di là dei colosssi (Nintendo e Sony in questo caso) e delle eccellenze come quella rappresentata da CD Projekt RED, il modello può resistere o rischia progressivamente di sparire senza un cambiamento più o meno radicale dell'industria?
Tralasciando il segmento indie, fucina instancabile di esperienze single-player uniche e capaci di ottenere un successo anche commerciale, gli AAA che non rispettano le aspettative delle compagnie e che potrebbero nel tempo scomparire non mancano di certo. Proprio in questi giorni Capcom ha condiviso gli ultimi risultati fiscali dimostrando come la qualità o il ritorno al survival horror vero e proprio non siano stati sufficienti per raggiungere i quattro milioni di copie distribuite, obiettivo che la compagnia nipponica aveva fissato per Resident Evil 7. Tanto per chiarire il valore di questo dato, uno dei capitoli più bistrattati, Resident Evil 6, ha toccato le 6,3 milioni di unità vendute nel 2015 e per quanto l'ultima iterazione del franchise abbia ancora parecchio tempo per migliorarsi il fatto che non abbia raggiunto gli obiettivi prefissati non è di certo cosa da poco.
Capcom non abbandonerà Resident Evil ma ottenere dei risultati non eccelsi con un prodotto che possiede una valutazione Metacritic che si aggira mediamente sull'85 è quanto meno singolare. C'è un andamento del mercato che a volte dà l'impressione di essere del tutto indecifrabile, come accade nel caso dei lavori di Arkane Studios. In attesa di scoprire quali saranno i risultati di Prey, ci stiamo riferendo al lancio sottotono di Dishonored 2 (Metacritic che tocca l'88), un sequel che migliora ogni aspetto del primo capitolo ma che fatica a vendere dimostrando come la qualità non sia sufficiente per un grande successo commerciale e che in realtà il grande pubblico non cerca sul serio il progetto complesso e unico ma qualcosa di conosciuto e perché no più immediato e "facile" da godere immediatamente.
Phil Spencer, prima di confermare che Microsoft non abbandonerà i giochi single-player e che sarà necessario lavorare per garantire la salute di questo tipo di opere, ha scritto attraverso l'onnipresente profilo Twitter una manciata di parole da non sottovalutare: "il punto è che la maggior parte del gioco si trova nei titoli service-based, è semplicemente un fatto". "È semplicemente un fatto", non è un'opinione e non è di certo un desiderio di Spencer o del buon Almir Listo di Starbreeze. Questa è solo una questione di freddi numeri.
A inizio 2017 abbiamo condiviso sulle nostre pagine i dati che ogni anno NPD condivide per quanto riguarda l'andamento del mercato USA. Tra questi dati c'era anche una classifica impietosa per i prodotti single-player: quella dei giochi più venduti nel corso del 2016.. Il 2017, considerando la qualità di alcuni giochi story-driven sbarcati sul mercato, potrebbe proporre dei risultati differenti ma la top 10 dello scorso anno sembra evidenziare un trend innegabile:
- Call of Duty: Infinite Warfare (PC, PS4, Xbox One)
- Battlefield 1 (PC, PS4, Xbox One)
- The Division (PC, PS4, Xbox One)
- NBA 2K17 (PC, PS3, PS4, Xbox 360, Xbox One)
- Madden NFL 17 (PS3, PS4, Xbox 360, Xbox One)
- Grand Theft Auto 5 (PC, PS3, PS4, Xbox 360, Xbox One)
- Overwatch (PC, PS4, Xbox One)
- Call of Duty: Black Ops 3 (PC, PS3, PS4, Xbox 360, Xbox One)
- FIFA 17 (PC, PS3, PS4, Xbox 360, Xbox One)
- Final Fantasy 15 (PS4, Xbox One)
Al di là dell'analisi delle varie posizioni e del successo nonostante tutte le critiche di Infinite Warfare, quanti single-player puri o giochi story-driven possiamo contare in questa classifica? Final Fantasy XV sicuramente e volendo anche GTA V anche se nel caso del titolo Rockstar GTA Online è una componente fondamentale per il successo e per le vendite complessive. Vogliamo quindi confermare che questo tipo di prodotto è destinato a essere progressivamente abbandonato? La morte accennata nel titolo è davvero possibile?
Probabilmente no, non di certo nell'immediato. Bollare le parole di Spencer, Listo e Bleszinski come eresie o più semplicemente come "sparate", tuttavia, sarebbe un errore imperdonabile. Il budget necessario per sviluppare un AAA è sempre più elevato con spese astronomiche in più di un'occasione gestite non al meglio (il reparto marketing fa troppo spesso lievitare i costi in maniera esponenziale) e riuscire a raggiungere il tanto agognato pareggio di bilancio è sempre più complicato a causa della necessità di vendere diverse milioni di unità. Vendere così tanto producendo un titolo story-driven, inoltre, sembra ancora più difficile.
Si tratta di prodotti più statici rispetto a quelli multiplayer che monetizzano di meno e meno costantemente dato che non è possibile proporre con facilità microtransazioni e/o pack di varia natura. Come sottolineava Respawn Entertainment ai tempi delle critiche sull'assenza della campagna nel primo Titanfall: questi contenuti vengono giocati poco, molto velocemente e richiedono tantissimo tempo per essere creati. Questo concetto può non essere applicabile direttamente a ogni genere ma c'è un sottofondo di verità da non sottovalutare. Perché molti team dovrebbero spendere più tempo e più energie in un gioco single-player di qualità che spesso vende molto meno di un gioco multiplayer?
Il single-player AAA non sparirà ora, né domani, né dopodomani. Forse non sparirà mai ma qualche aggiustamento è necessario. Tra qualche anno, per esempio, Bethesda potrebbe stancarsi di sostenere Arkane Studios e i suoi prodotti eccelsi, sotto tanti aspetti unici ma "ignorati" commercialmente. In questo particolare aspetto Spencer ha ragione, bisogna lavorare per permettere anche a questo tipo di opera di rimanere in salute, per cercare di non costringere neanche uno sviluppatore a rinunciare al proprio talento e alle proprie idee. Il problema potrebbe non presentarsi mai ma da amanti (anche) delle belle esperienze in solitaria è sempre meglio non rischiare.