La parola ai lettori #1 - articolo
Stavolta tocca a voi!
Alle volte capita di leggere nei commenti agli articoli dei pensieri che meriterebbero di essere sviluppati; altre volte, invece, più che il pensiero in sé è il singolo utente a dimostrare di meritare una maggiore attenzione. Ecco il perché di questa nuova rubrica, in cui per una volta saranno i lettori di Eurogamer.it a venire alla ribalta coi loro pensieri, le loro idee. Oggi cominciamo con un editoriale intitolato "Quando la storia prende il sopravvento" di Giovanni "Blackbannato" Prete. Buona lettura! ndSS
Il videogioco è un media ancora giovane, giovanissimo. Nato principalmente come forma d'interazione con avatar virtuali su schermo, allo scopo primordiale di far semplicemente divertire l'utente, col tempo si è evoluto fino a proporre anche storie articolate. Negli anni '80 nascono le prime versioni ludiche di quei giochi di ruolo che facevano uso principalmente di carta e penna, ancor prima nascono le prime avventure testuali, prodotti a metà strada tra opera letteraria e videogioco.
In quegli anni però è soprattutto l'azione a farla da padrone. Giochi in cui la trama veniva accennata nella schermata introduttiva del titolo di turno, brevissime sequenze che potessero giustificare scazzottate degne dei migliori film d'azione, spargimenti di sangue, avventure epiche a colpi d'arma bianca e quant'altro. L'azione veniva interrotta solo nel finale con poche immagini e righe di testo a decretare il nostro successo, la nostra vittoria.
Passati alla generazione dei 32bit, la trama comincia ad assumere una maggior rilevanza. I full motion video che all'epoca lasciavano sbalorditi (impossibile non citare la sequenza di ballo in Final Fantasy VIII), interrompevano il gioco e ammaliavano l'utente con splendide sequenze non interattive. Gli intrecci nella trama di Resident Evil 2, i dialoghi nella serie di Tomb Raider, sono storie che appassionavano e fornivano quegli ulteriori spunti per proseguire nell'avventura. Quindi arrivò il famosissimo Hideo Kojima, che col suo Metal Gear su PSX contribuì ulteriormente ad alzare gli standard relativi di quelle sequenze non interattive riguardanti la storia, oltre ovviamente a proporre soluzioni di gameplay creative e sorprendenti.
"Rimango perplesso davanti ad alcuni titoli, in cui sempre più spesso sembra quasi sia l'azione di gioco ad interrompere la storia"
Ma oggi che ruolo ha la trama nei videogiochi?
Spesso leggo commenti di utenti che attribuiscono alla storia la riuscita o meno di un videogioco. Titoli magari soltanto sufficienti dal punto di vista del gameplay ma che spingono ad andare avanti "per sapere cosa avviene". Nulla da eccepire in questo, ognuno è libero di trovare il proprio motivo principale per cui dedicarsi ad un prodotto, sia esso un videogioco, film, album musicale (guardare un video di Rihanna solo perché è una strafiga? :D) e quant'altro.
Tuttavia, rimango perplesso davanti ad alcuni titoli, in cui sempre più spesso sembra quasi sia l'azione di gioco ad interrompere la storia, dialoghi, cutscene. Titoli come Litte King Story devono passare necessariamente attraverso i dialoghi data la natura del prodotto, e restano quindi fondamentali tutte quelle righe di testo per poter proseguire. Poi ci sono giochi come Assassin's Creed 3, un prodotto che in teoria dovrebbe porre l'accento sull'esplorazione, sui combattimenti, sui vari tipi di azione disponibili. La storia è importante in un titolo del genere, si parla pur sempre di personaggi storici realmente esistiti, strutture, monumenti e quant'altro. Ma è davvero necessario un'introduzione così spezzata dai dialoghi?
Fino all'arrivo in città, il gameplay consiste nel compiere pochi passi in direzione della prossima scena non interattiva, azione ripetuta più e più volte. Non si corre forse il rischio (com'è capitato a me) di annoiare l'utente che voglia semplicemente cominciare ad esplorare gli ambienti di gioco, ad interfacciarsi con il sistema di combattimento, a sapere cosa c'è di concreto da fare nel titolo in esame? Magari la noia iniziale, sopraggiunta in determinati soggetti, potrebbe portare all'abbandono prematuro del gioco, perdendo così la possibilità di scoprire le reali potenzialità dello stesso.
È una sensazione simile provata con l'introduzione di un titolo che ha di recente riscosso moltissimo (e meritato) successo, mi riferisco a The Last of us. Anche qui la storia è importante, bisogna rendere l'idea di come ci si possa trovare in determinati contesti all'improvviso. Era tuttavia necessario ricorrere ad un uso così marcato di cutscene che, secondo il mio parere, rallentano troppo l'azione di gioco?
"Metal Gear Solid 4 è l'esempio migliore di come una storia possa essere ricordata anche più del gioco vero e proprio"
E quindi veniamo all'apice di quello che considero l'esempio migliore di come una storia possa essere ricordata anche più del gioco vero e proprio, di nuovo lui, di nuovo Kojima. Con Metal Gear Solid 4 il prode Hideo ha voluto mettere 'i puntini sulle i' chiudendo la saga, cercando di accontentare la fanbase della stessa. Ma il rischio non è stato forse quello di annoiare chi, molto semplicemente, cercava soprattutto un titolo basato sull'azione stealth? Filmati davvero lunghissimi ad interrompere fasi di gioco spesso brevissime, pochi istanti di controllo del nostro avatar e via a posare nuovamente il pad per assistere alla nuova cutscene.
Alcuni sostengono che il videogioco non abbia limiti, che possa assumere varie forme e attingere a varie fonti. Personalmente penso che determinati generi dovrebbero sempre e comunque anteporre il gioco vero e proprio alla narrazione, quest'ultima in fondo può essere presente in varie forme, senza necessariamente ricorrere a lunghe sequenze non interattive e soprattutto se usate con leggerezza.
Soprattutto all'interno del panorama indie, spesso è possibile fruire di prodotti che propongono una storia senza ricorrere a cutscene: il più recente che ho giocato in tal senso è quel Brothers: A tale of Two Sons, premiato dalla critica in questo stesso sito, e meritatamente per quanto mi riguarda. Ma basti pensare anche ad un Shadow of the Colossus, con scontri epici e drammatici che non hanno bisogno di scene non interattive per sottolineare l'intensità dello scontro.
Senza contare che, una storia lunga e articolata raccontata attraverso l'uso delle cutscene, non necessariamente collima con un'immersione maggiore nel contesto di gioco. A volte può accadere l'esatto contrario. Pensiamoci bene, qual è la storia alla base di Shenmue? Un figlio deve vendicare la morte del padre, avvenuta a causa di tipi loschi. Quanti prodotti si basano su questo incipit? Centinaia, milioni. Eppure il gioco riesce ad essere coinvolgente grazie ad una serie di dettagli relativi a fasi giocate.
"Una storia lunga e articolata raccontata attraverso l'uso delle cutscene, non necessariamente collima con un'immersione maggiore"
Attraversare città e notare aperture/chiusure di saracinesche, persone che partecipano ad una lezione di arti marziali, vie costellate di giochi d'azzardo ai quali è possibile prendere parte, mercati pieni di vita, personaggi non giocanti animati e doppiati in modo sempre diverso coi quali è possibile ma non (sempre) indispensabile interagire per proseguire, vere e proprie sale-giochi virtuali nelle quali è possibile entrare per giocare a diversi cabinati come Space Harrier o Hang-on.
In altri casi, a seguire un minimo i siti specializzati o le riviste di settore, ci si può informare su prodotti particolari come quelli di Cage: nel momento in cui si decide per l'acquisto si è preparati al tipo d'esperienza che non risponde esattamente ai canoni tradizionali, ed è dunque possibile avere indicazioni maggiori circa la scelta di acquistarlo o meno.
La mia idea dunque è che la storia possa sicuramente rappresentare un valore aggiunto ma, almeno per determinati generi, questa non dovrebbe mai essere invasiva al punto da interrompere sovente il ritmo di gioco, pena arrivare a chiedersi "ma si tratta di videogioco o di film interattivo?".
E voi, cosa ne pensate? Vi è mai capitato di rimanere annoiati dalle sequenze non interattive al punto da volerle saltare ma al tempo stesso essere frenati dal fatto che sì, è pur sempre una parte del prodotto acquistato con moneta sonante?
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