La “platform parity” danneggia anche il PC? - editoriale
La modesta potenza delle console next-gen è una palla al piede anche per i computer.
Il tema della "platform parity", ossia la creazione di giochi sostanzialmente identici su piattaforme dalle performance e dal potenziale diversi, è esploso con fragore nelle ultime settimane a seguito delle controverse dichiarazioni di Ubisoft riguardo l'imminente Assassin's Creed: Unity.
I fan di mezzo mondo si sono rivoltati alla notizia che il gioco girerà a 900p e 30fps "con specifiche bloccate" sia su Xbox One che su PlayStation 4, per una precisa filosofia di sviluppo compiuta a monte e non, dunque, perché quelli sono i limiti tecnici di entrambe le macchine. Del resto, il fatto che due hardware diversi e sfaccettati finiscano per produrre esattamente lo stesso risultato (stando almeno alle dichiarazioni ufficiali), difficilmente si può imputare ad altro che ad una scelta dello sviluppatore di individuare un minimo comune denominatore tra i due e utilizzare quello come standard.
La questione diventa ancora più interessante, però, se si alza il periscopio al di sopra del consueto vespaio generato dalla console war per osservare più lontano, in particolare verso un mercato tradizionalmente distinto da quello console e in questi ultimi anni in netto recupero di centralità: quello PC. Sappiamo bene, infatti, che se PS4 e Xbox One si battono quotidianamente per dimostrare un 10% di potenza in più o in meno l'una rispetto all'altra, è sul fronte PC che i gamer davvero esigenti in termini di prestazioni (e disposti a dedicare un corposo budget alla loro passione) sono attualmente costretti a rivolgersi.
Basta una scheda grafica da 200 euro, ossia di medio livello, per superare in linea teorica le performance di entrambe le console di nuova generazione, e molti dei gamer più esigenti arrivano a spenderne anche 3 o 400 per modelli di punta, che polverizzano letteralmente le GPU utilizzate da Sony e Microsoft, ridimensionando abbondantemente il significato dello stesso termine "next-gen". Se vogliamo parlare di "sfruttare al massimo gli hardware attuali", è dunque sul fronte PC che dobbiamo concentrare maggiormente le nostre attenzioni.
Nel farlo, troviamo risultati piuttosto interessanti. Forse non vi sarà sfuggita una notizia tra le più curiose di questa settimana: secondo un'analisi del nostro Digital Foundry, un mostro di potenza come la nuovissima GTX 980 di Nvidia non è sufficiente a far girare a 1080p e 60fps The Evil Within, l'ultimo titolo horror creato dal leggendario Shinji Mikami e pubblicato da Bethesda.
Il gioco è infatti uscito con un frame-rate ufficialmente bloccato a 30fps, in puro stile console, e sbloccabile solo con un intervento apposito da parte degli utenti. La cosa curiosa è che raggiungere i 30fps a 1080p è relativamente semplice (ci riesce anche una GPU entry-level come la GTX 750 ti), ma nemmeno la scheda grafica più veloce al mondo, in combinazione con un ottimo processore e 16GB di RAM, riesce a portare l'aggiornamento video fino alla soglia dei 60fps, considerata lo standard qualitativo ottimale su PC.
È evidente che qualcosa, nel lavoro di ottimizzazione delle performance, è andato storto: in sostanza, l'esperienza su PC è molto simile a quella console, indipendentemente dalla forza bruta messa in campo dall'hardware.
È una storia non unica e nemmeno recentissima. Restano ancora memorabili le polemiche dei PC-gamer di fronte ad un Crysis 2 che, piuttosto che sfruttare la potenza dei migliori hardware dell'epoca, risultava "livellato" verso il basso dalla potenza delle console, per giunta di vecchia generazione. Idem anche per sua maestà Skyrim, che appariva anch'esso nettamente schiacciato verso le console old-gen e di certo non stressava le migliori GPU sul mercato nel 2011-2012.
Tornando all'attualità, non meno polemiche ha causato il caso di Watch Dogs, afflitto da innumerevoli problemi di ottimizzazione e colto in flagrante a castrare la versione PC, limitando l'accesso ad alcuni settaggi grafici avanzati inizialmente mostrati nelle prime demo e poi disattivati, ma ancora presenti nel codice e successivamente recuperati dai modder.
Gli esempi non finiscono qui: in tempi recenti abbiamo visto grossi problemi prestazionali e di frame rate anche nella versione PC di Dead Rising 3, e anche lo stesso Titanfall, nonostante i molti onori raccolti, di certo non ha impressionato in quanto a capacità di sfruttare al meglio l'hardware PC.
Viene spontaneo incrociare questa situazione con un'altra dichiarazione piuttosto "calda" di Ubisoft: secondo il publisher francese, infatti, i 60fps non saranno più lo standard dell'industria, in quanto troppo difficili da raggiungere e non abbastanza interessanti in quanto a benefici.
Sorvolando sull'assurda argomentazione dei "30fps più cinematografici" (sulla quale ci siamo già espressi) e considerando che su console i 60fps non sono "standard" da almeno un paio di decenni, è evidente che la dichiarazione si riferisce anche, o soprattutto, al mercato PC.
Il che stride fortemente con la natura stessa del mondo PC, un contesto in cui le configurazioni hardware disponibili sono infinite ed infinitamente diverse, e in cui la scelta delle giuste impostazioni per ottenere le performance desiderate è sempre stata lasciata alla piena libertà degli utenti.
Non vorremmo, in sostanza, che Ubisoft (ma non solo lei, come abbiamo visto) avesse deciso, sempre per questioni di filosofia aziendale, che i 30fps siano good enough anche su PC e che non ci sia dunque bisogno di lavorare duramente per ottimizzare i titoli e sfruttare al meglio il potenziale offerto dalle configurazioni hardware più potenti, limitandosi invece a produrre conversioni da console livellate verso il basso e dunque "azzoppate" dalla potenza, di certo non estrema, di PS4 e Xbox One.
Intendiamoci, è normale e accade da sempre che le schede grafiche da 400 e più euro non vengano sfruttate fino all'ultima goccia del loro potenziale: rappresentano forse l'1% del mercato e il dover compensare con la forza bruta una certa mancanza di ottimizzazione fa parte, in un certo senso, della loro stessa natura "estrema". Quando però si arriva a parlare di "abbandonare lo standard dei 60fps", o ancora quando la GPU più veloce al mondo non è sufficiente a far girare un titolo normalissimo a 1080p (una risoluzione per giunta modesta in ambito PC) con 60fps... forse questo significa che la situazione sta sfuggendo di mano.
Potremmo aggiungere altra carne al fuoco parlando del rumor velenosissimo (ma tutt'altro che verificato, badate bene!) in base al quale le stesse Microsoft e Sony farebbero pressioni sui developer perché i giochi PC non superino i 30fps e non facciano, dunque, "sfigurare" le loro console. Una voce di corridoio che, per quanto non completamente verosimile, aprirebbe uno scenario molto inquietante per il futuro del gaming nel suo complesso.
Stiamo forse assistendo all'estensione del concetto di "platform parity" anche al mercato PC? Speriamo sinceramente di no e ci auguriamo, invece, che il futuro dei titoli multipiattaforma console/PC sia quello delineato dalla splendida conversione che Crytek ha realizzato del suo Ryse: Son of Rome, un perfetto esempio di come si sfruttano a dovere le risorse hardware delle differenti piattaforme su cui si sviluppa.
Ogni altro approccio, per quanto gli sviluppatori s'impegnino a motivarlo a parole, è nel migliore dei casi una prudenza eccessiva nella gestione dei budget, e nel peggiore una mancanza di rispetto nei confronti degli hardcore gamer che, investendo migliaia di euro nella loro passione, ne spingono la crescita futura sia dal punto di vista economico che da quello tecnologico.