La refrattarietà al cross-play ci ricorda la vecchia (e cattiva) Sony - editoriale
Dopo aver aperto le porte al cross-play per i titoli più importanti, Sony sta ora tornando sui suoi passi.
Per tutto quello che Sony ha fatto di buono in questa generazione (e dopotutto ha fatto davvero un sacco di cose buone), capita ancora che sia soggetta ad occasionali sbandamenti: momenti in cui gli atteggiamenti pro-consumatori e pro-sviluppatori, che tanto sono serviti per il successo di PlayStation 4, si squarciano per ricordarci quanto una volta Sony fosse pessima nel mantenere quelle relazioni.
Il caos scatenato attorno alle funzionalità cross-play su PS4 (che consentirebbero ai giocatori PlayStation di divertirsi assieme agli amici che giocano su PC, Xbox o Switch) è un esempio da manuale: una reminiscenza della vecchia testardaggine di Sony ha trasformato un cumulo di terra in una montagna, rischiando che l'immagine dell'azienda si deteriorasse agli occhi di sviluppatori e giocatori.
In pratica, dopo aver rifiutato di abilitare il cross-play per un lungo periodo (citando alcune preoccupazioni ben definite riguardo l'esperienza del giocatore), Sony lo scorso autunno ha finalmente ceduto e ha consentito che il cross-play venisse implementato in Fortnite. Probabilmente è stata una risposta alla grande popolarità del gioco, che supportava già il cross-play tra tutte le altre piattaforme, facendo risultare PS4 come la non invitata ad una festa molto importante.
Il mese scorso ha anche abilitato il cross-play per un altro titolo online di spicco su PS4, Rocket League. In teoria questo sembra voler dire che gli sviluppatori possono finalmente aprire i cancelli per far giocare persone tra piattaforme diverse, ma in pratica sembra che Sony stia solo trascinando i piedi: la sua mano è stata forzata dall'insolito successo di Fortnite e non sembra ancora molto felice dell'intera faccenda. Ora gli sviluppatori più piccoli hanno iniziato ad esternare pubblicamente le proprie lamentele nei confronti dell'azienda, per avergli rifiutato il permesso di abilitare le funzionalità di cross-play nei propri titoli.
Ascoltate, non è difficile mettersi nei panni di Sony e comprendere il motivo per cui non veda di buon occhio il cross-play. La PS4 è di gran lunga la console di maggior successo della generazione (probabilmente finirà per essere la console di maggior successo di sempre alla fine della sua corsa) e di conseguenza Sony guadagna un certo vantaggio competitivo nel mantenere il gioco online chiuso all'interno del suo stesso sistema. La maggior parte delle persone che vorrà giocare con i propri amici scoprirà che questi hanno una PS4 e sarà quindi costretta ad entrare nell'ecosistema PS4 per divertirsi insieme a loro.
Aprirsi e consentire che i possessori di Xbox, PC o Switch giochino con i loro amici che possiedono PS4, significa consegnare questo vantaggio competitivo a Microsoft e Nintendo senza ricevere niente in cambio, anzi rimuovendo una barriera piuttosto importante che altrimenti spingerebbe i consumatori a comprare e giocare su PS4. È inoltre improbabile che Sony abbia dimenticato quanto Microsoft avesse sfruttato quello stesso vantaggio competitivo quando aveva il coltello dalla parte del manico nel corso della scorsa generazione. Se volevi giocare con i tuoi amici, dovevi comprare la versione per Xbox 360, perché era su quella console che giocavano tutti online, e Microsoft non perse mai l'opportunità per sfruttare al massimo questo vantaggio.
Tuttavia, far funzionare bene una piattaforma va oltre il semplice sfruttare ogni vantaggio competitivo che si ha a disposizione, come avrebbe dovuto imparare Sony dalle proprie esperienze passate. Riuscire a mantenere una buona immagine agli occhi degli sviluppatori e dei consumatori, gestendo attentamente queste relazioni, è una parte importante del lavoro complessivo, e Sony ha compiuto enormi sforzi per migliorare questi aspetti dai primi anni di PlayStation 3 quando le cose non andavano bene da questo punto di vista. La verità è che anche se il cross-play toglie a Sony un vantaggio competitivo, questo non è neanche particolarmente significativo. A differenza della generazione precedente, infatti, la società non lotta con le unghie e con i denti per ogni console venduta contro un concorrente strettamente alla pari.
PlayStation 4 sta dominando completamente il panorama delle console ed è una scelta automatica per la maggior parte delle persone che debba scegliere una piattaforma da gioco. Sony si è resa conto di quanto fosse improbabile cercare di creare una community di Fortnite chiusa in sé stessa su PS4, separandola da tutti gli altri giocatori. Ora l'azienda deve seguire questo ragionamento fino alla sua logica conclusione e riconoscere che, se quell'approccio non funziona per il più grande gioco online del mondo, non c'è nessun motivo per applicarlo a tutto il resto.
Inoltre, mantenere pareti artificiali alzate in situazioni come questa può avere una certa logica commerciale, ma è una mossa chiaramente anti-consumatori e anti-sviluppatori. Nei consumatori crea confusione: perché dovrei essere in grado di giocare a Fortnite o Rocket League con gli amici, ma non posso unirmi a loro in altri giochi con cui avremmo voluto giocare insieme? Il consumatore non può razionalmente comprendere quali opachi processi decisionali abbiano spinto Sony a scegliere quali giochi benedire con questa funzionalità: è ovvio che dovrebbe funzionare con qualsiasi software multipiattaforma e i consumatori hanno tutto il diritto d'infastidirsi se ciò non avviene.
Per quanto riguarda gli sviluppatori, invece, la situazione è ancora peggiore. Avendo concesso il permesso ad un paio di giochi importanti di usare le funzionalità del cross-play e avendolo negato ad altri, Sony ha effettivamente creato un'enorme diseguaglianza senza alcuna giustificazione oltre al proprio ostinato interesse personale.
Tutto ciò è esacerbato dal fatto che i giochi ai quali viene negato l'accesso al cross-play sono principalmente titoli con basi di giocatori più piccole. Il che significa che il cross-play sarebbe in realtà molto più prezioso e funzionale a loro, rendendo molto più facile per i giocatori trovare degli avversari per godersi i propri titoli. Anche i giocatori di Fortnite sarebbero stati svantaggiati se il cross-play non fosse stato abilitato, ma sarebbero comunque stati in grado di trovare altri utenti attraverso il matchmaking e per Epic Games non avrebbe fatto molto differenza. I creatori di prodotti di nicchia, invece, saranno significativamente colpiti dalla reticenza di Sony, visto che il cross-play potrebbe migliorare notevolmente l'esperienza online per molti di questi software.
Questo non è, ovviamente, il tipo di problema che affligge la reputazione di un'azienda come Sony o una console come PS4, ma è un esempio di campanello d'allarme che, se evitato con disinvoltura e mal gestito, può iniziare seriamente a minare l'immagine pubblica di una società. PS3 non è stata abbattuta da un singolo errore, così come Xbox One.
Certo, ogni volta possiamo puntare il dito contro singoli incidenti che hanno danneggiato la percezione pubblica di una console (il prezzo iniziale di PS3 e l'arroganza che l'ha accompagnato, o la disastrosa attenzione iniziale sulle funzionalità TV di Xbox One), ma in ciascun caso l'andamento generale del mercato era più simile ad una lenta morte, che rifletteva non un singolo errore di calcolo ma una società i cui atteggiamenti, le cui strutture e la cui gestione sono stati intrinsecamente incapaci di giudicare o di reagire correttamente alle situazioni che si presentavano.
Non penso che Sony sia già giunta a questo punto, ma così come la compagnia sta riflettendo su ciò che è andato storto con PS3 e ciò che ha funzionato con PS4, come ha fatto Shawn Layden al recente DICE Summit, dovrebbe anche prendersi del tempo per chiedersi se per caso ci siano ancora cose che la rendono più simile alla “Sony di PS3” che a quella “di PS4”.
La modestia e l'umiltà sono semplici da dimostrare quando si è appena stati battuti ma più difficili da mantenere quando si è in vetta. Se l'atteggiamento di Sony nei confronti del cross-play riflette l'idea che gli sviluppatori piccoli siano meno importanti e che le esperienze dei consumatori debbano essere secondarie rispetto ad un minor vantaggio competitivo, l'azienda farà bene a stare attenta alle sue prossime mosse.