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La sentinella - recensione

Un'improbabile John Wick in mimetica.

Militare preparatissimo, Klara, dopo un tragico incidente mentre è in servizio in Siria, viene declassata a "sentinella" nella città di Nizza, dove ritrova la famiglia, mamma single molto amata e sorella minore affezionatissima.

In Francia dal 2015 le Sentinella svolgono sulla strada un lavoro che, pur rubricato come antiterrorismo, è un mix poco gratificante, anche se ugualmente rischioso, fra vigile e poliziotto. Ma Klara è una donna devastata dal PTSD e pure dipendente da oppiacei a cause delle conseguenze dell'incidente. Tutto questo la altera psicologicamente e la induce a reazioni esagerate in situazioni anche di routine. Il che dovrebbe mettere a rischio la sua permanenza nel corpo, perché la donna è così palesemente squilibrata che non si capisce come conservi il suo incarico. E qui comincia a palesarsi una delle tante incongruenze che faranno fallire il film.

Una donna alla quale non affideremmo un mitra

In una serata in cui la tesissima Klara cerca di rilassarsi in discoteca, la sua sorellina la commette un'imprudenza che le costerà carissima. Per i malvagi però il sistema non offre l'adeguata reazione, la Giustizia non funziona alla velocità dovuta e Klara non è disposta ad aspettare un minuto di più. Raggiunto e sorpassato il suo punto di rottura, si scatena, forte del suo addestramento e della sua posizione (e del suo senso di colpa).

Diretto e scritto (insieme a Matthieu Serveau) da Julien Leclercq (L'assalto, La terra e il sangue), La sentinella è una produzione francese di routine, che regge fino a circa la metà per poi sgretolarsi, nella totale mancanza di plausibilità. Assurdi sono i comportamenti della protagonista, che fa cose da licenziamento immediato, volendo penalmente perseguibili, ma se la cava sempre senza spiegazioni, in un delirio di approssimazioni intollerabili, che non fanno che aumentare il senso di forzatura complessiva della storia. Quando nel momento catartico scappa da ridere, è chiaro che qualcosa nel film è andato storto. Finale telefonatissimo e inutilmente splatter, dopo una ridda di pacchiani slow motion (troppi e inconsulti, direbbe anche il mitico René Ferretti).

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Per cui La sentinella non riesce ad essere quel nobile revenge movie che era nelle intenzioni, e meno che mai un film su questo corpo speciale, di cui da noi poco si sa, ma solo l'improbabile cronaca della discesa all'inferno di un personaggio borderline che, fra solitudine, traumi e pillole, merita cure appropriate e non certo di andare in giro a mantenere l'ordine armata fino ai denti. Per mettersi un po' al riparo dalle critiche sul "machismo" e sulla misantropia della protagonista, il film solleva il tema della colpevolezza della vittima in caso di aggressione, della quale si dice sempre che se l'è cercata. Ma è marginale.

Klara è affidata a Olga Kurylenko, bella ma non leziosamente, capace di recitare in russo, francese e inglese, che sta virando la sua carriera su ruoli da donna con gli attributi (vorrebbe da dire ma temiamo reazioni politicamente corrette), quindi diciamo donna virile (ma non va bene neanche questo), donna forte e decisa insomma, come nel film The Courier, attrice ormai dedita a prodotti action/thriller/horror. Purtroppo per quanto si sforzi, il suo personaggio non è stato scritto per essere minimamente credibile, in un mix da far impallidire altri Giustizieri, da quello storico del film con Bronson/Willis a Rambo e John Wick. Convenzionali tutti gli altri, la sorellina che è Marilyn Lima e l'oligarca russo Michel Nabokoff. La sentinella ci lascia con una certezza che è una conferma: mai fidarsi di quelli col cappuccio della felpa alzato. Il film, che in originale è in francese, è visibile su Netflix.