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La Terra di Mezzo: L'Ombra di Mordor - prova

A pochi giorni dall'uscita, torniamo a caccia di Sauron.

Le prime prove de L'Ombra di Mordor rischiavano di essere viziate dagli effettivi punti in comune con altre serie ma, diciamolo subito per toglierci il sassolino dalla scarpa, il titolo di Monolith non è un clone dei vari Batman e Assassin's Creed, bensì un titolo con una personalità propria e interessante.

Si parte dal contesto narrativo, immerso nell'universo fantasy di riferimento, quello tolkieniano e temporalmente posizionato tra Lo Hobbit ed Il Signore degli Anelli. Siamo molto contenti di poter esplorare una parte della storia che viene spesso lasciata in disparte, soprattutto dalle opere più mediaticamente esposte; si parla sempre di cosa succede a Frodo e ora il grande pubblico si è anche avvicinato alle avventure di Bilbo e dei nani, ma tutto quello che capita in mezzo merita di essere esplorato ugualmente.

In realtà le nostre speranze su questo fronte rimangono tali, con pochi appigli tangibili a cui aggrapparsi; sappiamo che alla scrittura troviamo quel Chris Cantamessa che tanto si è fatto apprezzare per Red Dead Redemption, ma è anche vero che il rischio non manca quando si maneggia un materiale tanto delicato e prezioso come quello di Tolkien. Il ramingo protagonista, poi, non è che ci abbia convinto molto per personalità durante la prova effettuata al Castello Sforzesco di Milano, rivelandosi sicuramente meno interessante come personaggio dell'elfo Celebrimbor (in realtà del suo spettro), tra i forgiatori degli Anelli del Potere.

Talion non ha proprio la faccia da star, soprattutto se paragonato al più carismatico Cerebrimbor.

I due convivono, a volte volentieri, altre meno, nel corpo di Talion, anche se non manca la possibilità di sfruttare le capacità del secondo per individuare il posizionamento di nemici importanti, di oggetti e per tante opzioni di combattimento che arricchiscono il gameplay. Il paragone con l'Occhio dell'Aquila di Assassin's Creed è dietro l'angolo ma la sensazione è che il concetto di base, evidentemente simile, venga potenziato ne L'Ombra di Mordor grazie allo sviluppo su due alberi dei talenti.

I punti abilità che possiamo spendere, infatti, vengono divisi nel ramo Ramingo e in quello Spettro, migliorando nel primo caso le mosse più reali o sbloccandone di nuove, ed aumentando le capacità di Celebrimbor nel secondo. Le opzioni offerte dal nostro alter ego ectoplasmico si rivelano decisamente utili durante gli scontri, anche se la vera svolta sembra essere la possibilità di dominare gli orchi catturati e convertirli alla nostra causa.

Dopo aver menato per benino uno dei servitori di Sauron, ci troveremo a dover scegliere il da farsi con il malcapitato: possiamo ucciderlo e così seminare il terrore tra i suoi sottoposti e ottenere delle rune speciali con cui potenziare le nostre armi, oppure possiamo decidere, con la sola imposizione delle mani, di renderlo un nostro alleato e liberarlo nel mondo, cellula dormiente dei nostri piani pronta a scattare al nostro comando. Questo bivio ogni volta apre ad un interessante livello strategico, permettendo al giocatore di decidere se disseminare il mondo di propri schiavi, pronti a scalare i ranghi nemici autonomamente o quasi, o se puntare tutto sul potenziamento delle proprie abilità offensive.

Molto interessante è la possibilità di controllare gli orchi, così da avere preziosi alleati a Mordor.

Tutto ciò s'inserisce in quella che forse è la caratteristica più interessante del titolo dei Monolith, il Nemesis System. Ogni nemico che incontriamo ha delle caratteristiche che vengono generate proceduralmente, anche l'ultima delle reclute, e soprattutto ha una memoria che gli permette di evolversi a seconda di quello che gli succede. Abbiamo già parlato del sistema nelle nostre precedenti anteprime e dobbiamo confermare che in effetti sembra capace di restituire una certa varietà alle partite, visto che le demo appaiono sempre diverse proprio grazie alla casualità di certi eventi.

Il vero punto di domanda, allora, è relativo all'effettiva persistenza del "wow-factor": quanti orchi si possono pedinare e uccidere prima di annoiarsi? Anche la meccanica più spassosa può diventare ripetitiva, e soltanto una prova di diverse ore potrà rivelare la bontà del Nemesis, soprattutto sul fronte di longevità e della varietà degli approcci possibili.

Dal punto di vista tecnico L'Ombra di Mordor convince anche se non stupisce, e in alcuni casi tradisce la natura di produzione a cavallo tra due generazioni di console. Molto positivo è il fatto che gli animatori siano gli stessi che hanno lavorato alle pellicole di Peter Jackson, garantendo così uno stile omogeneo e riproponendo quell'estetica che di fatto è diventata l'unica possibile per i personaggi di Tolkien. Gollum si fa notare per cura nella realizzazione, così come alcuni particolari negli orchi più elaborati e nel protagonista, anche se rimane l'incognita della varietà.

I combattimenti sono cruenti quanto basta, e non mancano delle spettacolari decapitazioni.

Sappiamo che Mordor è una landa desolata e devastata dai movimenti delle truppe di Sauron, e fin qui c'è poco da dire, ma chiaramente la questione si pone quando iniziamo a controllare quali ambientazioni vengono proposte nel gioco. Oltre alla solita distesa di sabbie abbiamo potuto vedere una grotta ed un terreno più lussureggiante nel quale l'Oscuro Signore recupera risorse per il suo esercito, ma è ancora presto per esprimersi sull'effettiva ampiezza dell'offerta.

Niente di particolare da dire per quanto riguarda musiche ed effetti sonori, mentre proprio non si può soprassedere sulla qualità del deludente doppiaggio italiano. Sentire gli orchi che minacciano con una voce da cartone animato è semplicemente fastidioso, e il nostro consiglio è di giocarlo in Inglese per non rovinarsi l'atmosfera.

Se il mondo di gioco si rivelerà sufficientemente diversificato, e le opzioni di gameplay saranno capaci d'intrattenere per diverse ore, la produzione Monolith potrà anche essere una di quelle da tenere d'occhio in questo autunno 2014. Il paragone coi titoli d'ispirazione va fatto, certo, ma poi bisogna anche accettare che ormai non si tratta più di copiare ma di muoversi in un genere ben definito.

Non è che non si facciano più platform perché c'è Super Mario, e non tutti gli sparatutto sono dei cloni di Doom, e allora ben vengano altri action in terza persona con esplorazione verticale e combattimenti dinamici. A patto, però, che aggiungano qualcosa alla ricetta.