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Last Day of June - recensione

L'amore è più forte del destino?

Essere nella mente di un creativo nel momento preciso in cui scocca la scintilla che divamperà in un nuovo progetto sarebbe molto probabilmente uno dei momenti più interessanti a cui si potrebbe aver la fortuna di assistere. Partecipare in rigoroso silenzio a quell'attimo in cui l'ispirazione arriva incontrollata, spesso insensata, magari da qualcosa di impensabile e di apparentemente troppo lontano per pensare che si possa trasformare in qualcosa di concreto.

Chissà cos'è passato per la testa di Massimo Guarini e soci quando hanno capito che il loro nuovo gioco si sarebbe ispirato a un video musicale. Accostando un qualsiasi trailer di Last Day of June al video della canzone Drive Home, non notare delle similitudini è sostanzialmente impossibile. La director del video Jess Cope e l'ex frontman dei Porcupine Tree, Steven Wilson, sono d'altronde i pilastri visivi e sonori della nuova fatica dei ragazzi di Ovosonico.

Dopo un Murasaki Baby dallo stile artistico invidiabile e dalla colonna sonora che poteva fregiarsi della collaborazione del grande Akira Yamaoka (compositore di Silent Hill), il team di Guarini continua a puntare su valori artistici di assoluto livello cercando allo stesso tempo di limare alcune lacune dell'interessante ma imperfetta esclusiva PS Vita. È in questo senso che Last Day of June assumeva, sin dalle prime impressioni, i connotati di quella prova di maturità a cui ambiscono tutte le software house relativamente giovani e alla ricerca del proprio posto al sole all'interno di un'industria quanto mai spietata e competitiva in ogni settore.

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Per riuscire in questa impresa tutt'altro che scontata, lo studio, in collaborazione con il publisher 505 Games, divisione editoriale del gruppo Digital Bros., ha deciso di tentare una strada non semplice cercando di proporre un "pacchetto completo" composto da una trama emozionante e appassionante e da un gameplay incentrato soprattutto sulla risoluzione di una serie di enigmi all'apparenza banali ma "incastrati" tra loro in una complessità che va via via in crescendo.

L'unico elemento che rimane in un certo senso invariato rispetto a Murasaki Baby sono la ricerca e la cura artistica. Steven Wilson attinge a piene mani dal proprio repertorio da solista confezionando una colonna sonora ottima per ogni situazione e perfettamente integrata con uno stile grafico tutto da scoprire. Se i paesaggi sembrano prendere a piene mani dalla tecnica dell'acquerello, tutti i personaggi sono caratterizzati da uno stile molto particolare ed è soprattutto l'assenza di occhi e bocca a spiccare, anche sulle proporzioni deformed del corpo.

La mancanza di occhi e bocca sono, infatti, inevitabilmente sinonimo di mancanza di espressività ma fortunatamente la storia riesce a reggersi saldamente in piedi, anche di fronte a un'assenza tanto importante, grazie ad alcune soluzioni alternative. Si parte dai versi, dalle risate e dai pianti per poi passare alla palette cromatica (vero e proprio specchio dello stato d'animo dei personaggi e soprattutto di Carl), fino ovviamente alle musiche.

La storia d'amore tra Carl e June è il motore di una vicenda che tocca con efficacia tematiche come il tempo e il destino.

È questo mix di elementi a garantire una narrazione riuscita e molto meno superficiale di quanto ci si potrebbe aspettare. Last Day of June è innanzitutto una storia d'amore, di perdita ma anche di speranza, la storia di una coppia affiatata, Carl e June, divisa da un fato tipicamente spietato che non guarda assolutamente in faccia nessuno. Un incidente rovina una giornata fino a quel momento perfetta arrivando anche a distruggere due vite: June purtroppo non sopravvive mentre Carl si ritrova paralizzato e costretto su una sedia a rotelle in una casa ormai vuota e fredda, circondato da ricordi volutamente accantonati, nascosti per cercare di non pensare, per provare inutilmente a non soffrire per un destino troppo ingiusto per essere vero.

È un mondo oscuro quello di Carl, una vita che ormai ha ben poco da dire priva com'è del più piccolo spiraglio di positività. Ma un giorno quasi per caso il nostro protagonista scopre che forse c'è ancora una chance, che forse il passato può essere riscritto e che magari quella maledetta giornata potrebbe essere modificata una volta per tutte. Inizia così un'avventura non priva di colpi di scena e di piccoli misteri da svelare, con l'obiettivo di trovare l'incastro giusto per cercare di salvare la nostra cara June.

Per riuscirci non dovremo modificare il nostro passato ma cercare di intervenire sulla vita dei vicini di Carl, persone che in un modo o nell'altro hanno fatto qualcosa che ha causato la particolare successione di eventi che ha portato all'incidente che ha cambiato per sempre la vita della nostra coppia di innamorati. Il sistema realizzato dai ragazzi capitanati da Guarini parte da un'impostazione molto semplificata ma interessante e ben implementata nella vicenda narrata e nelle tematiche del tempo e del destino.

Cambia la situazione di Carl e cambia anche la palette cromatica. Le atmosfere sono un chiaro mezzo per trasmettere gli stati d'animo dei protagonisti.

Prendendo il controllo di un personaggio per volta abbiamo cercato di piegare il corso degli eventi a nostro favore facendo imboccare ai vari comprimari quei bivi apparentemente più vantaggiosi. Come detto la meccanica si fonda su una base decisamente molto semplicistica: ogni personaggio può infatti impugnare un solo oggetto per volta e interagire solamente con elementi e luoghi particolari. L'obiettivo è apparentemente altrettanto semplice: dobbiamo cercare di evitare un certo passato, cercare di modificare ciò che potrebbe causare l'incidente mortale per l'amata del nostro Carl.

Inizialmente le cose da fare sono poche e tutto sommato intuibili senza ragionamenti particolarmente complessi. Proseguendo nell'avventura, tuttavia, le azioni dei vari personaggi iniziano ad avere delle conseguenze anche sugli altri e a formare quel gioco di incastri a cui abbiamo già accennato in precedenza. Al di là dell'esplorazione e dei metodi per risolvere i puzzle (che si tratti di recuperare un aquilone o semplicemente una corda), è proprio questo l'aspetto più interessante del gameplay: c'è la necessità di modificare certe azioni e in alcuni casi anche di scegliere la strada apparentemente peggiore, perché la somma dei singoli eventi potrebbe dare vita a un risultato inaspettatamente positivo.

C'è una sensazione di causalità inaspettata, di conseguenze a volte non sempre decifrabili in una piccola rappresentazione del più classico degli effetti farfalla. Un evento insignificante come un bambino che gioca con un cane potrebbe garantire un vantaggio a una donna pronta a partire o infastidire un cacciatore alla ricerca della propria preda. Tutti questi dettagli legati da un filo decisamente labile vanno poi a intrecciarsi e addirittura a influire su questioni di vita o di morte.

I comprimari sono più profondi di quel che sembra.

Per quanto curioso questo sistema non è privo di problematiche. Al di là della già citata semplicità di alcuni enigmi, il problema maggiore sta nella necessità di ripetere certe sezioni alla ricerca della soluzione esatta. La ripetizione dei ricordi è funzionale e ricorda quel cult di Ricomincio da capo ma il dover rivedere costantemente alcune parti di cutscene, seppur brevi, non è esattamente il massimo e nelle circa quattro ore di gioco necessarie per raggiungere i titoli di codi (dando un'occhiata anche a un buon numero di ricordi collezionabili e opzionali) questo difetto non è purtroppo sempre indolore.

Last Day of June non era di certo un progetto privo di rischi o che giocava necessariamente al risparmio. Muovendosi lungo la sottile linea tra esperienza narrativa e avventura fondata sulla risoluzione di puzzle, Ovosonico doveva riuscire a coniugare entrambe le anime della produzione convincendo con una storia interessante e non troppo prevedibile e riuscendo allo stesso tempo a proporre un comparto ludico all'altezza. Ci sono alcune incertezze, soprattutto controller alla mano, ma il lavoro svolto dal talentuoso team italiano ha il sapore tipico della crescita, del passo in avanti.

Forse meno singolare e fantasioso rispetto a Murasaki Baby e alla sua particolare impostazione touch dipendente dalle caratteristiche di PS Vita, la storia di Carl e June è a conti fatti decisamente più concreta e solida, il tutto senza disdegnare alcune trovate fuori dal comune. Una storia d'amore realizzata con la giusta delicatezza, che non si limita "solo" a commuovere e ad appassionare ma che sfoggia anche la capacità di giocare intelligentemente con il tema del destino, del tempo e dell'effetto farfalla, delle piccole azioni che potrebbero cambiare completamente il futuro o che nulla possono di fronte a ciò che il fato ha ormai indelebilmente scritto.

8 / 10