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Last Day of June (Switch) - recensione

L'opera seconda di Ovosonico sulla portatile di Nintendo.

Un amore così intenso da sfondare persino le barriere del tempo e dello spazio. Abitanti che non parlano (o perlomeno lo fanno in una lingua incomprensibile) ma che dicono così tanto attraverso immagini, gesti, sguardi, ricordi. Relazioni che si compongono e si scompongono, pezzi di un mosaico che siamo chiamati costantemente a rompere nel tentativo di ricordare e dimenticare un nefasto avvenimento: la morte di June, che ci porta al titolo della produzione, Last Day of June.

L'esperienza partorita dagli italiani di Ovosonico guidati da Massimo Guarini tenta di spezzare le catene che bloccano il genere (principalmente la forte linearità dell'avventura, subordinata all'esigenza di voler emozionare con la storia più che con l'interazione) usufruendo, spesso sapientemente altre volte in modo più imbronciato, di un puzzle narrativo e ludico che funge molto bene da metafora dei sentimenti di Carl.

Non sappiamo la sua età e possiamo conoscere il suo passato (o perlomeno alcuni sprazzi della sua relazione con June) solamente dagli sporadici momenti in cui il gioco lascia passare la fioca luce dei ricordi felici del tempo che fu tra una fitta al cuore e l'altra. Nel mezzo affrontiamo l'odio che Carl prova per se stesso, per l'incapacità di non essere riuscito a salvare lei, l'amore della sua vita, e per l'apparente incapacità di salvarla ora ricostruendo, tramite i ritratti in casa sua, una storia alternativa, dove quei momenti infami (dalle 18 alle 19 di quell'ultimo giorno, come segna il campanile del piccolo villaggio) continuano a rimbombare nella sua mente, nella sua memoria.

Lo stile artistico è ideale per dare all'avventura una sensazione immaginifica, in linea con il cammino nei ricordi di Carl.

Ogni volta il momentaneo attimo di felicità viene trangugiato da un'ennesima fitta al petto, un'altra freccia nel cuore laddove, una volta, c'era lei; la sua immagine ora sempre meno vivida, sempre più sfumata. I ricordi vanno, vengono, sbiadiscono; a noi l'onere di ridare loro forma e infondere speranza per poterci credere ancora, credere che June possa ancora essere lì.

Per l'intero Last Day of June, Ovosonico gioca bene - anzi molto bene - con le emozioni, meno invece con il ritmo delle sequenze interattive quando si impersona prima il bambino, poi la vicina, poi l'amico d'infanzia e, infine, l'anziano. In alcune parti e nonostante la brevità della storia (3-4 ore), risente un po' del peso del backtracking a cui il giocatore è obbligato per arrivare alla sequenza finale.

Mettere insieme i vari pezzi diventa presto un ripasso e non una nuova prospettiva sulla vicenda; un ripetersi che purtroppo talvolta scade nella noia, sebbene lo studio di sviluppo abbia cercato di ridurre al minimo la frustrazione di rivedere le stesse sequenze accorciando le scene d'intermezzo (riducendole a pochi fotogrammi-ricordo) dalla seconda volta che le riviviamo in avanti. Purtroppo un po' di influenza negativa sul gioco resta, anche a causa dei frequenti caricamenti necessari per stare dietro al via vai sulla linea del tempo.

L'adorabile Carl: basteranno pochi minuti per empatizzare con la sua tristezza.

Last Day of June riesce in ogni caso a essere assolutamente memorabile. La sapienza di Ovosonico non è stata orchestrare qualcosa di originale: l'ispirazione dal video del singolo "Drive home" del compositore britannico Steven Wilson, per esempio, è evidentissima (e anche specificata nei titoli di coda). Giocare, poi, con una storia d'amore, lutti insuperati (e insuperabili), personaggi adorabilmente disegnati e caratterizzati e ricordi strazianti è stata, bisogna ammetterlo, una vittoria facile per il team di Guarini; generare in chi esperisce un'avventura di questo tipo emozioni tanto forti è, insomma, prevedibile quando gli ingredienti sono questi.

Laddove Last Day of June, però, risplende è il modo in tutto tutto ciò è stato messo in scena. Dal dover ricomporre i pezzi della storia, riarrangiandoli come se fossero le riflessioni mentali di Carl ("E se le cose fossero andate in questo modo? Oppure così? Forse sarebbe ancora viva" viene spontaneamente da pensare impersonandolo mentre ci si muove per casa sulla sedia a rotelle), fino ai toccanti e struggenti sfoghi di rabbia lanciati dal protagonista ogni volta che, risvegliatosi, scopre che niente è cambiato: quel giorno è stato ancora l'ultimo giorno di June.

La musica, scritta proprio da quello Steven Wilson di cui sopra, è semplicemente perfetta. Atmosferica, semplice e appropriata; non sovrasta le immagini né vuole imporsi sulla storia, bensì è un accompagnamento ideale per sottolineare gli stati d'animo di Carl, i momenti di azione e reazione della breve ma intensa esperienza di Last Day of June. E non basta qualche minimo (ma regolare) cedimento del frame rate su Switch a impedire che le emozioni fluiscano fino all'ultimo tenero minuto.

Toccando i ritratti in casa sua Carl potrà rivivere la fatidica ora in cui tenterà di cambiare lo scorrere degli eventi prima dell'incidente.

Per la console di Nintendo la tecnologia di Last Day of June non può essere un'impresa difficile da gestire, motivo per cui tali imperfezioni tecniche (con l'aggiunta di un certo effetto di aliasing) avrebbero senz'altro dovuto essere limate.

Straziante, intenso e adorabile. Last Day of June è l'opera che l'industria italiana può e deve vantarsi di vedere annoverata nel proprio catalogo, ideata da un team che non si direbbe essere soltanto alla sua seconda opera (la prima è Murasaki Baby del 2014) e che dimostra di avere tutte le carte in tavola per lasciare un segno indelebile.

8 / 10
Avatar di Massimiliano Di Marco
Massimiliano Di Marco: Aspetta la pensione per recuperare la libreria di giochi di Steam. Critica qualsiasi cosa si muova, soprattutto se videoludica, e gode alla vista di Super Mario e Batman.

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