Le console hanno 'azzoppato' The Witcher 3 o lo hanno salvato? - editoriale
Xbox One e PS4 sono piattaforme indispensabili per un moderno tripla-A o un freno per lo sviluppo grafico?
CD Projekt RED si è finalmente espressa sulla questione "downgrade" di The Witcher 3, rilasciando dichiarazioni molto interessanti per chi ama capire i temi di fondo e i movimenti della nostra industria.
La prima nozione appresa è che, sì, il gioco nelle sue prime versioni aveva un aspetto nettamente diverso rispetto a quello uscito sugli scaffali, rivisto per certi versi al ribasso. Le polemiche che si sono scatenate in Rete negli ultimi giorni non erano, dunque, frutto di un abbaglio da parte di qualche utente malizioso.
Questo cambiamento in corso d'opera è stato motivato dallo sviluppatore nel modo più prevedibile e verosimile: è frutto delle mutate esigenze tecniche che intervengono tra la realizzazione di una prima build "chiusa" e limitata e la successiva implementazione di un open world completo e gigantesco.
Chiaramente, permangono dei dubbi sull'opportunità di presentare titoli in uno stato di forma così differente da quello che poi sarà il risultato finale, ma in questo caso possiamo dire con tranquillità che il punto centrale della discussione, ad oggi, è un altro.
Le dichiarazioni più interessanti dello sviluppatore polacco sono infatti quelle che riguardano il complessivo andamento dello sviluppo grafico e i rapporti di forza tra PC e console, argomento molto scottante che più volte era stato sollevato nel caso specifico di The Witcher 3. Molti PC gamer, infatti, sono convinti che il ridimensionamento tecnico del titolo sia dovuto all'esigenza di ottenere un codice che girasse opportunamente anche sugli attuali hardware console, dalla potenza non certo infinita.
Riguardo questo tema, le parole di CD Projekt sono state molto dirette e significative. La prima nozione che abbiamo appreso è stata, infatti, che "se le console non fossero state coinvolte, questo The Witcher 3 non sarebbe stato possibile. Semplicemente non ce lo saremmo potuti permettere, perché le console consentono di ottenere un potenziale di vendite più alto e di avere dunque un budget maggiore da investire."
Non lo scopriamo oggi: lo sviluppo di titoli Tripla-A è molto impegnativo dal punto di vista finanziario e richiede, dunque, di inseguire un potenziale di vendite massificato. Per un titolo costato 50 o 100 milioni di dollari, uscire su una sola piattaforma ormai è quasi impossibile, a meno che non ci sia il coinvolgimento diretto da parte di Sony, Microsoft o Nintendo.
Men che meno è percorribile la scelta di puntare sull'unica piattaforma del PC, che nonostante la netta rifioritura vissuta nel corso di questi ultimi anni, da solo non garantisce ancora un fattore di vendite paragonabile a quello che i classici blockbuster ottengono sulle console (complice anche il fenomeno della pirateria, ancora molto intenso su PC per ragioni connaturate alla sua stessa natura "aperta").
Le chiacchiere, insomma, stanno a zero: un gioco ambizioso come The Witcher 3 ha bisogno di tutte le piattaforme in circolazione (con l'unica e dolorosa eccezione del Wii U, che ormai nessuno sviluppatore menziona nemmeno più).
Il che ci porta alla riflessione successiva, sempre collegata alle dichiarazioni di CD Projekt RED. Dopo aver offerto una grossa sponda a chi sostiene la centralità del gaming su console, lo sviluppatore infatti conferma anche le preoccupazioni dei PC gamer, almeno in parte: "sviluppare solo su PC probabilmente ci avrebbe permesso di raggiungere un dettaglio grafico migliore. Avremmo potuto essere più focalizzati, come se avessimo sviluppato solo su PS4 o Xbox One. Ma la possibilità di fare un gioco del genere non esisteva."
In sostanza, l'esigenza di sviluppare su più hardware contemporaneamente significa che nessuno di essi è sfruttato in pieno, e ovviamente a soffrirne è soprattutto la piattaforma dal potenziale tecnologico più avanzato: il PC. Potrebbe sembrare la scoperta dell'acqua calda ma in realtà non è sempre stato così. Per accorgersene, basta guardare a quello che è avvenuto durante la scorsa generazione.
Secondo un noto grafico riportato dalla stessa Nvidia, l'Xbox 360 al momento della sua uscita (fine 2005) montava addirittura la scheda grafica più potente al mondo, superiore anche alle schede PC più performanti, che solo dopo qualche mese avrebbero recuperato il gap ed eguagliato la forza bruta della console di Microsoft.
PlayStation 3, dal canto suo, equipaggiava il Cell, un processore straordinariamente ambizioso (e altrettanto difficile da programmare), dal design unico e dalla potenza estrema, che a tutt'oggi rivaleggia addirittura con la capacità di calcolo delle attuali console "next-gen".
Questo incredibile rapporto costi/prestazioni non solo convinse numerosi ex PC-gamer a compiere un passo di avvicinamento verso il mondo delle console, ma consentì anche all'industria nel suo complesso di fare un impressionante balzo tecnologico in avanti, con ricadute a cascata su tutti i suoi settori. In sostanza, Xbox 360 e PlayStation 3 nelle prime fasi della loro vita non hanno frenato lo sviluppo tecnologico ma lo hanno guidato: è anche o soprattutto per questo che, nel corso degli anni successivi, il famoso processo dell'ottimizzazione le ha portate ad ottenere risultati grafici inizialmente impensabili.
Oggi la storia è molto diversa. Come sappiamo le nuove console integrano per la maggior parte componentistica PC di fascia medio/bassa (con l'unica eccezione di una dotazione di RAM molto generosa). Come risultato, ad appena un anno dalla loro uscita non solo non rappresentano hardware tecnologicamente all'avanguardia, ma già costituiscono un denominatore al ribasso per quanto riguarda lo sviluppo delle potenzialità grafiche. Una situazione che, con ogni probabilità, nel corso dei prossimi anni non potrà che farsi più marcata.
Ovviamente, nessuno accusa Sony o Microsoft di aver giocato al ribasso per azzoppare in modo deliberato l'intera industria. Entrambe le aziende hanno certamente operato un'accurata valutazione di costi, benefici e sostenibilità prima di confermare il design definitivo delle loro macchine (anche se l'impressione è che, in questo compito, Sony sia stata più efficace o almeno meglio focalizzata sul tema del gaming). I giorni in cui si potevano creare hardware super-pompati da vendere abbondantemente sotto costo, per rifarsi poi con i proventi del software, sono senza dubbio finiti.
Il tema, però, resta: in un mondo in cui i titoli più ambiziosi devono necessariamente uscire su tutte le piattaforme, il fatto che due di queste siano tecnologicamente poco avanzate costituisce un problema per il futuro dell'intera industria. Ci consegna, sostanzialmente, ad una pericolosa situazione di stallo: da un lato sviluppare per un singolo hardware consente di sfruttarne al meglio le caratteristiche, ma impedisce di avere un budget adeguato a creare un vero "tripla-A"; dall'altro, uscire su tutte le piattaforme permette di massimizzare le vendite e dunque anche le risorse per lo sviluppo, ma impedisce di ottenere un risultato tecnico realmente all'avanguardia, per gli evidenti sbilanciamenti di potenza tra i diversi sistemi.
È una fotografia che descrive alla perfezione la situazione e le difficoltà dell'attuale industria, stretta tra un'esigenza di continua crescita tecnologica e una sostenibilità finanziaria che ormai quasi tutti gli osservatori giudicano sempre più fragile.