Le strade del male - recensione
“Alcune persone nascono solo per essere sepolte”.
Nel corso dei secoli l'umanità si dev'essere resa conto della vastità del male che era capace di infliggere al suo prossimo e, convenientemente, si è inventata il Diavolo, su cui scaricare ogni responsabilità assolvendosi poi grazie a confessioni, pentimenti, penitenze, tutta roba creata ad hoc.
In una piccola area fra Ohio e West Virginia (il solito depresso Grande Centro), nell'arco di una ventina di anni si consumano e trovano risoluzione le vite sfortunate di un gruppo di personaggi, i cui tragici destini rimbalzeranno fra le due località di Coal Creek e Mead, un pugno di chilometri dove sembrano concentrate tutte le sventure possibili, tutti i personaggi più negativi.
La prima parte ci introduce i due personaggi intorno cui ruoteranno tutti gli eventi futuri, un ragazzino e una bambina entrambi rimasti orfani dopo che due diverse tragedie hanno distrutto le loro famiglie. In quei luoghi di miseria e abbrutimento, Dio non sembra ricambiare le attenzioni che i compaesani gli dedicano, durante i lunghi sermoni punitivi cui si sottopongono nella chiesa locale, che finisce pure in mano a un predicatore perverso (Robert Pattinson).
Arvin (Tom Holland) e Lenore (Eliza Scanlen) crescono insieme, come fratello e sorella, ma il destino, dopo averli già tanto provati, butterà loro davanti ogni possibile ostacolo, ogni incontro negativo, ogni occasione sbagliata, per non concedere nemmeno la possibilità di un'esistenza di dignitosa, sofferta miseria a due che non chiederebbero altro.
Intanto nella zona scorrazza impunita una coppia di serial killer psicopatici, nell'indifferenza del corrotto sceriffo del posto che pensa solo a una futura carriera politica. Tutte le singole sciagure si intrecceranno e sfoceranno in una specie di catarsi finale. Sullo sfondo scorre la guerra del Vietnam, dopo che il padre di Arvin è già tornato in PTSD dal fronte del Pacifico, a rendere il quadro ancora più chiaro, se mai ce ne fosse bisogno. Homo homini lupus.
Le strade del male, almeno per tre quarti della sua consistente durata (due ore e un quarto circa) soffre dell'effetto di accumulo, perché la serie di disgrazie cui vanno incontro i due protagonisti, ma che non risparmiano quasi nessuno degli altri personaggi, a tratti è anche eccessiva. Parzialmente 'Le strade del male' si riscatta nel gioco degli incastri finali, in cui, come uno sberleffo al suo antagonista, finalmente il Dio tante volte nominato ma sempre distratto si deciderà a fare il suo mestiere.
Dirige Antonio Campos, regista di film sul disagio adolescenziale come Afterschool e Simon Killer e alcuni episodi di serie di successo. La sceneggiatura, scritta dallo stesso regista insieme al fratello Paulo, è tratta dal romanzo 'The Devil all the time', scritto da Donald Ray Pollock (ex appartenente alla più umile working class), che è anche l'incombente e didascalica voce narrante di un film che fa avvertire la sua origine letteraria, con una narrazione lenta e un'eccessiva lunghezza, mentre si snoda una catena di eventi scritta per essere sempre più cupa e senza speranza.
Il cast fa il suo lavoro: Tom Holland, alla sua prima prova "matura", si impegna per rendere credibile un personaggio lontano da quello Spider-Man che lo ha portato alla notorietà. Eliza Scanlen la ricordiamo nel recente remake di 'Piccole donne' e in 'Sharp Objects'.
Robert Pattinson fisiognomicamente non ci è sembrato particolarmente adatto al ruolo e recita con un accento e una tonalità di voce diversa dal solito: può convincere o meno. Lo sceriffo è Sebastian Stan (Winter Soldier), imbolsito per il ruolo.
Nella prima parte del film compaiono Bill Skarsgård, lo sfortunato padre di Arvin, e Mia Wasikowska, sfortunata pure lei (come dubitarne). Riley Keough e Jason Clarke sono la ben assortita coppia di assassini on the road, che nel mare di disgrazie immeritate in cui navigano gli altri, almeno le loro rogne se le vanno accuratamente a cercare. Il che è quasi consolatorio.
Per essere un film di Netflix, 'Le strade del male' si assesta su un gradino più alto, quasi più impegnato. Resta però un lungometraggio che, se programmato in sala e preceduto da un buon trailer, avrebbe attirato un suo pubblico, grazie anche a un cast interessante, restando però niente più che un prodotto dignitoso.
Un tempo si sarebbe detto a rischio di direct-to-video, oggi invece va subito in streaming.