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Life is Strange 2: Roads - recensione

La strada è dura come l'asfalto. La strada insegna e ci chiama.

Roads. Strade. Bivi e scelte che quotidianamente plasmano la nostra vita e quella di chi ci circonda: delle persone a cui teniamo di più, ma anche degli sconosciuti che percorrono con noi parte del viaggio. Il primo episodio di Life is Strange 2 fa proprio questo: ci getta sulla strada e non solo in senso metaforico.

I protagonisti di questa storia sono due fratelli: Daniel, il più piccolo, e Sean, il maggiore, le cui azioni dipendono direttamente dalla volontà del giocatore (non sappiamo se nei prossimi episodi ci troveremo a controllare anche il minore). Di cognome fanno Diaz. Sono di origini messicane, in fuga e ricercati dalla polizia a causa di uno terribile incidente in cui sono rimasti invischiati.

La fuga diventa ben presto viaggio, verso una meta idealizzata e forse irraggiungibile: la terra di origine della famiglia che li rende stranieri nel proprio Paese. Negli Stati Uniti di Trump c'è spazio solo per l'omologazione e il diverso viene rigettato come un corpo estraneo.

Per tenere fuori lo straniero si innalzano barriere: muri fisici per tenere alla larga i vicini di casa e fossati mentali per riuscire ad accettare ipocritamente situazioni moralmente discutibili, come rifiutarsi di dare un tozzo di pane ad un altro essere umano affamato. Nell'America del 2016 c'è però ancora spazio per la speranza, per una storia di fratellanza, di amore, di riscatto, di accettazione del diverso e di politica. Perché tutto è politica.

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Politica sono anche due giovani fratelli in fuga, con l'asfalto sotto i piedi, il viso rivolto verso sud e lo zaino in spalla. Zaino che, in assenza di un luogo stabile in cui vivere, da banale inventario si trasforma inevitabilmente in specchio della propria vita: tra frammenti di ricordi e necessità di sopravvivenza.

In un viaggio di questo genere, anche la tecnologia diventa un peso superfluo e persino pericoloso. Bando al GPS, quindi, la mappa assume il fondamentale ruolo di strumento per orientarsi, consapevoli della direzione in cui si sta procedendo, ma anche come orgogliosa memoria della strada già percorsa faticosamente.

Come avrete intuito, i perni su cui ruota questo primo episodio di Life is Strange 2 (e speriamo anche i successivi) non sono di certo leggeri e banali. Questa seconda opera di Dontnod sprizza maturità da tutti i pori a partire dalla "copertina" (virtuale, visto che per l'edizione fisica dovremo aspettare l'uscita di tutti gli episodi) su cui campeggia il bollino PEGI 18.

Una famiglia meravigliosa nella propria realtà, ma la strada chiama a sé.

Un importante balzo in avanti, rispetto al PEGI 16 che accompagnava le avventure di Max e Chloe, giustificato chiaramente da tematiche e argomenti più maturi, ma che riflette anche un evidente cambio di stile. Il primo Life is Strange era strutturato come una teen story in grado di catturare anche gli adulti, grazie al forte fattore nostalgia che la permeava trasversalmente.

Il giocatore, che ha iniziato il proprio cammino di crescita vestendo i panni di una giovane adolescente amante della fotografia "vecchio stile", si è trovato progressivamente ad affrontare dei demoni tanto umani da sembrare disumani e a compiere delle scelte etiche insostenibili.

Inevitabilmente, quindi, Roads continua quel percorso prendendo fin da subito a schiaffi in faccia il giocatore. Un giocatore ormai adulto o che, almeno, lo deve essere per poter affrontare un viaggio che si preannuncia duro e ricco di spunti di riflessione, che sarebbe un peccato perdersi per strada. Sottolineiamo che non è comunque necessario aver giocato al primo Life is Strange per godere della storia di questo secondo capitolo, anche se non mancheranno numerose citazioni che strizzano l'occhio ai fan.

Nell'America di Trump non c'è spazio per il diverso. Solo gli orsi sono ben accetti.

Il tema della crescita in Life is Strange 2, però, non rappresenterà esclusivamente un astratto concetto metaludico, ma si preannuncia essere un tema permeante la narrativa stessa dell'opera. La crescita sulla strada e attraverso la strada, ma anche la crescita educativa del piccolo Daniel per mezzo delle scelte che il giocatore stesso dovrà compiere vestendo i panni di Sean.

L'educazione di Daniel, in qualità di fratelli maggiori, sembra quindi una delle meccaniche basilari del gioco, che speriamo non verrà abbandonata con i prossimi episodi. Un viaggio di formazione crudo, violento che trasuda realtà, anche grazie ad un progresso tecnico che ci dona animazioni più fluide, riprese più cinematografiche e un ritmo apparentemente più serrato.

Questa evoluzione tecnica ha però portato con sé anche un evidente cambiamento a livello stilistico. I tratti dei visi, ora, sembrano maggiormente modellati e levigati, mentre prima apparivano più squadrati, come scolpiti con martello e scalpello senza troppe rifiniture. Una novità, questa, che potrebbe non piacere a tutti, ma che noi abbiamo apprezzato perché riesce ad umanizzare ulteriormente i personaggi, contribuendo a creare con loro un legame empatico fortissimo.

Come si fa a non essere entusiasti dei cambiamenti stilistici di fronte ad un'immagine simile?

Dopo aver letto questi nostri pensieri, speriamo di essere riusciti a trasmettervi, anche solo in parte, l'incredibile valanga emozionale che ci ha travolto giocando il primo episodio di Life is Strange 2. Un titolo che, rispetto al precedente capitolo sviluppato da Dontnod, rappresenta un netto balzo in avanti sotto ogni punto di vista.

Poco importa se ancora non sono state introdotte innovative meccaniche mai viste prima nella storia dei videogiochi. La strada verso sud è ancora molto lunga, il viaggio è solo all'inizio e i fratelli Diaz hanno tutto il tempo per mostrarci la propria diversità. Quello che dobbiamo chiederci è: saremo pronti ad accettarla?