Life is Strange: True Colors - recensione
L'empatia è un dono o una maledizione?
Avete mai sognato di poter percepire distintamente le emozioni delle persone che vi circondano? Avete mai desiderato di riuscire a capire gli stati d'animo dei vostri cari semplicemente stando loro vicino?
E se quelle emozioni diventassero troppo forti da sopportare? E se vi dicessimo che questa capacità non è esattamente un dono ma più un pesante fardello da portare sulle spalle ovunque andiate?
Perlomeno è così che la vive Alex Chen, la protagonista assoluta del terzo capitolo principale della pluripremiata serie Life is Strange che passa dalle sapienti mani dei suoi creatori, i francesi di Dontnod, a quelle dei talentuosi Deck Nine Games, studio statunitense già salito agli onori della cronaca per il prequel del primo episodio denominato 'Before the Storm'.
Alex è una ragazza asioamericana dal passato burrascoso, separata dai suoi cari in tenera età a causa dell'intervento degli assistenti sociali e solo recentemente affrancatasi dalla casa famiglia che l'aveva tenuta in custodia negli ultimi otto, lunghissimi anni. Suo fratello, Gabe, nel frattempo si è ricostruito una vita nella ridente Haven Springs, una fittizia cittadina mineraria del Colorado in cui lavora come barista al famigerato pub Black Lantern.
Venuto a conoscenza della sorte di sua sorella minore, Gabe la invita a raggiungerlo per tentare di ricucire un rapporto forse un po' sfilacciato dal tempo e dalla distanza ma mai davvero scomparso dal loro cuore.
Alex e Gabe sono due personaggi assolutamente deliziosi, scritti con una certa dose di approfondimento psicologico e piuttosto credibili, forse in misura ancora maggiore rispetto a Max e Chloe o ai fratelli Diaz (rispettivamente presenti nella prima e nella seconda incarnazione di Life is Strange).
Lo stesso discorso può essere esteso anche alla stragrande maggioranza degli altri personaggi che compongono il cast di True Colors, probabilmente il più curato e verosimile dell'intera saga. Ciascuno degli abitanti di Haven Springs ha un ruolo ben definito nella società e contribuisce al benessere della comunità a seconda delle proprie possibilità.
D'altra parte, questa piccola località montana è sprovvista di una reale classe politica ed è amministrata da un'assemblea di cittadini che si riuniscono periodicamente per prendere le decisioni più importanti: riuscirà Alex a ritagliarsi un posto nel tessuto sociale del paese?
Come di consueto le scelte compiute dai giocatori influenzeranno pesantemente l'andamento della storia e, già dalle prime battute, appare chiaro come la costruzione dei rapporti con gli altri abitanti del luogo (gestiti ancora una volta tramite il tradizionale sistema di dialoghi a scelte multiple) sarà fondamentale per scoprire tutti i retroscena più interessanti e raggiungere i finali migliori tra gli oltre sei disponibili.
In effetti, quello proposto da Gabe è un ottimo punto di ripartenza per Alex, finalmente libera dai fantasmi del suo passato e pronta a cominciare una nuova vita assieme alla persona più cara del suo mondo. Un evento drammatico e improvviso, tuttavia, sembra destinato a minare il nuovo percorso intrapreso dalla nostra protagonista che si troverà a far fronte, grazie alle sue straordinarie capacità, ad un mistero che da anni si agita nel profondo di Haven Springs, proprio sotto gli occhi dei suoi ignari abitanti.
Volendo evitare di incorrere in fastidiose anticipazioni, preferiamo non continuare nell'esposizione della trama del gioco ma ci limitiamo a dirvi che la sceneggiatura di True Colors si è rivelata tutto sommato piacevole da seguire, seppure evidentemente indebolita da alcune sporadiche forzature che non permettono al gioco di elevarsi al di sopra dei suoi illustri predecessori.
Sia chiaro, l'impianto narrativo imbastito da Deck Nine funziona abbastanza bene ed è sufficientemente intrigante da tenere l'utente incollato allo schermo per le circa 8 ore necessarie a portare a termine l'avventura, eppure abbiamo notato dei passaggi un po' troppo frettolosi nella prima parte e, soprattutto, qualche vistoso problema di ritmo in quella centrale che si perde nello sviscerare una serie di sottotrame francamente meno avvincenti rispetto all'intreccio primario.
Ciò non significa che si tratta di un racconto noioso o prevedibile, tutt'altro, ma non possiamo nascondervi che, almeno in alcuni frangenti, avremmo preferito un incedere più cadenzato.
Fortunatamente, i dialoghi sono stati scritti in modo da risultare sempre gradevoli e mai troppo verbosi, il che è sempre un punto a favore per produzioni di questo tipo che fanno così ampio utilizzo delle conversazioni tra i suoi comprimari.
Ciò che abbiamo davvero apprezzato di True Colors è che, a differenza delle due uscite precedenti di Life is Strange, il potere paranormale non è l'elemento principale su cui ruota la narrativa ma è trattato più come un mezzo tramite cui scoprire i segreti che si nascondono sotto la gioiosa Haven Springs (e nell'oscuro passato della protagonista).
La possibilità di vivere sulla propria pelle le intense emozioni della gente del luogo, infatti, ha consentito agli sviluppatori di esplorare diverse tematiche anche alquanto delicate come il senso di appartenenza, la realizzazione personale e l'elaborazione del lutto, semplicemente interpretandole attraverso gli occhi della giovane Alex. Davvero una trovata brillante, in tal senso.
Sotto il profilo del gameplay, invece, questa terza iterazione di Life is Strange si mantiene sul percorso già battuto dai suoi antesignani, limitandosi ad aggiungere alcune meccaniche relative al potere dell'empatia. Si tratta, ancora una volta, di un'avventura grafica in terza persona molto lineare in cui al giocatore è data la facoltà di influire attivamente su alcuni punti focali della storia mentre l'azione è relegata quasi unicamente all'interazione con oggetti specifici sparsi nello scenario.
Va detto che, al contrario di quanto visto in precedenza, True Colors può contare su un'esplorazione più libera della cittadina che fa da teatro alle vicende narrate e lascia al giocatore la facoltà di prendersi il proprio tempo per scovare segreti nascosti, partecipare a dialoghi opzionali e affrontare sfiziosi minigiochi.
Questi ultimi, in particolare, assumono la forma di cabinati arcade perfettamente funzionanti (tra cui segnaliamo la presenza dell'immortale Arkanoid) ma anche di un tavolo da calcio balilla, invero realizzato in modo un po' approssimativo e fin troppo automatizzato.
Le capacità sovrannaturali, ovviamente, hanno una certa importanza nell'impianto ludico del gioco. Lasciato alle spalle il riavvolgimento del tempo di Max e i poteri telecinetici del piccolo Daniel, questa volta possiamo fare affidamento sulla peculiare abilità di Alex di percepire le emozioni delle persone per volgere le sorti del racconto a nostro favore.
Tramite la pressione di un tasto, infatti, potremo capire lo stato d'animo di chiunque si trovi nei paraggi, decifrare i loro pensieri e avere un'idea chiara su come veicolare le conversazioni per raggiungere i nostri obiettivi, consultabili in qualsiasi momento grazie al solito menu del cellulare che consente anche di leggere SMS e post sui social network.
Insomma, non si tratta di una rivoluzione del gameplay ormai rodato di Life is Strange, bensì di una nuova, soddisfacente interpretazione della sua struttura ludica calata in un contesto totalmente inedito. Se siete appassionati della serie o, più in generale, dei drammi interattivi che popolano il mercato di questi tempi, apprezzerete con ogni probabilità anche questo True Colors. Al contrario, se siete dei convinti detrattori di questa formula, la nuova fatica di Deck Nine Games non potrà in alcun modo farvi cambiare idea.
Una delle novità più importanti di questo terzo capitolo di Life is Strange è il passaggio dalla distribuzione episodica che aveva contraddistinto le precedenti iterazioni del brand ad un pacchetto comprensivo di tutte e cinque le puntate già disponibile fin dal day-one.
Tale scelta, audace punto di rottura rispetto al passato, consente ai giocatori di godersi la storia di Alex Chen seguendo il proprio ritmo: volete investire qualche ora in più nell'esplorazione di Haven Springs per scoprire tutti i suoi segreti oppure preferite concentrarvi unicamente sulla trama principale e raggiungere subito il gran finale? La scelta è solo vostra dal momento che non dovrete attendere mesi tra una pubblicazione e la successiva.
Il comparto tecnico, infine, ha compiuto un netto passo avanti e consente alla serie di approdare anche sulle console next-gen con una presentazione visiva di tutto rispetto. Il sempreverde Unreal Engine muove dei modelli poligonali sensibilmente più dettagliati rispetto a quelli visti nei primi due capitoli e anche le animazioni facciali risultano parecchio migliorate. Tutto ciò contribuisce a costruire un'atmosfera di grande impatto fin dai primi momenti dell'avventura anche se, in tutta sincerità, ci sono alcune circostanze di spiccata gravità in cui le reazioni umane dei vari personaggi ci hanno lasciato un po' interdetti.
Ottima, anche questa volta, la soundtrack composta da brani acustici di assoluto pregio (tra cui una splendida cover di Creep dei Radiohead arrangiata dalla cantautrice mxmtoon) ma anche di musica su licenza perfettamente amalgamata in alcuni momenti della narrazione. Nota di merito finale anche per il doppiaggio in inglese, sempre ben recitato e in linea con gli eventi che si susseguono a schermo.
Per concludere, Life is Strange: True Colors è la definitiva consacrazione di Deck Nine Games che raccoglie la pesante eredità di Dontnod e la reinterpreta secondo la propria personale visione.
Il risultato è un prodotto di buona fattura che, seppur minato da alcuni problemi di ritmo nella parte centrale del racconto, riesce a non sfigurare nel confronto diretto coi suoi acclamati predecessori.
Alex Chen è probabilmente il personaggio più interessante e sfaccettato dell'intera saga mentre Haven Springs è una località affascinante in cui vi sentirete a casa già dopo pochi minuti di gioco: il futuro della serie sembra essere in ottime mani.