L'Ombra della Guerra, tra community e marketing - editoriale
L'abbandono delle microtransazioni è l'ultima tessera di un domino che va guardato attentamente.
È di qualche giorno fa la notizia della rinuncia alle famigerate microtransazioni da parte di Warner Bros in La Terra di Mezzo: L'Ombra della Guerra, il che comporta l'abbandono totale di qualsiasi forziere a pagamento nell'endgame. Un passo indietro così categorico, presentato come frutto dell'ascolto dei feedback della community, ci regala interessanti spunti di riflessione: c'è qualcosa che non ha funzionato nel gioco? Quali benefici potrebbe portare questa manovra al prodotto? Cerchiamo allora di fare ordine.
Completata la campagna principale veniamo catapultati nelle cosiddette "Guerre dell'Ombra". Si tratta di un enorme capitolo in cui si devono difendere ripetutamente le fortezze conquistate durante le precedenti ore di gioco, a livelli crescenti di difficoltà. Prima di gettarsi nell'efferata e continua battaglia è necessario tuttavia rinforzare le proprie difese, che partono sempre con una potenza inferiore alla minaccia in arrivo.
L'upgrade delle forze alleate è attuabile secondo due approcci: svolgere le varie missioni secondarie per sostituire i propri comandanti con orchi più potenti, oppure acquistare truppe migliori tramite microtransazioni (le loot box di cui sopra). Al giocatore viene quindi posta una scelta ed entrambe portano ai medesimi risultati, ma il quarto atto è composto da un ciclo piuttosto lungo di scontri ripetuti sistematicamente.
Si intuisce ben presto che l'impegno richiesto è molto, anche perché una fortezza difesa poche battaglie prima si ritrova al punto di partenza nella fase successiva, ossia in "svantaggio" rispetto all'armata in arrivo. In poche parole si tratta di un loop piuttosto lungo, che arriva a richiedere circa una ventina d'ore per essere portato a termine e che appiattisce l'ottima esperienza vissuta nelle missioni principali. Questa scelta di Monolith è stata oggetto di diverse critiche da parte della community, che ha percepito il grinding necessario a completare il gioco come una spinta ad acquistare le loot box.
Da questo punto di vista molti potrebbero vedere l'annuncio dell'abbandono delle microtransazioni come un punto a favore, anzi, come la mossa decisiva per rivalutare l'acquisto stesso del gioco. Ma siamo sicuri che tutto ciò nasca da una spontanea presa di coscienza ad oltre sei mesi dalla pubblicazione del gioco?
Il quarto atto spinge su quelli che erano considerati i "punti forti" di Shadow of War, ossia il Nemesis System e la possibilità di vivere vera e proprie battaglie che vedono esercito contro esercito. Qualcosa però evidentemente non ha funzionato in fase di progettazione e Monolith ha continuato il suo annuncio affermando che verranno introdotti "nuovi elementi narrativi" nell'endgame per migliorare l'esperienza, aggiunte che potrebbero sicuramente giovare alla produzione. Ma in che modo dovrebbero escludere automaticamente le microtransazioni?
Guardando il quadro generale si può intuire come il caso s'impantani in un circolo vizioso da cui sarebbe bene uscire, perché il problema dell'ultimo atto è la sua stessa struttura, privata del pathos emotivo che ben orchestrava le ore di gioco precedenti. A questo punto un'altra domanda sorge spontanea: lasciando il sistema di loot box intatto, cosa sarebbe successo inserendo una trama più convincente nelle fasi finali?
Senza lanciarci in facili illazioni è plausibile ipotizzare una strategia di marketing che segue quell'effetto domino partito dal caso Star Wars Battlefront II, e che in seguito ha influenzato anche lo sviluppo di Sea of Thieves. Ossia un cercare di assecondare gli umori dell'utenza, data la sua capacità di far capitolare prodotti dal grande budget in caso di scelte mal digerite.
Se facciamo un confronto cronologico proprio col celebre multiplayer di Star Wars, è possibile notare un tempo di reazione assai diverso: il dietrofront in prossimità del lancio di Battlefront II è stato figlio della reazione del pubblico, mentre per Shadow of War la rimozione delle loot box giunge a mesi di distanza. A convincere poco non è tanto la decisione di Monolith, attuata comunque tardivamente e ormai inutile, ma la consapevolezza che la rimozione di altre forme di guadagno non risolve le reali problematiche dell'atto in questione.
Ecco quindi sorgere il dubbio che l'annunciare l'assenza o la rimozione delle loot box dal proprio gioco non sia che uno strumento di marketing per proporsi sotto un'altra veste presso i consumatori quando ormai il ciclo economico del prodotto è entrato nella sua fisiologica fase discendente. La community dei videogiocatori, oggi più che mai, è capace di far sentire con molta forza la propria voce, ma è sempre bene valutare le situazioni volta per volta.