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Lost Horizon

Sulle orme di Indiana Jones...

Come ho già avuto modo di dirvi in diverse occasioni, ora che i propositi da dominatore della scena videoludica e i tentativi più o meno riusciti di invasione di altri generi sono stati abbandonati, il mondo delle avventure grafiche sta vivendo una seconda giovinezza.

Certo, il cammino non è stato facile e ha lasciato diversi cadaveri lungo la strada, ma una volta compreso che il passato doveva essere accettato e accolto piuttosto che rifiutato, è stato più facile per il punta e clicca tornare a far breccia nel cuore degli appassionati, puntando forte su due elementi distintivi ben precisi: gli enigmi e le storie.

Lost Horizon, oggetto di questa recensione, è d'altronde l'ennesima riprova del fatto che non occorrono mezzi tecnici impressionanti per ottenere risultati soddisfacenti e che un buon lavoro come questo è in grado di appassionare veramente un videogiocatore, ponendolo di fronte ad un'esistenza parallela con cui interfacciarsi e a luoghi e personaggi che nella vita comune permangono sul sottile confine della fantasia.

Un buon avventuriero non teme nemmeno i ghiacci perenni!

Se una buona storia riveste un ruolo così importante, è però cosa buona e giusta darne qualche accenno, soprattutto di carattere temporale; il periodo è il 1936, qualche anno prima delle vicende che videro Hitler imperversare per tutta Europa.

Una spedizione inglese in Tibet ha il compito di cartografare i confini di una terra all'epoca ancora inesplorata, ma ogni sua traccia viene persa dopo un furioso attacco da parte di alcune forze del terzo Reich in missione segreta in quei luoghi; purtroppo solamente un membro della spedizione riesce a mettere in salvo la pelle, aiutato da un monaco locale che poco prima di morire rende partecipe il nostro di un segreto celato a tutto il resto dell'umanità.

Mentre quindi la storia si fonde con la mitologia, Fenton, un'ex ufficiale inglese caduto in disgrazia che trascorre la sua esistenza ad Hong Kong occupandosi di contrabbando, viene incaricato dal governatore locale di ritrovare la spedizione scomparsa, ignaro del fatto che questo sarà solo l'inizio di un'avventura che lo porterà nei più reconditi angoli del globo.

Certo, a livello di originalità non siamo certo fra le vette mondiali, ma posso confessarvi che la storia nel proseguo delle vicende prende la giusta piega, appassionando come solo le vecchie avventure del buon Indiana sapevano fare: niente elementi esoterici ad ogni costo, ma unicamente quel pizzico di mito che serve per insaporire una pietanza già di per sé appetitosa.

Avatar di Roberto Bertoni
Roberto Bertoni: Proveniente dalla ridente Brianza, è cresciuto a pane e Amiga. Ama inoltre in maniera viscerale il retro, ma solo videoludico. Piatto preferito: pollo con la carrucola in mezzo.

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