Lost Planet 2
Cavallo che vince non si cambia?
Le leggi del mercato sono sempre le stesse, e ormai siamo così avvezzi alle loro logiche che non ci stupiamo certo quando viene annunciato il sequel di un prodotto di successo. Poteva dunque Lost Planet fare eccezione? Ovviamente no, ed è per questa ragione che un paio di giorni fa mi sono recato nell’angusto “spazio” Theca di Milano, in quel di piazza del Castello Sforzesco, per assistere alla presentazione ufficiale di Lost Planet 2, seguito del fortunato sparatutto in terza persona, Extreme Condition, che tanto bene fece nel 2007 su Xbox 360.
Sul suo successo, malignamente, si potrebbe obiettare che erano anche altri tempi e che i concorrenti che dovette affrontare il gioco di Jun Takeuchi erano inferiori a quelli coi quali si andrà a confrontare a breve il suo successore, eppure non possiamo negare che il primo Lost Planet aveva in sé una certa personalità che, unita a una discreta carica innovativa, fece balzare il prodotto all’attenzione delle cronache.
La storia si ambientava in un futuro in cui la razza umana, costretta ad abbandonare la Terra, si trovava a dovere colonizzare dei nuovi mondi. Uno di questi era E.D.N. III, caratterizzato da estreme condizioni climatiche (da cui il nome dell’episodio), costantemente avvolto da una coltre di ghiaccio e neve. Nulla che una buona attrezzatura tecnica non potesse risolvere, non fosse che però emerse a breve un pericolo ben maggiore, gli Akrid.
Queste creature enormi, cattivissime e dalle sembianze insettose, parvero avere sin dall’inizio un unico scopo, ovvero l’eliminazione della razza umana impegnata nella terraformazione del pianeta. La NEVEC (Neo Venus Construction Corporation), società che si occupava delle operazioni, provò a opporsi agli Akrid. La vera svolta però la si ebbe quando i coloni scoprirono che dentro i mostruosi abitanti del pianeta scorre una forma di energia termica grazie alla quale sviluppare nuove armi, tra le quali i mech di nome Vital Suits (VS), che hanno rappresentato anch’essi un tratto distintivo del primo Lost Planet.
Questa lunga premessa ha un duplice scopo: da un lato fare mente locale sul precursore del gioco che ci apprestiamo ad affrontare ora, dall’altro comprendere le differenze tra i due episodi. Perché, è il caso di dirlo, Lost Planet 2 tende a discostarsi in maniera sensibile dal proprio progenitore.
A distanza di un decennio dagli accadimenti di Extreme Condition, infatti, il processo di terraformazione è proseguito alacremente e il panorama di E.D.N. III è cambiato notevolmente. I ghiacci hanno iniziato a sciogliersi, lasciando spazio a lussureggianti foreste tropicali e deserti. Questo cambiamento ha varie ripercussioni: la prima riguarda il gameplay, visto che non ci si dovrà più preoccupare di sopravvivere alla morsa del gelo gestendo con parsimonia il proprio calore corporeo. Ora il giocatore si troverà infatti a muoversi per le mappe con maggiore disinvoltura, in un contesto indubbiamente semplificato.