Love, Death + Robots S3 Recensione - la serie animata di Netflix continua a stupire
La terza stagione, complessivamente ottima, si rivela migliore della seconda.
Se nel 2019 la serie TV in animazione Love, Death & Robots ci aveva stupito, era stato per la sua formula narrativa e la bellezza e l’originalità dei vari stili di disegno. Ma anche per merito del valore delle singole storie raccontate, surreali e affascinanti, che pur spaziando fra vari generi riuscivano tutte a interessare, divertire e intrigare, spesso grazie alla loro brevità.
Si andava infatti dai 7 ai 20 minuti circa, ma in realtà le puntate erano tutte più brevi perché i titoli di coda si prendono diversi minuti di quelli dichiarati. Poi nel 2021 è arrivata una seconda stagione, solo 8 episodi rispetto ai 18 della prima, dalla qualità più altalenante anche se le matrici letterarie erano sempre nomi di tutto rispetto.
Su Netflix arriva adesso una terza stagione, composta da 9 episodi che abbiamo apprezzato più della seconda. Si conferma la validità della scelta del racconto breve, che permette di moltiplicare gli spunti di riflessione legati a storie che a volte reggerebbero uno sviluppo maggiore, altre volte traggono forza dalla loro brevità, abbracciando come in precedenza vari generi tra cui fantascienza, horror e commedia, anche se la sensazione finale è una predominanza dei temi drammatici. A coordinare il progetto rimangono il famoso regista David Fincher e Tim Miller (Deadpool).
Si inizia con Tre Robot: Strategie d’Uscita, la più spiritosa anche se pervasa di un sarcastico pessimismo. Tre simpatici robot (cui dobbiamo la battuta: “un billionaire è un milionario che gira in felpa, afflitto da ansia sociale”) atterrano sul nostro pianeta per indagare. L’umanità si è estinta e tutti hanno cercato di sopravvivere in base ai propri mezzi: i poveracci survivalisti nelle loro enclave primitive, i miliardari tech su piattaforme in mezzo agli oceani, i politici nelle viscere delle montagne ma i very rich, quelli “scandalosamente” ricchi, sono scappati su Marte. Chi ce l’avrà fatta? Autore: John Scalzi.
La Pulsazione della Macchina, in animazione “piatta” che ci regala bellissime visioni quasi psichedeliche, è l’episodio più metafisico e triste (storia di Michael Swanwick e bellissime musiche di Rob Cairns). L’angosciante Sciame (una CG con straordinarie creature aliene) solleva interessanti quesiti morali (storia di Bruce Sterling, dirige Tim Miller).
Mason e i Ratti è una spiritosa e paradossale storia di riconciliazione fra razze diverse (scritta da Neal Asher). Nerissimo e splatter con crudele finale, Sepolti in Sale a Volta è realizzato con una CG di realismo impressionante (opera di Sony Pictures Imageworks, su storia di Alan Baxter).
Segue un breve divertissement con La Notte dei Minimorti, che mostra le comiche conseguenze di uno sconveniente atto sessuale in un cimitero con una superveloce infestazione di zombie (girato come si fosse in fast forward), scritto da Jeff Fowler e Tim Miller. In Morte allo Squadrone della Morte, in animazione tradizionale, il solito plotone di super militari imbevuti della consueta retorica di genere si trova a dover affrontare un enorme mostro robot, frutto di dissennate sperimentazioni. Il risultato è sarcastico e splatter (autore Justin Coates). In Un Brutto Viaggio, con un’animazione in CG di assoluta perfezione, David Fincher dirige una nerissima storia di Neal Asher, ambientata su un vascello in mezzo al mare, colonizzato da una mostruosa e gigantesca creatura.
Personalmente ci ha affascinato l’ultimo episodio, Jibaro (che significa popolo della foresta ma anche in generale lavoratore della terra), con una resa visiva emozionante. In un contesto fantasy una ninfa delle acque, ricoperta d’oro e gemme preziose, sgomina un battaglione di soldati con il suo urlo, uccidendo tutti tranne uno che è sordo.
Storia crudele, eccezionale la grafica, la fotografia, bellissimo il commento musicale di Killawatt. Scrive e dirige lo spagnolo Alberto Mielgo, già autore del mai dimenticato episodio della prima stagione di Love, Death & Robots, La testimone, che aveva collaborato a Spider-Man Un nuovo universo, premio Oscar quest’anno con il suo corto The Windshield Wiper.
Anche se in altre dimensioni, secoli diversi, pianeti differenti, fra mostri, demoni e robot, il fulcro è ovviamente l’uomo, artefice del proprio fato, alteratore dell’ambiente, manipolatore dei rapporti, che comunque e dovunque si agiti, resta cronicamente incapace di fare il bene per sé e per i propri simili, distruttivo sempre, per stupidità, ignoranza, avidità, insita cattiveria, per la sua intrinseca essenza, inesorabilmente.