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Lumo - recensione

La magica isometria del passato.

Quando si parla di un genere di videogiochi in molti casi si sottintende allo stesso tempo una certa visuale, una posizione della telecamera tipica e utilizzata pressoché da tutti gli sviluppatori. Si parla di shooter, per esempio, e allora si parte con terza persona, prima persona, visuale dall'alto, 2D a scorrimento e chi più ne ha più ne metta. Stesso discorso può essere fatto per la maggior parte dei macrogeneri che caratterizzano il nostro medium preferito. Spostando il focus sulla visuale vera e propria non si può negare che certe prospettive funzionino al meglio solo con generi particolari e che neanche gli sviluppatori più coraggiosi provano a lanciarsi in associazioni troppo fantasiose.

La visuale isometrica viene così normalmente associata soprattutto agli RPG, agli strategici e a qualche momentanea incursione in altre tipologie di produzioni. In passato però questa particolare posizione della telecamera era anche utilizzata con grande successo dai puzzle-platform, una combinazione che negli anni si è progressivamente persa e che oggi non viene praticamente mai proposta né dal mondo indie, né tanto meno da quello AAA. In questa nicchia praticamente defunta si inserisce però Lumo, opera prima di Triple Eh? e primo progetto da sviluppatore indipendente dell'ex cofondatore di Ruffian Games (Crackdown), Gareth Noyce.

L'obiettivo di questo titolo, disponibile su PC e PS4 (arriverà anche su Xbox One e PS Vita nel corso del mese di giugno), è chiaro: riportare in auge una tipologia di giochi che purtroppo si è persa completamente con il passare degli anni e con l'affermazione di prodotti estremamente differenti. C'è un chiaro "squilibrio", una certa ingiustizia nei confronti dei platform-adventure isometrici che Lumo vuole, una volta per tutte, sradicare.

Le prime stanze sono ovviamente piuttosto semplici ma preparatevi a picchi di difficoltà davvero notevoli.

Per spiegarvi le premesse narrative proposte nelle circa 6 ore necessarie per completare una singola run, basterebbe una sola semplice frase: vestiremo i panni di un piccolo mago che si trova ad esplorare una sorta di gigantesco dungeon ricco di ostacoli, trappole, nemici da superare e segreti da scoprire.

Alla pochezza della trama proposta si sostituisce però l'interessante storia di come l'idea di questo progetto sia nata sostanzialmente per caso, attraverso quello che viene definito dal creatore stesso come un vero e proprio incidente. Poco dopo aver lasciato Ruffian, Noyce si ritrovò mezzo ubriaco a discutere via Twitter con il collega sviluppatore Ste Pickford che gli consigliò di dare un'occhiata alle speedrun dell'action-puzzle per SNES Equinox e di provare a proporre un gioco simile, che riportasse in auge un genere che nel corso degli anni è stato trascurato.

La mattina successiva Noyce iniziò a creare il primo prototipo di un gioco che si ispirava in tutto e per tutto a Head over Heels, il primo titolo che lo sviluppatore ha provato da bambino. Tutto questo accadeva nel 2014 e ora Lumo è finalmente pronto a mostrare ai nostalgici e ai novellini quanto questo genere possa ancora trovare un proprio spazio nell'industria di oggi.

Non lasciatevi ingannare dall'apparente ripetitività delle stanze. Lumo propone situazioni davvero molto varie e ostacoli sempre diversi da superare.

Uno spazio che sinceramente sarebbe più che meritato. Si perché è davvero un peccato trovarsi di fronte alla quasi totale morte di un genere e al completo abbandono di meccaniche di gameplay potenzialmente molto interessanti. All'inizio della nostra partita potremo personalizzare i colori del nostro alter ego e decidere se dare il via a una run in modalità Avventura o in modalità Classica. La prima ci concederà vite infinite e i salvataggi mentre la seconda avrà le vite limitate e sarà decisamente più ostica da portare a termine.

Una volta fatto dovrete impostare al meglio il controller in modo da trovarvi a vostro agio con i movimenti all'interno della prospettiva isometrica. Lumo non è un gioco semplice, anzi potrebbe scoraggiare alcuni giocatori, e uno dei motivi principali per cui nelle prime ore vi troverete a morire più e più volte deriva dalla necessità di adattarsi alla telecamera e dai problemi che inevitabilmente si incontrano quando si deve calcolare al meglio uno spostamento o un salto. Un adattamento che probabilmente non riuscirete a completare neanche verso la fine della vostra avventura ma nel corso delle ore inizierete a capire e ad apprezzare l'estrema semplicità delle meccaniche proposte.

Il vostro maghetto potrà solo saltare e successivamente usare il proprio bastone per rivelare sentieri nascosti e scacciare i nemici che non potremo sconfiggere definitivamente ma solo mettere in fuga. Tutto qui? Proprio così i controlli si fermano a queste poche "abilità", allo spostamento con l'analogico sinistro, all'interazione con qualche oggetto e alla possibilità di inclinare leggermente la telecamera normalmente fissa. Non è troppo poco per riuscire a proporre un gameplay di qualità e soprattutto sufficientemente vario? Fortunatamente no grazie all'incredibile lavoro degli sviluppatori.

Tecnicamente il titolo Triple Eh? potrebbe deludere i più esigenti ma fortunatamente l'aspetto artistico ci concede più di una soddisfazione.

Le stanze iniziali sono tutte piuttosto semplici e prive di puzzle o percorsi davvero ispirati ma con il passare del tempo gli ambienti che esploreremo varieranno proponendo situazioni molto diverse e sempre più ingarbugliate. Da semplici piattaforme statiche si passerà a quelle in movimento con tanto di nemici pronti a farci la pelle e ostacoli mortali che metteranno a dura prova i nostri riflessi e le nostre capacità. La noia, esattamente come la frustrazione sono sentimenti momentanei che vengono costantemente sostituiti dal piacere della scoperta, dalla complessità e del curato level design di una nuova stanza e della nuova piccola sfida che ci si parerà di fronte.

Questo è il più grande pregio di Lumo, la capacità di proporre puzzle e situazioni varie che siano impegnative ma brevi e mai tediose o ingiuste. Le imprecazioni (si ci sono state e sono sostanzialmente inevitabili) non saranno mai dirette al gioco ma a noi stessi, a un nostro errore, a un salto mal calcolato o a un'idea troppo bislacca per poter funzionare. Il titolo creato da Gareth Noyce è si un puzzle platform ma è prima di tutto un'avventura e come tale si basa completamente sullo spirito d'osservazione del giocatore, sulla sua voglia di non fermarsi alla superficie delle cose e di sondare ogni centimetro di un appiglio o di un muro sospetto alla ricerca di un passaggio segreto o di una stanza bonus.

A un gameplay apparentemente semplicistico ma incredibilmente efficace si aggiunge uno stile grafico semplice e colorato al punto giusto che fa da contorno a una produzione che non vuole neanche sfigurare sotto questo aspetto. Certo ci sarebbe piaciuto esplorare ambientazioni meglio caratterizzate ma dove non arriva la ricerca artistica ci ha pensato il level design. Piuttosto altalenante il comparto sonoro con musiche in alcuni casi troppo ripetitive e poco ispirate che si alternano a brani decisamente più convincenti.

Lumo non si prende troppo sul serio e più di una stanza ci ha strappato qualche sano sorriso.

Quello di Lumo è un messaggio piuttosto chiaro: mai dare per spacciato un certo genere o una particolare meccanica quando un team talentuoso e ispirato decide di mettersi al lavoro. Sicuramente le avventure isometriche di questo tipo rimarranno un mercato di nicchia ma Triple Eh? ha dimostrato che questa nicchia può esistere, che c'è spazio per un prodotto che esce dagli schemi odierni dei platform e che sa divertire centrando in pieno il significato stesso del termine avventura. In finlandese Lumo significa semplicemente "incanto" e mai nome fu più azzeccato per questa piccola opera dall'incantevole natura isometrica.

8 / 10