Mafia II
Affari di famiglia.
L'impero del crimine ha le sue regole, i suoi rituali, le sue cerimonie. Si tratta spesso di dogmi non semplici da interpretare, dove avidità e sete di potere sposano ataviche virtù quali Onore, Famiglia, Rispetto. Un universo a suo modo affascinante, non fosse altro che per una certa visione "romantica" con cui sono state concepite alcune delle più memorabili pellicole hollywoodiane. Dalla trilogia de Il Padrino a Quei Bravi Ragazzi, da Bugsy a Carlito'sWay, il termine Mafia ha continuato ad avere connotazioni ambivalenti, senza dover necessariamente scomodare celebri esempi stranieri, rappresentati dalle Triadi Cinesi, dalla Yakuza o dalla Organizatsya sovietica.
Ecco perché Illusion Softworks decise di titolare Mafia il proprio capolavoro, lasciando così presagire un intero mondo a sé stante, in cui l'ordine costuito è il nemico, e le leggi sono giusto quelle del più forte. Bastò poco perché il gioco si imponesse quale inevitabile termine di paragone per gran parte delle produzioni successive. La magistrale narrazione con cui furono raccontate le vicende di Tommy Angelo e il sapiente connubio tra una struttura sandbox e una trama rigida (ma ricca di sfumature) decretarono il successo del team ceco, che a seguito dell'acquisizione da parte di Take-Two ha adesso mutato il nome in 2K Czech.
Era il lontano 2002, l'anno in cui Mafia: The City of Lost Heaven dimostrò a tutti che si poteva andare ben oltre i limiti valicati a suo tempo da GTA III. A distanza di ben sette anni, torniamo perciò a parlare di questo atteso sequel, che da una parte intende offrire una storia inedita senza alcun legame con il titolo precedente, mentre dall'altra si propone di mantenere immutate quelle vincenti dinamiche che conquistarono unanimamente giocatori e critica. Stiamo chiaramente parlando di quel delicato equilibrio composto da sessioni di guida, scontri a fuoco, svariate missioni secondarie e cutscene dal taglio squisitamente cinematografico.
Ebbene, con questo secondo capitolo si vuole non solo riportare in auge tale formula (benché ai tempi non priva di sbavature), ma arricchirla ove possibile al fine di rendere l'intera esperienza ancor più coinvolgente che in passato. Ci si sposta dunque verso Empire City, granitica città dell'East Cost statunitense, ove è possibile intravedere rapporti di somiglianza con le più grandi metropoli americane, New York tra tutte. Siamo a metà degli anni '40, vale a dire nell'immediato dopoguerra. Ed è proprio dopo aver preso parte al secondo conflitto mondiale che Vito Scaletta torna a casa. Nella sua mente sono ancora freschi gli orrori cui, suo malgrado, si è trovato ad assistere.
Vito è perciò determinato a prendersi la sua rivincita nei confronti della vita, dalla quale ha avuto poco e che fino ad ora gli ha imposto unicamente stenti. Il nostro protagonista appare pertanto come lo stereotipato italo-americano di umili origini, ma sarà proprio grazie alla sua "italianità" che potrà dare realizzazione al suo desiderio di rivalsa. Il crimine organizzato gli offrirà adeguato palcoscenico sul quale esibirsi, e noi saremo ancora una volta impegnati in oscure vicende "di famiglia". Ciò significa che saremo chiamati a commettere omicidi su commissione, riscuotere tangenti, annientare clan avversari e in generale obbedire ai sacri ordini del Boss. Mi rendo conto di quanto possa sembrare semplicistico, ma se avete giocato il primo episodio sarete senz'altro coscienti della encomiabile profondità di tali meccaniche, soprattutto in considerazione della loro perfetta aderenza al contesto narrativo.