Medal of Honor
Un ritorno in grande stile.
Le prestazioni dei giocatori vengono premiate, via via che si accumulano uccisioni ed esperienza, con una serie di potenziamenti per le armi, che permettono di migliorare esponenzialmente l'arsenale a propria disposizione.
Ecco, quindi, che dopo alcune partite si possono sfoggiare mirini telescopici, lanciagranate, caricatori più capienti e mille altre diavolerie utili a moltiplicare il numero di uccisioni di ogni partita. Le modalità in cui si possono guadagnare i punti esperienza necessari al recupero dei potenziamenti sono due: Team Assault e Combat Mission.
La prima non è altro che il classico Deathmatch a squadre, dove le due fazioni si affrontano a viso aperto cercando di raggiungere per prime il limite di punti imposto (o di effettuare il maggior numero di uccisioni). Questa modalità, di fatto, non offre nulla di diverso rispetto agli altri FPS in circolazione, e si rivela essere il rifugio perfetto per tutti coloro che a un gioco di questo tipo chiedono sempre e solo una cosa: la possibilità di uccidere i propri avversari senza pensare a fastidiosi obiettivi secondari.
La modalità Combat Mission, invece, è un'interessante variante sul tema pensata dai ragazzi di DICE appositamente per Medal of Honor. In sostanza si tratta di una vera e propria battaglia, dove una fazione deve difendere un obiettivo mentre l'altra cerca in ogni modo di distruggerlo.
Rispetto alla modalità conquista di Battlefield, in questo caso il respawn è più rapido, garantendo un'esperienza sempre frenetica e coinvolgente. Mentre chi è impegnato a difendere gli obiettivi viene gettato costantemente nel cuore della battaglia (con un elevato rischio di morte istantanea), gli attaccanti possono scegliere se rinascere in prima linea o se ripartire con calma dalle retrovie, magari salendo sul veicolo di turno per tentare una nuova strategia.
Considerando i video di Black Ops diffusi da Activision, è molto probabile che il multiplayer del titolo Trayarch si riveli più vario di quello di Medal of Honor, ma questo non vuol dire necessariamente che l'esperienza del nuovo Call of Duty sarà migliore di quella dell'ultima fatica di Electronic Arts.
Vista l'importanza del confronto diretto, comunque, ci riserviamo di scrivere un testa a testa corposo e dettagliato quando avremo fra le mani anche la copia finale di Black Ops.
Andando a esaminare il comparto tecnico del gioco, segnaliamo alcuni piccoli problemi che, fortunatamente, non pregiudicano la qualità dell'esperienza finale. Uno di questi riguarda il non sempre puntuale caricamento delle texture, che da sempre affligge i titoli basati sull'Unreal Engine, e che si manifesta di conseguenza anche in Medal of Honor. Al tempo stesso segnaliamo alcuni occasionali rallentamenti nelle cutscene più concitate e, sempre nelle stesse situazioni, sporadici fenomeni di tearing.
Chiariti questi punti, che però non riguardano quasi mai le fasi di combattimento, bisogna dire che l'effetto globale è sempre ottimo, soprattutto grazie a una serie di splendidi effetti particellari e a un'illuminazione da applauso. Questi due elementi, uniti alla sapiente regia, a un sonoro meraviglioso e all'ottimo design delle mappe, contribuiscono a far sentire il giocatore davvero nel mezzo di uno scontro a fuoco in Afghanistan, spingendolo perfino a preoccuparsi del fuoco amico là dove la visuale è resa confusa dalla polvere o dai riverberi del sole.
Il ritorno di Medal of Honor, quindi, può essere considerato un successo. Non era facile rientrare in un settore dove la concorrenza è sempre più spietata, ma Electronic Arts è riuscita a proporre un'esperienza diversa da quelle già presenti sul mercato e, soprattutto, realizzata in modo superbo. Per capire quale sarà il gioco di guerra più amato dal pubblico non ci resta che attendere l'arrivo di Black Ops, ma una cosa è certa: Medal of Honor non sarà un avversario tenero.