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Monochroma: da grande voglio essere Limbo - review

L'ennesima perla indie?

Prima di iniziare mi permetto di farvi una domanda, da leggere obbligatoriamente con tono risoluto e leggermente piccato: siete tra quei giocatori che non hanno mai giocato il bellissimo Limbo? Se avete risposto "sì" vi consiglio di recuperare subito il piccolo capolavoro del team Playdead per poi tornare qui e proseguire la lettura.

Ok, potete proseguire a leggere anche se non l'avete ancora giocato, ma fate in modo di non lasciarvelo scappare, tanto ormai lo trovate anche in formato Dolce Forno Harbert e Pianola Bontempi (chi ha meno 40 anni vada a 'googlarseli', ndSS). Perché questo accorato appello per un gioco che non è quello del titolo di questa review? Semplice, perché Monochroma si rifà a più riprese a quel capolavoro senza purtroppo riuscire a replicarne le qualità.

Al timone di questo ennesimo action-puzzle-platform troviamo un gruppo che più indie non si può, i turchi Nowhere Studios, che dopo aver racimolato (per un pelo) gli 80.000 dollari necessari per lo sviluppo del gioco, si sono dati da fare per realizzare un titolo in grado di coinvolgere il giocatore nella storia di due fratelli in fuga da un mondo oscuro, opprimente e pieno di pericoli.

L'accostamento al già citato Limbo (ma anche all'Ico di Fumito Ueda) non è mai stato negato dai ragazzi di Istanbul, che in più di un'occasione hanno affermato di essersi ispirati a quel gioco sia per l'estetica che per il gameplay. L'onestà va sempre apprezzata ma purtroppo dobbiamo dire che il risultato è stato centrato solo in minima parte.

Questo robottino farà la sua apparizione verso la fine del gioco e in alcune occasioni vi servirà per superare degli enigmi.

Artisticamente Monochroma tiene fede al suo titolo, con un comparto grafico caratterizzato da tinte prettamente grigie e nere, che di tanto in tanto vengono ravvivate da oggetti o parti di scenario rosso vivo che contribuiscono a dare al gioco un'atmosfera davvero unica .

"Quella che s'affronta è un'avventura dai toni tristi, che ricorda anche Rain "

Quella che però si affronta è un'avventura dai toni tristi, che per certi versi ricorda anche il bello ma incompiuto Rain uscito su PlayStation 4. Una fitta e insistente pioggia, intervallata da lampi e tuoni, accompagna i due protagonisti nelle sezioni all'aperto, mentre al chiuso l'atmosfera si fa pesante, ai limiti dell'opprimente.

A tale "mood" contribuisce la mancanza di qualsiasi testo su schermo, di sequenze animate e di parlato: i protagonisti sono due fratelli in fuga (ovviamente non sto qui a rivelarvi il perché), il più piccolo inoltre è ferito e terribilmente spaventato dal buio.

Proprio sulla necessità di portare in salvo il fratello più debole ruota il gameplay di Monochroma, che richiede il superamento di enigmi ambientali sempre più elaborati e legati alla fisica degli oggetti. Una balaustra da attivare con un interruttore posto sul lato opposto, due piattaforme da bilanciare con cura e casse da trascinare o spingere per creare appigli di fortuna, sono solo alcuni dei puzzle che dovrete superare per arrivare alla fine.

Il gioco ha un'atmosfera davvero suggestiva anche se triste, purtroppo soffre di discreti problemi di tearing.

La paura del buio del fratellino rappresenta un elemento importante della giocabilità del titolo dei Nowhere Studios. Per quasi tutta la durata dell'avventura il piccolo viene portato in spalla dal maggiore, rallentandone sia l'andatura che lo slancio nei salti, ma in alcuni casi è necessario lasciarlo al sicuro per poter raggiungere parti di livello altrimenti inaccessibili. Per farlo è necessario rispettare due semplici regole: potete abbandonare il bimbo solo in luoghi illuminati (in caso contrario si rifiuterà di scendere) e non potrete allontanarvi troppo da lui.

"Con un po' più di attenzione (e magari un budget più alto) il risultato sarebbe stato nettamente superiore"

Se la prima metà di gioco non rappresenta un grande ostacolo per i più smaliziati, le successive ore mettono il giocatore di fronte ad alcuni enigmi davvero niente male, peccato che alcuni di questi vengano resi insopportabilmente più difficili da un sistema di controllo tutt'altro che perfetto e da alcuni problemini nella fisica degli oggetti.

Quest'ultima risulta piuttosto accurata nella riproduzione di pesi e forze d'inerzia, ma in alcuni casi diventa inspiegabilmente bizzarra e dà vita a reazioni inaspettate che trasformano anche il semplice trascinamento di una cassa o il raggiungimento di una corda in un'operazione inutilmente faticosa che, in alcuni casi, sfocia nella frustrazione. Ricordo in particolare un passaggio in cui un salto apparentemente banale s'è trasformato in una sorta di incubo per la sciagurata calibrazione della distanza tra la balaustra e il punto di atterraggio.

Pessima anche la resa delle animazioni, sia dei protagonisti che dei pochi NPC che si incontrano nel corso del gioco. Più che esseri umani, i due fratelli sembrano dei burattini senza articolazioni e il difetto risulta particolarmente evidente nelle fasi in cui il più grande è impegnato nell'utilizzo di funi sospese o nel salto tra i tetti.

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Al limite del grottesco le sequenze in cui i due devono fuggire da nerboruti inseguitori sfruttando piattaforme e ascensori. Queste fasi sono tutto sommato ben architettate dal punto di vista del game design ma finiscono per assomigliare più alla performance di un gruppo di mimi che ad una sequenza carica di tensione.

Portare a termine i quattro mondi da cui è composto il gioco (Periferia, Ghetto, Industria e Dirigibile) richiede una manciata di ore, all'incirca cinque, e l'avventura non offre alcun fattore rigiocabilità se non quello rappresentato dalla voglia di scovare tutti i segreti nascosti nei livelli. Questi sono rappresentati da fiori rossi, spesso nascosti in luoghi difficili da raggiungere o addirittura da vedere, che nell'ottica del gioco rappresentano gli ultimi, sporadici rimasugli di colore rimasti al mondo.

La band Gevende, presente sulla scena folk turca mediorientale da quasi 15 anni, è responsabile della colonna sonora, minimalista ma avvolgente, caratterizzata da melodie lente e malinconiche in perfetto accordo con le tematiche trattate dal gioco. Nulla di particolare da segnalare invece per quanto riguarda gli effetti sonori, a dir poco basilari.

Non pochi difetti minano la resa finale di Monochroma, quasi tutti frutto di una programmazione discutibile. Le idee non mancano e alcuni enigmi sono ben congegnati, ma è forte la sensazione che con un po' più di attenzione (e magari un budget più alto) il risultato sarebbe stato nettamente superiore, forse al punto di poter rivaleggiare con le sua principale fonte d'ispirazione.

6 / 10