Monster Hunter Generations - prova
Abbiamo intervistato i producer di questo nuovo capitolo, solido ma accessibile.
Si fa attendere Monster Hunter Generations, ma ne varrà la pena. Lo possiamo dire con una discreta certezza dopo averlo visto in anteprima a Milano, ma del resto bastavano anche i dati di vendita nipponici per avere una misura di quanto questo capitolo sia riuscito a incontrare i gusti del pubblico. Uscito in Giappone lo scorso novembre, Monster Hunter Cross (così si chiama dove si leva il sole) ha venduto 1,5 milioni di copie in soli due giorni, raggiungendo il traguardo dei 3 milioni in un mese giusto in tempo per Natale e trascinando anche le vendite del Nintendo 3DS.
Che i giapponesi vadano pazzi per la caccia al mostro lo sappiamo bene tutti, ma numeri del genere vanno oltre le aspettative di Capcom (che sperava di piazzare 2,5 milioni di copie entro marzo 2016) e sono segno di una serie di scelte indovinate da parte degli sviluppatori.
Ora quasi ci siamo, il prossimo 15 luglio il gioco sarà disponibile anche in Italia, e per fare una chiacchierata tranquilla prima di incontrarlo nel caos dell'E3 siamo stati invitati da Nintendo a intervistare Ryozo Tsujimoto e Shintaro Kojima, producer del titolo, in visita per la prima volta al Bel Paese.
Se siete tra quelli che non si perdono un'intervista e spolpano le nostre pagine quotidianamente, già sapete che quasi tutti gli sviluppatori, tolta qualche eccezione, sono alla ricerca del perfetto equilibrio tra profondità e accessibilità. Di solito la quadratura del cerchio non è facile da imbroccare, e sentirne parlare riguardo a Monster Hunter potrebbe far storcere il naso a qualcuno dei fan più intransigenti.
Niente panico però, perché se c'è un caso in cui queste due esigenze sembrano incontrarsi nel migliore dei modi, è proprio quello del nostro Generations, che affianca a un cuore tradizionale parecchie novità. "Guardiamo a Generations come a una celebrazione dei primi 10 anni della serie", ci ha detto Kojima. "Nei capitoli precedenti le maggiori novità erano sul fronte delle armi, ma questa volta abbiamo voluto cambiare davvero offrendo quattro approcci per arma ai giocatori. Abbiamo voluto rispettare la tradizione, ma nel frattempo ampliare le possibilità senza rovinare il bilanciamento del gioco."
Su questo fronte il discorso non può che ricadere sulla Prowler Mode, una novità che permette di vestire i panni di un Palico, la razza di felini umanoidi già nota ai giocatori. "Volevamo aggiungere qualcosa al gioco che permettesse ai neofiti di iniziare a giocare facilmente, ma la Prowler Mode non era nei nostri piani iniziali", rivela Tsujimoto. "All'inizio pensavamo che quattro nuovi mostri, quattro stili di caccia e le mosse speciali fossero contenuti sufficienti, poi però ci siamo accorti che da tanta profondità derivava anche una certa dose di complessità".
"La Prowler Mode permette ai giocatori meno esperti di entrare in azione senza curarsi troppo di alcuni dettagli. Non si devono raccogliere oggetti per il crafting delle pozioni, non ci si deve preoccupare della temperatura, la stamina non finisce mai... I Palico fanno meno danno, è vero, ma offrono un approccio semplice per iniziare, e dopo magari passare ai cacciatori umani. Poi tutti amano i gatti..."
Giocare nei panni di un Palico sarà insomma parecchio diverso dal gameplay a cui siamo tutti abituati, ma non è detto che i più esperti debbano per forza guardare con disinteresse alla novità. Anche chi ha qualche anno di caccia sulle spalle potrebbe trovare stimolante un nuovo approccio e magari farci un giro, anche perché poi il cuore del gioco è sempre presente e le due possibilità non vanno a escludersi a vicenda.
Per quanto riguarda le novità più tradizionali sono probabilmente i quattro nuovi stili di caccia a fare la parte del leone, e due di essi offrono un gameplay decisamente inedito. Lo stile Aerial è concentrato sugli attacchi volanti, mentre quello Adept punta tutto sulle contromosse, due approcci sensibilmente diversi da quelli classici che comunque rimangono e sono ben rappresentati dagli altri due stili, Guild e Striker.
Quello che incontriamo, insomma, è un gioco che non va a stravolgere l'architettura già vista nei precedenti capitoli, ma nemmeno ha paura di inserire parecchie novità anche decisamente rilevanti. Se da un lato la parola d'ordine sembra essere accessibilità (Tsujimoto e Kojima confermano che è un bisogno ugualmente sentito in oriente e occidente), dall'altro non si sacrifica la profondità per quei giocatori che invece vogliono un'esperienza complessa.
Il pubblico nipponico, come detto, ha premiato le scelte di Capcom e le premesse sono rosee anche per il mercato occidentale: per un parere più approfondito l'appuntamento è chiaramente con la recensione completa, ma da una breve prova è difficile evidenziare difetti macroscopici. Vogliamo trovare un neo, che poi in realtà neo non è? Questo Generations non è Monster Hunter 5, non è il prossimo grande passo in avanti per la serie.
In realtà non ci aspettiamo stravolgimenti, si tratta di una saga che non può certo cambiare completamente da un gioco all'altro, ma è innegabile che ci sia una certa curiosità riguardo al futuro, soprattutto ora che Capcom stessa ha confermato l'arrivo di un nuovo episodio entro la fine dell'anno fiscale, e cioè entro marzo 2017. Abbiamo provato a cogliere qualche informazione a riguardo, ma dopo averci fatto cortesemente finire la domanda, è partita in automatico la risposta classica per queste occasioni: "Oggi i signori Tsujimoto e Kojima sono qui per parlare di Monster Hunter Generations". Ci siamo quindi stretti la mano, rimandando l'appuntamento con le primizie a un prossimo incontro.