Moon Hunters - recensione
Un indie sciamanico.
La scena indie è una delle speranze per il futuro dei videogiochi. Le idee che vi nascono sono tante, spesso innovative e, ancora più spesso, costituiscono un serbatoio di innovazione anche per produzioni a budget più sostanzioso. Dove non arrivano i costosi valori di produzione deve arrivare l'ingegno e la voglia di rischiare nuove formule e nuove ricombinazioni degli elementi di gameplay: questo è il campo di sperimentazione degli indie.
I titoli che hanno avuto successo in questo non sono molti e ogni mese spunta qualche sorpresa interessante; su PC ma anche, in qualche caso, su console. Moon Hunters è una di queste sorprese. Il look e l'atmosfera che si respira nei trailer e nel materiale promozionale del gioco è decisamente unica, sia a livello artistico sia a livello di testi. Premesse ottime, soprattutto quando si parla di titoli indie...
Moon Hunters è una sorta di RPG roguelike in cui il giocatore impersona uno dei personaggi disponibili (4 all'inizio, con aggiunte di altri sbloccabili) e si tuffa in un'avventura che è soprattutto costituita da esplorazione, narrativa e combattimento, in quest'ordine di importanza. Ogni personaggio dispone di due poteri d'attacco e uno d'evasione, affiancati da sei tratti (resistenza, spirito, forza, intelletto, fede e carisma) i cui punteggi possono crescere nel corso del gioco. Oltre a ciò si possono acquistare dei buff pagando in monete (che a loro volta potete recuperare esplorando più zone possibili).
Le zone che costituiscono l'universo di gioco sono di grandezza limitata, dotate di fog of war e contenenti nemici, NPC con cui interagire, boss e, in alcuni casi, eventi particolari collegati a brevi video narrativi. Selezionando le zone da visitare nella mappa strategica ed esplorandole in sequenza si va a comporre la storia alla cui soluzione dovete cercare di arrivare. Fin qui non siamo di fronte a bizzarrie di gameplay, senonché il gioco cerca di sposare questa impostazione con quella roguelike randomizzata mescolando le aree, gli NPC e i contenuti dei dialoghi. Questo vuol dire che i vari indizi e porzioni della narrativa potreste incontrarli in un ordine che non è necessariamente quello corretto...
Questa impostazione da una parte dona rigiocabilità al titolo ma dall'altra rende la storia ancora più confusa di quanto già non sia. E in effetti, la storia è già parecchio confusa di suo... tra riti sciamanici, divinità naturalistiche, tradizioni tribali e dinamiche personali si crea velocemente un intrico narrativo in cui è ben difficile raccapezzarsi. L'unico modo per venirne a capo è insistere e inanellare partite, una dietro l'altra, sperando che prima o poi i vari frammenti inizino a comporre una storia sensata nella nostra testa.
Questa dinamica non è del tutto fallata. Ricomporre i pezzi di una narrativa frammentata è un modo moderno di coinvolgere il giocatore assolutamente lecito (i primi due esempi che vengono in mente sono Memento nel cinema e Dark Souls nei videogiochi). Tuttavia il trucco funziona se quello che si fa, o che si vede, è particolarmente divertente e/o coinvolgente...
E qui veniamo al gameplay di Moon Hunters. Oltre a incontrare NPC, raccogliere monete ed esplorare porzioni di mappa sarete coinvolti in combattimenti veloci con diversi tipi di nemici. Ogni tipologia ha i suoi punti deboli e necessita di una strategia precisa che poi si declina diversamente a seconda del personaggio scelto e, potenzialmente, dei buff acquistati nel corso dell'avventura.
Il combattimento è discretamente divertente ma dà sempre l'impressione di essere una sorta di riempitivo a cui si è dedicato poco tempo ed è lì giusto per complicare un po' le cose al giocatore. Il loot è sempre e solo costituito dalle monete e non ci sono collegamenti particolari tra i nemici e gli scenari.
I boss che si incontrano sono solo leggermente più impegnativi e divertenti, ma anche in queste occasioni si rimane perplessi, con lo stesso senso di incompletezza che lasciano gli incontri con i nemici normali. L'impressione è che veramente si sia sorvolato su questo aspetto del gameplay non dedicandogli il giusto peso e non raffinandone le meccaniche.
A livello di RPG segnaliamo invece una meccanica particolarmente riuscita, ovvero quella che si attiva quando si lascia una zona e si termina una giornata; durante il riposo potrete infatti decidere di impegnare il vostro personaggio in diverse attività che lo faranno crescere in skill differenti lasciando indietro, invece, lo sviluppo di altre. Nell'arco del tempo limitato che dura l'avventura queste scelte si rivelano fondamentali e possono anche offrire un certo grado di rigiocabilità.
Dove Moon Hunters risplende è nella realizzazione artistica e nella musica. Lo stile un po' retro della grafica si adatta perfettamente alle atmosfere sciamaniche e tribali dell'avventura, come anche la palette acquarello e l'utilizzo diffuso di colori chiari e poco saturi. L'intera produzione, sotto questo punto di vista, è encomiabile, soprattutto considerata l'origine indie del titolo. Stesso discorso vale per la musica rilassante e dai toni armoniosi e quasi sognanti. Moon Hunters offre anche modalità multiplayer sia in locale che in online, nella quale possono partecipare fino a quattro giocatori contemporaneamente.
In definitiva Moon Hunters è un titolo che prova a realizzare qualcosa di particolare sposando dinamiche roguelike a RPG e cercando di concentrare l'attenzione sulla ricomposizione della narrativa sottostante. L'errore è probabilmente proprio in questa ambizione. Se si desidera raccontare una storia, il modo più complesso (e forse sbagliato) per farlo è distribuirla in un roguelike randomizzato sperando che il giocatore si diverta a mettere insieme i pezzi. Il risultato è frustrazione e incomprensione nelle prime ore di gioco, che sono anche le più importanti per decidere se un gioco ci piace e merita la nostra attenzione.
Moon Hunters, alla fine, offre una storia interessante al giocatore ma per raggiungerla bisogna passare da un gameplay poco ispirato, un po' vuoto e anche afflitto da decisioni di design discutibili. Il viaggio è addolcito dai valori artistici e dalla musica; troppo poco per farne un prodotto appetibile.