Moons of Madness - recensione
Lo spazio fra i sogni esiste, ed è spaventoso.
I videogiochi sono il medium potenzialmente migliore per veicolare orrore e paura, proprio grazie a quella componente interattiva in grado di catapultare il giocatore all'interno dell'esperienza. Anche nel caso dei videogiochi, è possibile trovarsi davanti diversi tipi di "horror", da quello più materico e talmente splatter da risultare divertente, a quello più sottile, psicologico, legato principalmente alla mente umana, ai suoi limiti e ai mostri che essa è in grado di creare.
Moons of Madness ricade quasi del tutto nella seconda categoria, pur non facendo mancare i momenti "viscerali". Shane Newheart è un ingegnere inviato con il resto della sua squadra in missione segreta su una base marziana dell'avanguardistica azienda Orochi. Durante le settimane di permanenza, tuttavia, Shane e gli altri membri del gruppo cominciano a soffrire di incubi e vere e proprie allucinazioni audiovisive, durante le quali tutti hanno un "contatto" con una misteriosa figura femminile, che soprannomineranno "La Strega".
Al peggioramento delle loro condizioni psicologiche, si accompagna una sempre maggiore frequenza di guasti tecnici alle strutture; fortunatamente, la squadra Cyrano è in arrivo per sostituirli, ma nulla andrà come deve, in una spirale crescente di pericolo. Shane si troverà ad affrontare i traumi del suo passato, legati a una madre tanto geniale quanto distaccata; le minacce che gli si staglieranno davanti nel presente, più minacciose che mai; infine, le difficili scelte che determineranno non soltanto il suo futuro, ma quello dell'intera realtà per come noi la conosciamo.
Al di là dei preamboli altisonanti, Moons of Madness non è certo un titolo AAA, ed è ben conscio dei propri limiti. Per questa ragione, riesce a non cadere in scivoloni tecnici o sezioni di gioco concettualmente poco convincenti.
I comandi sono semplici e intuitivi, l'interazione con l'ambiente avviene perlopiù attraverso il Biometro, uno strumento multifunzione che s'interfaccia con le tecnologie Orochi di cui è composta la base, ad esempio avviando motori, ridirezionando correnti elettriche o ruotando strumentazioni. Insomma, un perfetto compagno per la risoluzione di enigmi ambientali.
Questi ultimi, e l'esperienza in generale, sono parecchio lineari, quasi immediati. Inoltre, il Biometro indica - quasi - sempre la direzione da seguire, per la gioia dei giocatori dall'inaffidabile senso dell'orientamento.
Moons of Madness presenta anche menu e testi tradotti in un ottimo italiano, a fronte di giusto un paio d'imprecisioni, comunque di poco peso. Il doppiaggio, invece, rimane quello originale in lingua inglese. La durata complessiva dell'avventura è di circa sette ore, e sicuramente invoglia a una seconda partita nel caso si voglia fare maggior chiarezza sui misteri e i piani dietro Orochi e le lune di Marte, ma non aspettatevi collezionabili o particolari segreti da sbloccare, eccezion fatta per due possibili finali in base legati a una decisione del protagonista.
Punto di forza del gioco è sicuramente la commistione, scolastica e mai troppo approfondita, ma per questo fruibile da tutti, tra classica fantascienza e orrori lovecraftiani: è palese, a un appassionato dei racconti dell'autore statunitense, l'ispirazione a testi come "Oltre il muro del sonno", "La casa delle streghe" e, ovviamente, "Le montagne della follia", il cui titolo ha anche ispirato il nome del gioco.
Infine, la versione console non mostra alcun problema tecnico: con giusto qualche rallentamento durante i caricamenti fra un'area e l'altra, mantiene sempre un framerate costante di 30fps e anche la build pre-lancio si è rivelata piuttosto stabile.
Pur nella sua semplicità, Moons of Madness è un prodotto solido, dalla giusta durata e con una narrazione coinvolgente, pregna di riferimenti all'immaginario lovecraftiano. Trattandosi del primo gioco davvero "impegnativo" della software house, il risultato non può che ritenersi soddisfacente.