MotoGP 20 - recensione
Ancora più gas!
Centra poco con MotoGP 20, ma non possiamo ignorare quello che è accaduto nelle scorse settimane, durante i lunghi e silenziosi weekend trascorsi in assenza del rombo dei motori. Il videogame MotoGP 19, infatti, si è fatto strada sulle piattaforme ufficiali di Dorna sostituendo in tutto e per tutto le corse sull'asfalto, coinvolgendo figure del calibro di Valentino, Marquez, Vinales, Quarataro e tantissimi altri piloti pronti a sfidarsi e scherzare controller alla mano.
È passato ormai un bel pezzo dall'esordio del MotoGP Esport Championship, dalle vittorie del celebre Lorenzo “Trastevere73” Daretti e dall'ascesa del suo amico ed erede Andrea “AndrewZH” Saveri, ma la quarantena ha messo in chiaro una cosa: le grosse cilindrate virtuali di Milestone sono maturate al punto da arrivare a giocare nello stesso campionato della controparte televisiva e, con l'apporto della quarantena, hanno inchiodato decine di migliaia di persone di fronte a un “semplice” videogioco.
Il tortuoso percorso che porta a MotoGP 20 sembra uscito da una favola. Se ben ricordate, fino a qualche anno fa, a prevalere era costantemente la nostalgia verso istanze ormai scomparse e celebrate come memorabili, o ancora le incessanti richieste di una limatura fisica e meccanica. Ma MotoGP 19 è riuscito a confezionare un'esperienza all'altezza di una licenza tanto pesante, un racing game che sì, forse poteva ancora essere smussato negli spigoli, ma che incarnava senza dubbio l'essenza delle staccate e dei traversi.
Proprio per questo motivo, non solo non siamo rimasti sorpresi, ma siamo stati addirittura felici nello scoprire che MotoGP 20 evita di prendersi libertà eccessive o fare voli pindarici e propone, invece, la stessa identica formula del suo predecessore, stavolta semplicemente migliorata, ingrandita e arricchita da diverse nuove pennellate.
Per onorare la tradizione abbiamo dato il via a un rituale che ormai ripetiamo ogni anno: Misano, clima sereno, Andrea Dovizioso, Ducati Desmosedici GP20, venti giri di prova a tempo non-stop. Perché, nonostante la serie MotoGP non sia la simulazione più hardcore in circolazione, gli interventi sulla fisica di guida, sul consumo gomme e sulla gestione dell'elettronica hanno reso piuttosto complicato l'esordio nella massima competizione.
La verità è che abbiamo fatto male a fidarci dei tempi registrati sulla calda riviera romagnola, perché è stato solo nel bel mezzo dei test invernali di Sepang che ci siamo resi conto della più grande novità di questa edizione, ovvero l'inserimento del consumo carburante. Inutile dire che siamo rimasti a secco proprio nel mezzo del miglior intertempo, facendo una figuraccia di fronte all'intera squadra di ingegneri del Team Gresini al lavoro sulla nostra Aprilia.
Ormai, per i puristi, MotoGP mette sul piatto gare in cui l'abilità nelle staccate è solamente l'ultimo tassello in un puzzle fatto di scelte tecniche, modifiche all'assetto millimetriche, una gestione oculata del consumo pneumatici e ora anche del carburante. Preferite la sicurezza di arrivare indenni in fondo alla corsa, con il serbatoio ancora mezzo pieno e le gomme integre, o una maggiore leggerezza del veicolo e pneumatici più aggressivi?
Da entrambi i punti di vista è stato svolto un ottimo lavoro, non solo perché l'usura delle gomme modifica sostanzialmente la tenuta della moto e l'impatto con il cordolo, ma anche e soprattutto perché queste, così come il carburante, finiscono per abbandonare molto rapidamente chiunque guidasse ispirato dai film di Fast and Furious, staccando all'ultimo centimetro e lasciandosi prendere la mano con il gas.
Ciascun elemento meccanico coincide con una fedele riproduzione su schermo, dalla polvere della mescola ormai fritta che svolazza dietro il codino fino alle ammaccature sulle carene, che possono risultare fatali dopo un singolo contatto. Il sistema di collisioni, infatti, le rende solo all'apparenza meno punitive rispetto al passato: anche se è molto più difficile toccare qualcuno in entrata e ritrovarsi gambe all'aria, l'impatto potrebbe danneggiare l'aerodinamica del mezzo, rendendolo nettamente più difficile da manovrare per il resto della gara.
Per il resto, il nuovo titolo di Milestone sprizza velocità da tutti i pori. Lo sfruttamento smodato del motion blur ha ceduto il passo a una rappresentazione fedele dei 300km/h su pista, specialmente nelle visuali dal cupolino e dal casco, che su PS4 Pro restituiscono un feeling da urlo. È qualcosa che si nota soprattutto in frenata, e abbiamo avuto la sensazione che in questi contesti la fisica delle moto sia stata messa sotto la lente d'ingrandimento, guadagnando spostamenti di peso che si riescono a percepire attraverso il controller.
È con grande piacere, poi, che ci siamo confrontati con il considerevole miglioramento delle texture, un lavoro di rifinitura che ha coinvolto tutti i livelli del mosaico artistico. Se carene, tute, accessori e motori erano già riproposti in modo eccellente, non si poteva dire la stessa cosa degli elementi della scenografia, che in MotoGP 20, pur facendo intravedere ancora più di un poligono in bassa risoluzione, sono di un altro pianeta rispetto al passato.
Quegli stessi cordoli che un tempo sembravano verniciati sul terreno si sono fatti improvvisamente più concreti, gli skybox punteggiati di nuvole hanno guadagnato una reale profondità, mentre l'erba a bordo pista si mostra dettagliata e parzialmente consumata dal passaggio delle moto. Addirittura, quando si attraversa la linea del traguardo di Misano, il rombo dei motori si fa improvvisamente ovattato a causa del ponte che sovrasta la pista, ulteriore testimonianza del perseguimento del realismo a trecentosessanta gradi.
È un peccato, di conseguenza, che il comparto sonoro sia rimasto tanto indietro rispetto all'evidente lavoro svolto sull'Unreal Engine 4, con moto da gara che faticano a cantare anche nel pieno dei rettilinei più gustosi. E, nota a margine, abbiamo avuto la sensazione che in fondo a quei rettilinei capitasse troppo spesso di entrare in curva di traverso, perdendo quasi sempre il controllo del posteriore anche con le gomme in perfetta temperatura.
Una volta raddrizzato il baricentro, arriva il momento di raccontare la modalità più attesa di MotoGP 20, ovvero una Carriera che si è tinta di alcune interessanti note gestionali. Dalla presenza dei team manager fino alla rinnovata e capillare struttura dell'entourage, sembra che lo strato puramente manageriale sia finalmente riuscito a prendersi una parte del palcoscenico, trasformando i settori di ricerca e sviluppo in nodi cardine dell'avventura del nostro pilota.
Il risultato è un campionato pur sempre arcade, in cui accumulare punti attraverso test e prove di abilità per incrementare le prestazioni del mezzo, ma dipinto sul fondale del team management, una scalata in cui ciascun elemento contribuisce alla vittoria finale, dall'agente fino agli ingegneri. Un fine settimana dopo l'altro si raccoglie ciò si è seminato a partire dai test invernali, tentando di rispettare le aspettative dei team e confrontandosi con avversari oltremodo agguerriti.
La gestione dell'intelligenza artificiale è segnata dal ritorno di A.N.N.A, l'IA neurale che governa il comportamento dei piloti attraverso un processo di machine learning che ha reso decisamente più intelligenti i rivali in pista, ormai attenti alle collisioni e rispettosi delle nostre traiettorie. D'altro canto, l'intervento di A.N.N.A. ha finito per spersonalizzare parzialmente i protagonisti del GP, privandoli di uno stile proprio e dando vita a qualche inconsistenza nei piazzamenti in campionato.
Insomma, se da una parte le difficoltà più elevate ci mettono di fronte a un'incarnazione diabolica di Marquez, da sognarsela la notte, dall'altra si sente la mancanza di uno stile di guida capace di ricalcare la personalità dei piloti, un'impostazione della CPU che metta in scena traiettorie particolari e differenti da quelle del resto del gruppone.
Gli appassionati ricorderanno con piacere le Sfide Storiche introdotte da Milestone, eventi che riesumavano alcuni fra i momenti più mitologici della MotoGP da replicare alla perfezione per ottenere ricompense leggendarie. Ecco, se la 500cc 2 tempi di Doohan restituisce ancora un grande feeling, la nuova iterazione della Modalità Storica sceglie invece di adottare la classica struttura delle sfide a tempo limitato, offrendo un numero contenuto di semplici gare soggette a un meccanismo di rotazione giornaliera.
È evidente che la nuova struttura sia pensata per coinvolgere gli utenti nel lungo periodo, ma si tratta di un passo indietro piuttosto netto rispetto alla riproduzione delle più grandi imprese compiute da piloti ormai immortali. Arrivando a podio nelle sfide si ottengono gemme da investire nel Mercato Storico per accaparrarsi 41 piloti e 36 moto del passato, ma anche questa piccola vetrina è soggetta ad aggiornamenti quotidiani, secondo una formula inadatta al nostro palato.
Fra alti e bassi, MotoGP 20 non è altro che la più pura ed essenziale fra le offerte dedicate alla massima competizione motociclistica: magari non farà i doppi salti mortali, ma riesce a proporre una simulazione alla portata di tutti, semplice da prendere in mano e complessa da padroneggiare, ben confezionata e divertente da giocare. Ci sono un paio di scelte di design che fatichiamo a condividere e qualche incertezza meccanica da limare nel tempo, tuttavia, specialmente su console mid-gen, il colpo d'occhio resta fenomenale.
L'edizione 2020 non poteva che confermare la bontà della direzione intrapresa con la scorsa istanza, senza apportare modifiche sostanziali e limitandosi ad aggiungere qualche appendice, raddoppiando sui 60fps e riproponendo i server dedicati online. Forse l'ultimo margine di miglioramento non va ricercato nella differenziazione dell'offerta o nell'introduzione di modalità inedite, ma in un lento e costante lavoro di rifinitura da compiere su ciascun elemento essenziale del pacchetto.
Perché, alla fine, su questo palco si corre la MotoGP.