Mugen Souls Z: perversione e schiavismo su PS3- review
Nis America ancora una volta a caccia di servi.
Diversi mesi fa abbiamo recensito Mugen Souls, JRPG strategico nato dalla collaborazione tra Compile Heart, Idea Factory e Nis America e quasi interamente incentrato su schiavitù e perversioni.
Niente paura, però, perché l'approccio del gioco non era mai eccessivo e i temi trattati, per quanto estremi, venivano sempre alleggeriti da un character design super deformed e da dialoghi surreali in perfetto stile anime.
Pur non essendo tecnicamente eccelso Mugen Souls si difendeva grazie a un buon numero di idee interessanti che ne caratterizzavano il sistema di combattimento, motivo per cui poteva essere piuttosto piacevole portare a termine l'avventura.
Mugen Souls Z parte poco dopo la fine del precedente episodio, con la bizzarra Chou Chou diventata la dominatrice incontrastata dei sette regni che costituivano l'universo del primo Mugen Souls.
L'unico modo per stimolare un animo inquieto come quello di Chou Chou è andare immediatamente a caccia di nuove avventure, motivo per cui la piccola despota decide di prendere di mira di i dodici regni di un nuovo universo, in modo da espandere il proprio dominio e trovare nuovi servitori di cui circondarsi.
"L'elemento caratteristico di Mugen Souls Z è sicuramente la meccanica chiamata Captivate"
Come da copione, però, qualcosa va storto e Chou Chou si ritrova improvvisamente ridotta in versione tascabile con i propri servitori sparsi per i dodici regni impegnati in una massiccia campagna di conquista.
Per cercare di rimettere insieme i pezzi del proprio reame, quindi, la ragazzina dai capelli rosa unisce le forze con Syrma. Da qui si sviluppa una storia fatta di lunghi dialoghi e di interminabili sequenze narrative, create in modo da toccare le corde degli appassionati di alcuni generi specifici di anime giapponesi.
L'umorismo è gradevole, ma a volte si prova il desiderio di poter vivere qualche ora di gameplay in più piuttosto che rimanere di fronte allo schermo a seguire gli scambi di battute tra i numerosissimi personaggi.
L'elemento caratteristico di Mugen Souls Z è sicuramente la meccanica chiamata Captivate, che in sostanza permette di rendere schiavi i nemici per trasformarli in fedeli servitori da condurre all'interno del G-Castle, enorme base trasformabile con cui il bizzarro gruppo di personaggi principali si sposta da un mondo all'altro.
"Giocando troppo con i sentimenti degli avversari sul campo di battaglia e pizzicando le corde sbagliate si ottiene il risultato opposto"
Ogni nemico è in grado di garantire bonus specifici all'astronave in questione, spingendo di fatto a farmare tipologie specifiche di avversari per potenziare al meglio il proprio mezzo di trasporto. L'abilità Captivate, naturalmente, si va a incrociare con gli attacchi Moe già visti nel primo Mugen Souls.
A seconda dell'avversario che ci si trova di fronte, infatti, è possibile cambiare aspetto per incarnare una delle tante personalità di Syrma e, in questo modo, addomesticare il nemico per trasformarlo in un servitore o in un utile oggetto.
Grazie a questo stratagemma i combattimenti, altrimenti piuttosto piatti, diventano movimentati e strategici, visto che è possibile cambiare forma a ogni turno per sondare l'animo di ogni nemico.
Attenzione, però! Giocando troppo con i sentimenti degli avversari sul campo di battaglia e pizzicando le corde sbagliate si ottiene il risultato opposto, mandando su tutte le furie i bersagli e rendendo più complicato il combattimento.
"La natura ambigua del titolo gioca in precario equilibrio tra personaggi moe inseriti in contesti palesemente ecchi"
Le modifiche apportate rispetto al capitolo precedente non sono molte, quindi se avete apprezzato il primo Mugen Souls non avrete difficoltà a divertirvi anche con questa nuova incarnazione. Anche stavolta torna la possibilità di creare da zero i propri servitori, elemento particolarmente utile e interessante per tutti i perfezionisti che cercheranno di completare il gioco al cento per cento.
Nelle fasi più avanzate, infatti, l'uso di servitori specifici può favorire il ritrovamento di alcuni oggetti, dettaglio che di sicuro farà felici i giocatori più hardcore.
Se amate il genere troverete in questo nuovo episodio della saga Mugen Soul un gradevole more of the same, creato rispolverando una formula tutto sommato funzionale per inserirla all'interno di una trama nuova di zecca.
Per chi non avesse giocato il precedente episodio è importante sottolineare che il tipo di umorismo presente nella serie tende ad abusare di evidenti riferimenti sessuali, anche di fronte a un character design fanciullesco. Il mix di elementi moe ed ecchi è piuttosto popolare in Giappone, ma difficilmente saprà conquistare il pubblico occidentale, salvo la nicchia di appassionati a cui Namco Bandai dedica questa versione Pal.
Tecnicamente parlando ci troviamo di fronte a una produzione poco appariscente, in tutto e per tutto allineata con quella del precedente episodio. Al di là delle ottime illustrazioni, infatti, la maggior parte degli elementi gestiti dal motore del gioco è caratterizzata da una qualità approssimativa e poco convincente. L'elemento migliore è sicuramente rappresentato dai modelli poligonali dei personaggi, caratterizzati da un buon cell-shading e da animazioni gradevoli. Peccato per le ambientazioni, realizzate con strutture poligonali scarne e texture sottotono.
Se siete alla ricerca di un frizzante JRPG caratterizzato da un sistema di combattimento intrigante e da meccaniche diverse dal solito, Mugen Souls Z saprà farvi passare diverse ore spensierate. L'importante è che siate consapevoli della natura ambigua del titolo e del suo voler costantemente giocare in precario equilibrio tra personaggi moe inseriti in contesti palesemente ecchi.