MXGP 2019 - recensione
Pioggia, fango e gas aperto.
Ah, come vola il tempo: solamente due anni fa eravamo impegnati fra le dune di MXGP 3, il titolo che per primo avrebbe avviato la nuova parabola ascendente di Milestone, segnando il passaggio ad Unreal Engine 4 e inaugurando un percorso destinato a toccare il suo apice nel recente MotoGP 19, di gran lunga la produzione più convincente nella seconda generazione creativa della software house meneghina.
Il recente titolo figlio della licenza di Dorna ha messo in pista non solo una fra le migliori interpretazioni del motorsport su due ruote, ma anche una ricca cornice di innesti eccellenti, dalla vastissima modalità sfida, passando per una carriera decisamente soddisfacente, per arrivare infine al dettagliato roster di piloti e mezzi classici. Sarà riuscito il mondo degli sterrati a tenere il passo con il ritmo di crescita dimostrato dall'asfalto?
Bene, iniziamo subito col dirvi che, al primo avvio del gioco, siamo rimasti particolarmente stregati. Non c'è componente di MXGP 2019 che non abbia ricevuto limature consistenti, ed i frutti del lavoro di miglioramento si possono notare fin dal primo holeshot sul tracciato di Nequen. Anzi, ancora prima, dal momento in cui ci si confronta con i menù, i tutorial, l'interfaccia e la colonna sonora, tutti protagonisti di un evidente balzo qualitativo.
Ciascun elemento appare pulito e professionale, e questa piccola attenzione tecnica si riflette nella caratterizzazione di tutte le moto e delle componenti, che siano le finiture in carbonio di uno scarico Arrow o le saldature artigianali sul metallo dell'Akrapovich. Esplorando il sistema di personalizzazione sembra di essere tornati ai tempi dei mercatini, perdendosi nella costruzione del mezzo della propria gioventù o di quello che si porta ancora a spasso, e ci è spiaciuto solamente non poter personalizzare l'ergal di ogni singola vite per abbinarlo ai colori di piastre, leve e coperchi.
Ma non perdiamoci in chiacchiere, e torniamo a quella prima curva fra gli sterrati della Patagonia. Se il restauro più convincente rispetto a MXGP Pro risiede nella gestione del peso moto, specialmente durante le sezioni aeree ed i whip, abbiamo dovuto constatare come ci siano ancora parecchie imprecisioni e mancanze nel segmento della fisica.
Anzitutto, è un vero peccato aver raggiunto una resa estetica tanto convincente per i solchi nel terreno quando questi non hanno alcuna importanza nella definizione delle traiettorie; nonostante il cornering sia migliorato rispetto alla versione beta, la "dissonanza cognitiva" fra la percezione del fango e l'effettivo comportamento dello sterzo fa risultare particolarmente strani alcuni ingressi in curva.
Sfruttando la fisica avanzata, viene istintivo tentare di utilizzare i solchi a proprio vantaggio, ma ci si rende presto conto che la moto tende ad oltrepassarli driftando senza sforzo, motivo per cui, impegnando le curve più strette, capita di arrivare anche a momenti di completo stop. Dispiace perché, apparentemente, l'unica componente su cui si è lesinato con gli innesti era anche quella che più di ogni altra necessitava di attenzioni particolari.
Per il resto, infatti, abbiamo solamente annotazioni positive: l'eredità della staticità aerea ha ceduto il passo ad una gestione fluida, obiettivo raggiunto attraverso la grande cura riservata alle animazioni del pilota, fondamentali per svolgere gran parte del lavoro. A conti fatti, MXPG 2019 è il titolo di Milestone con la caratterizzazione del rider più convincente in assoluto, e le decine di piccoli movimenti pensati per accompagnare ciascun sobbalzo fanno un ottimo servizio al realismo.
Realismo che abbiamo ritrovato nell'estetica dei circuiti, ormai divenuti visivamente impeccabili, impreziositi da un gradevole sistema d'illuminazione e da immancabili effetti particellari. Gli skybox e gli sfondi regalano un'identità ed una palette cromatica proprie a ciascuna location, dai monti di Pietramurata, passando per le sterpaglie della Turchia, per arrivare infine alle piccole superfici acquatiche che fanno capolino fra i dossi di Shangai ed in Lettonia. Anche gli elementi storicamente più spigolosi, come le comparse fra il pubblico ed i modelli scenografici, sono arrivate a presentarsi in forma smagliante.
La fase di gara scorre discretamente liscia, e non solo per merito dell'ottimo comparto visivo; al di là degli spigoli, abbiamo particolarmente apprezzato la marcia indietro fatta sul reset istantaneo al momento dell'uscita dal tracciato, sistema che penalizzava l'immersione e che ha finito per essere sostituito da un pratico timer. Le tanto discusse collisioni, invece, sembrano aver trovato finalmente la quadra, e capita molto raramente di trovarsi a mordere il fango senza una ragione.
La modalità carriera, seppur particolarmente avvincente perché figlia di un motorsport carico di adrenalina, non riesce a competere a testa alta con la ritrovata profondità di MotoGP, adottando un approccio piuttosto vicino alle formule arcade e privo di particolari guizzi.
Pur essendoci divertiti parecchio nel corso del Grand Prix, principalmente per merito dell'unicità di ciascuna ambientazione, l'abbiamo archiviato rapidamente per buttarci nel segmento che più di ogni altro dovrebbe spingere l'acceleratore sulla longevità, ovvero l'editor dei tracciati. Nonostante il fascino delle tre scenografie preimpostate (bosco, deserto e riviera) l'intera meccanica ricalca pedissequamente quella già incontrata nei confini di Monster Energy Supercross.
Certo, è possibile creare la pista dei propri sogni sfruttando una serie di strumenti e preset estremamente semplici ed efficaci, ma il risultato finale corrisponde raramente alle aspettative, perché la totale assenza di dislivelli e piccoli "fronzoli" estetici finisce per disegnare piste eccessivamente piatte e prive di una reale varietà.
Ma veniamo invece alla deriva che più ci ha colpito, una sezione che, a nostro parere, rappresenta il prezioso seme per un ipotetico filone inedito nelle opere dedicate alla Motocross. Ricordate il classico Compound, quella modalità in cui testare la moto esplorando una piccola zona open-world fatta di tracciati e sentieri sterrati? Bene, dimenticatevela, perché il Playground di MXGP 2019 è molto di più: è una sezione che racchiude sfide interessanti, modalità inedite ed un'architettura che ricorda molto da vicino quella degli stage alla base di serie fortunate come Tony Hawk.
Esplorando questa zona collinare della Provenza, nel sud della Francia, non solo è possibile confrontarsi con una simpatica serie di challenge capaci di toccare la destrezza in sella, l'abilità nel trial e la pura velocità, ma addirittura creare piccole gare 'waypoint' artigianali attraverso le quali sfidare altri membri della community. Insomma, il Playground si è rivelato quella tavolozza che mancava all'editor dei tracciati, e risulta particolarmente affascinante perché riesce a deviare efficacemente dall'esperienza tradizionale, consentendo di scalare il fianco delle colline o di lanciarsi a tutto gas in un downhill suicida.
La ciliegina sulla torta, poi, sta nella presenza di una "modalità finale" destinata esclusivamente a coloro che riuscissero a completare ogni sfida presente fra boschi e laghetti. Questa visione anticonvenzionale del pacchetto Motocross rappresenta proprio ciò che richiedemmo a gran voce durante l'analisi dello scorso anno, e ci piacerebbe vedere una Milestone volenterosa di abbracciare a tutto tondo l'idea di un'offerta collaterale sostanziosa, capace di spezzare la naturale monotonia del Grand Prix.
Ovviamente, a prescindere dalla varietà, siamo al cospetto di un titolo dedicato alla MX, per giunta uno fra i migliori degli ultimi anni, un progetto che ha le carte in regola per soddisfare le esigenze di tutti gli appassionati della disciplina. La quantità di pezzi ed accessori disponibili è esorbitante, e ciascuno è stato realizzato con grandissima cura, mettendo in scena, assieme all'ottima caratterizzazione delle location, un tributo all'esperienza Motocross più classica.
D'altra parte, non possiamo sorvolare sulla necessità di un intervento mirato per sciogliere una volta e per sempre tutti i nodi legati alla fisica e al sistema di guida; insomma, al netto di tantissimi piccoli miglioramenti, si sente ancora la mancanza di un vero e proprio ribaltone simile a quello avvenuto nella cornice di MotoGP. Se il terzo capitolo divenne banco di prova dell'Unreal Engine e l'istanza Pro rimase compressa fra una moltitudine di altri progetti, questa edizione 2019 ha portato con sé un incalcolabile numero di limature, senza tuttavia perseguire alcun tipo di intervento radicale.
MXGP 2019 è il più classico dei sequel, uno scatolone contenente gran parte degli aromi giusti per accontentare gli appassionati di Motocross, ma è costretto a pagare lo scotto dei recenti successi di una Milestone in costante miglioramento. Del resto, quando dimostri di avere i numeri, è naturale che tutti finiscano per aspettarsi sempre qualcosina di più.