Narrativa e videogiochi
L'evoluzione passa per le trame dinamiche?
Alla GDC di qualche anno fa, Warren Spector chiese a chiunque nella platea di alzarsi in piedi e provare a difendere la trama di un gioco, anche la migliore, se messa a confronto con un qualunque B-movie.
Nessuno raccolse la sfida.
Nonostante gli enormi passi avanti compiuti negli ultimi dieci anni, quali ad esempio la grafica fotorealistica, i motori fisici e il motion control, la narrazione è un campo in cui i videogiochi hanno ancora ampi margini di miglioramento e tanto, tanto da imparare.
Certo, ci sono ottimi esempi di come la situazione stia evolvendo, si vedano Heavy Rain o John "Apocalypse Now" Milius che firma lo script di Homefront, ma nella maggior parte dei casi i videogiochi offrono intrecci narrativi degni di un libro per bambini.
Le cause di questa situazione sono molteplici e il discorso è stato affrontato più di una volta nel corso degli anni. Si potrebbe puntare il dito contro gli sviluppatori, incapaci di percepire il bisogno di una buona storia da raccontare, e potremmo accusare noi stessi, i giocatori, e il nostro essere poco esigenti. Alla fine l'importante è che il gioco funzioni e che sia divertente: è un nostro sacrosanto diritto e pazienza se si regge su una storia debole o assente.
Oggi però non siamo né alla ricerca di un colpevole né ad analizzare gli intrecci tra cinema, videogiochi e narrativa moderna. La domanda a cui vogliamo rispondere è: riusciremo mai a giocare a un titolo basato sulla causalità, in cui il nostro agire influenza veramente la storia?
Eskil Steenberg, unico sviluppatore di un innovativo MMO in prima persona, Love, pensa di sì. "Succede già", spiega, "solo che non lo percepiamo come una narrazione".
"Prendete ad esempio Counter-Strike. Non lo definiremmo mai un titolo ricco di narrativa ma è un gioco da cui un sacco di persone traggono una storia. Certo, sono storie molto limitate, che prevedono nella maggior parte dei casi bombe, ostaggi e sopravvissuti, ma sono comunque storie e sono create dai giocatori, in modo spesso casuale".
Questo concetto che vede i giocatori sviluppare una propria storia, all'interno di una cornice di regole definite, viene definito "Emergent gameplay" o "Emergent Narrative" (ammetto che la traduzione "gameplay emergente" mi mette un attimo i brividi), e probabilmente ve lo siete ritrovanti di fronte un sacco di volte.
I capolavori indie Minecraft e Scribblenauts, o l'engine Director di Left 4 Dead, sono tutti casi in cui ci viene offerto un mondo ben definito ma con cui interagire a livello profondo, in cui possiamo creare la nostra storia in maniera dinamica.
Si sarebbe potuto citare anche The Sims, ma c'è una sottile differenza che pone la fortunata serie di Maxis fuori dalla categoria: il livello di personalizzazione qui è tale che il giocatore non sta interagendo con una storia, modificandola in qualche modo, ma la sta creando da zero.
"La mente umana è fortemente orientata verso la costruzione di trame, sono un modo per spiegare e assimilare le esperienze che ciascuno ha nella propria vita, per questo abbiamo libri, film e videogiochi", spiega Mark Riedl, professore presso il Georgia Institute of Technology's School of Interactive Computers, che si sta attualmente occupando di narrativa generata attraverso i computer.
"Ma anche se questa esperienza, sia in gioco che nella vita reale, può essere elaborata con la narrativa, non c'è alcune garanzia sulla sua qualità, non tutte le storie sono buone storie".
"La narrazione generativa è semplice da creare, basta un ambientazione ricca e un buon set di regole con cui simulare un piccolo universo", continua Riedl.
"L'alternativa, che io definisco esperienza mediata, si basa su un narratore che guarda in questo universo, un giocatore che immagina possibili traiettorie narrative differenti, basate su strutture che può rafforzare o diminuire, ma molto più definite".
Steenberg ha scelto un approccio simile per Love, il suo curioso "First Person MMO" uscito qualche mese fa. "È il gioco stesso a generare l'intero universo. Il giocatore può costruire qualcosa di suo in qualunque punto del gioco, mentre l'IA gestisce personaggi totalmente indipendenti. Ci sono cinque differenti tribù, che combattono, aiutano o semplicemente ignorano i giocatori, comportandosi come entità a sé stanti. Ciò crea una storia molto, molto dinamica in cui possono succedere un sacco di cose".
Questa strategia è drasticamente diversa dal comportamento scelto dalla maggior parte degli sviluppatori odierni. Ci sono molti giochi che interagiscono col giocatore e lo spingono a costruire una propria storia (pensiamo ai titoli Bioware), ma quanti vi dicono "questo è il mondo, queste sono le regole, questo è ciò che puoi fare, vediamo cosa ne esce fuori"?
"Penso che attualmente i giochi siano abbastanza deprimenti", afferma provocatoriamente Steenberg. "Giocando al primo Zelda, anche se ha 25 anni, puoi fare più cose che nella maggior parte dei titoli odierni, il che fa capire che non abbiamo fatto grandi progressi. I giochi che più si sono distinti sono quelli come Fallout, ma sono comunque molto scriptati e forzano il giocatore a delle scelte. Invece di fare un ottovolante classico, è come se avessero costruito un ottovolante con più binari e punti in cui puoi scegliere quale binario seguire".