Narrativa e videogiochi
L'evoluzione passa per le trame dinamiche?
"La mia idea è avere questo ricco universo in cui ambientare Subversion, e creare un nucleo di livelli fatti a mano in cui l'intervento umano sia più marcato". Per adesso però siamo ancora nel campo delle ipotesi e sarà nostra cura tenervi informati sul progetto.
Ricapitolando, se un universo creato dal computer dà ampio spazio al gameplay emergente, che fine farà la narrazione classica? Quando abbiamo a che fare con RPG e avventure grafiche, siamo abituati agli archi narrativi, ai colpi di scena, allo sviluppo dei personaggi, strutture assai complesse che la narrativa emergente, per adesso, non è in grado di produrre.
Secondo Riedl, la generazione procedurale di trame non è poi così lontana (e dopo aver visto il generatore casuale di racconti di Lovecraft, mi sento quasi di dargli ragione). "Io credo che in questo momento la generazione di quest secondarie sia il frutto più alla nostra portata, perché molte tecnologie sono pronte per essere sfruttate e sono abbastanza performanti da poter essere utilizzate in maniera realistica all'interno di un gioco".
E Riedl non parla certo per sentito dire, ha già implementato un algoritmo in grado di generare sottotrame all'interno di una storia, appoggiandosi al motore di Unreal Tournament, per un progetto parzialmente finanziato dall'esercito americano.
Il sistema simula un mercato e chiede al giocatore di prevenire un attacco terroristico interagendo con i passanti. Se il giocatore contrasta gli sforzi degli personaggi controllati dal computer, l'algoritmo riscrive la storia, cambiando dinamicamente le risposte degli NPC in base alle sue azioni.
"Se un gioco dimostra di poter funzionare, è probabile che la domanda per titoli simili salga: c'è sempre spazio per la narrativa emergente quando viene usata nel modo giusto", afferma Riedl. "Per adesso proviamo con le sottoquest, mentre la generazione procedurale di ramificazioni della trama che vadano a modificare la storia principale arriveranno dopo. Con i dovuti distinguo, Mass Effect 2 si è già mosso in questa direzione".
Secondo il professore, un approccio simile può essere utilizzato anche nei titoli mutiplayer, sia per coordinare gli NPC sia per variare e unire singole storie dei giocatori. Tuttavia, a causa di un accordo di non divulgazione, Riedl non può spingersi oltre nelle sue elucubrazioni. Visti i soggetti coinvolti, potrebbe anche trovarsi i Men in Black sulla soglia di casa.
Al di là delle questioni tecniche, c'è però una domanda fondamentale che ancora non ha trovato risposta, e che probabilmente affronteremo ancora e ancora: "Per un videogioco è possibile raccontare una bella storia nella maniera tradizionale?".
Da questo punto di vista, Riedl non è molto ottimista. "Le storie tendono ad essere molto legate al personaggio. La storia nasce quando i personaggi fanno ciò che devono o vogliono in un mondo che gira intorno a loro. Questo ci viene raccontato nelle grandi storie. Ma nei videogiochi dobbiamo tenere conto di un dettaglio non da poco: il personaggio principale è controllato dal giocatore. che non è detto abbia gli stessi sentimenti e sia mosso dagli stessi principi della sua controparte sullo schermo (ci sarebbe da affrontare anche la tematica degli eroi "vuoti" degli eroi "pieni" ma di questo parleremo un'altra volta)".
"Quindi, alla domanda se sia possibile generare delle buone storie in maniera procedurale, rispondo che è ancora più difficile. La base di partenza è un medium che non è particolarmente bravo a raccontare le storie in maniera tradizionale e noi vorremo farlo senza l'influenza umana. È dura".
Anche se Riedl ha avuto successo nel creare algoritmi che generano storie, sostiene infatti che la vera sfida è un'altra: suscitare delle emozioni.
"Nei laboratori universitari come il mio ", spiega, "abbiamo delle IA che possono generare brevi fiabe partendo da un canovaccio e altri sistemi in grado di generare deviazioni alla trama per giochi e simulatori da addestramento. Ciò è possibile perché la struttura delle fiabe e di molti videogiochi è relativamente lineare e concentrata sull'azione sulla causalità. I problemi arrivano quando si ha a che fare con le emozioni e le relative sfumature, che vengono espresse attraverso la storia".
Quindi, cosa potrebbero riservarci i giochi del futuro dal punto di vita narrativo? Beh, per quanto la prospettiva sia incredibilmente interessante, pare non sia il caso di attendersi grandi cambiamenti nel breve termine. Steenberg e Delay concordano su un punto cruciale: creare un mondo simulato con la profondità necessaria per sviluppare narrative emergenti e dinamiche, è un lavoro incredibilmente complesso, il cui successo e la cui utilità sono ancora troppo difficili da misurare.
"Ora come ora, se fossi uno sviluppatore commerciale non sarei molto sicuro di voler creare il gioco che ho fatto, proprio per questo motivo", dice Steenberg. "D'altra parte, sono convinto che arriverà un momento in cui la gente giocherà un prodotto che gli farà capire ciò che i giochi possono essere, e quanto dinamici possono diventare".
"E da quel momento, tutti gli altri giochi sembreranno incredibilmente vecchi".