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Il “Netflix dei videogiochi” è la fine delle console? - editoriale

Lo dicono gli analisti: il futuro è lo streaming e le console spariranno. Ma sarà davvero così?

Un giorno le console spariranno? Si tratta di un discorso che viene fuori perlomeno una volta all'anno, in un momento storico in cui gli smartphone sono sempre più potenti e più utilizzati per giocare, e le televisioni possono eseguire applicazioni e videogiochi con un semplice telecomando.

A ribadire questa presunta inevitabilità è stato il vicepresidente per le relazioni con gli azionisti di Electronic Arts Chris Evenden, durante la Deutsche Bank Technology Conference, che ha parlato dei servizi di streaming: "Penso che sia inevitabile che il mondo dell'intrattenimento videoludico si muoverà nella stessa direzione di film e musica, nel senso che le persone si sono spostate da un modello di proprietà a uno di accesso. E lo vedremo anche nei videogiochi, proprio come lo abbiamo visto con Spotify e Netflix in altri settori" è il parere di Evenden.

Insomma, è inevitabile che servizi come PlayStation Now, dove l'utente non ha accesso locale ai contenuti, bensì sfrutta lo streaming per giocare, diventeranno la norma e, anzi, saranno ricercati dagli stessi giocatori.

Una visione tutt'altro che fuori luogo e tutt'altro che malsana. Innanzitutto per una comodità su tutte: giocare in questo modo sarebbe molto più economico. Pensate a un abbonamento come quello di Xbox Game Pass o di EA Access, servizi che non sono futuristici, bensì già in atto. Non offrono l'acquisto a prezzo ridotto, ma soltanto un noleggio a tempo indeterminato (fintanto che si paga l'abbonamento).

Eseguire in streaming un gioco come Destiny 2 senza problemi? A oggi è difficile immaginarlo.

La grande differenza della visione di Evenden consiste nel mezzo per arrivare a quel contenuto a noleggio: non il download, bensì lo streaming. Accendo la TV, mi viene voglia di giocare e inizio a farlo. Senza una console, senza intermediari e il tutto pagando 10-15 euro al mese per un catalogo vasto e variegato.

Sembrerebbe un'isola felice. Peccato che siamo in Italia e, quindi, apriti cielo: l'idea di dover eseguire un videogioco in alta risoluzione sfruttando soltanto la connessione internet per una gran fetta della popolazione è utopia. Motivo per cui PlayStation Now, l'offerta di Sony basata sul cloud, non è minimamente arrivato. Nemmeno ci ha sfiorato.

E il problema non è legato soltanto alla connessione dei singoli utenti. Rainbow Six: Siege è uscito da quasi due anni e ancora si fa fatica a non essere sbattuti fuori dai server perché il sistema decide che la connessione non va bene. I server di tanti giochi richiedono settimane di manutenzione e di correzioni per garantire a pochi milioni di utenti di giocare online. Come potremmo pensare che riuscirebbero a reggere decine di milioni di persone che eseguono completamente in streaming un gioco a risoluzione Full HD o superiore a prescindere che esse vogliano giocare da sole o in multigiocatore?

PlayStation Now è disponibile per PS3, PS4 e PC. In Italia non è arrivato a causa dell'infrastruttura di rete non adeguata.

Quando produttori e sviluppatori parlano di inevitabilità di questa forma commerciale di intrattenimento videoludico e parlano della sparizione delle console, scappa sempre un sorriso. E non perché non si creda che il "Netflix dei videogiochi" non arriverà mai; di questo, anzi, ne siamo certi. Ci vorrà soltanto qualche anno di tira e molla.

Questa apocalisse commerciale ha infatti bisogno di una chiave di lettura leggermente più ampia. Come dimostrano i dati commerciali, i film in Blu-ray e in DVD e i CD musicali hanno sicuramente accusato il colpo da quando servizi come Netflix e Amazon Prime Video si sono diffusi. I dati della Entertainment Retailers Association relativi al mercato britannico mostrano chiaramente che, dal 2015 al 2016, le vendite del retail (musica, film e videogiochi inclusi) sono scese del 14,9% mentre il digitale, che include anche i servizi di streaming, ha registrato un aumento del 15,9%. Comunque il mercato fisico ha registrato vendite pari a 2,19 miliardi di sterline contro i 4,12 miliardi di digitale e streaming.

Anche prendendo in esame il mercato home video statunitense la situazione non cambia: nel 2016 i consumatori hanno speso il 23% in più rispetto all'anno precedente in abbonamenti per Netflix e soci e il 6% in più in video on demand mentre la spesa per le copie retail di DVD e Blu-ray è calata del 10%. Ciononostante, per il mercato home video (e il dato riguarda il sell through, ossia le copie effettivamente vendute ai consumatori) sono stati spesi 5,49 miliardi di dollari (6,23 miliardi per lo streaming).

Xbox Game Pass è un servizio su abbonamento ma i contenuti vengono comunque goduti in locale.

Insomma, lo streaming ha senz'altro mutato gli equilibri del mercato dell'intrattenimento ma parlare di un imminente e drastico capovolgimento è ancora prematuro. Il calo c'è ed è probabilmente destinato ad aumentare, ma bisogna considerare che per musica, film e serie TV i servizi sono consolidati da anni e ogni anno ne fioccano di nuovi. Spotify, per esempio, è stato lanciato nel 2008 e nello stesso anno Netflix ha avviato il suo servizio di streaming. A oggi, invece, nessun servizio di streaming videoludico paragonabile per contenuti e qualità esiste, anche alla luce di quanto abbiamo sottolineato sopra.

Le console resteranno. PS4 Pro e Xbox One X sono lì a dimostrare che il settore è sì in continuo mutamento, ma si rafforza. Cambia e si evolve ma resta solido. Senza dimenticare che se anche sparissero le console per qualche asteroide commerciale, il PC è la piattaforma più longeva di tutte e garantisce un supporto ad anni di videogiochi.

Lo streaming arriverà anche nei videogame, non c'è dubbio. Le console, o comunque piattaforme da gioco dedicate, sono però qui per restare. E se pensiamo che, tanti anni dopo la sua disfatta commerciale, il vinile sta tornando in auge, possiamo restare sereni che giocare su console sarà un hobby ancora molto duraturo. Anche quando lo streaming avrà travolto anche i videogiochi.