Amy Hennig: "lo streaming può cambiare radicalmente giochi, modelli di business, giocatori e contenuti che possiamo creare"
"Dobbiamo pensare ai videogiochi come esperienze e che queste non richiedono necessariamente difficoltà, game over, ostacoli".
"Qui è dove penso risieda la prossima rivoluzione. Se concordiamo sul fatto che la rapida e ampia adozione del 5G sia inevitabile e se concordiamo che lo streaming di musica, televisione e film è diventato inevitabile, lo streaming in tempo reale (lo chiamo in tempo reale perché game streaming è un modo troppo limitato per descriverlo) è inevitabile. E ciò che significa è che potenzialmente non solo cambierà radicalmente il medium, cambia i modelli di business, cambia i giocatori, cambia i contenuti che possiamo creare. Queste sono le cose positive e negative su cui dobbiamo giocare d'anticipo. Cambia anche il pubblico".
Queste sono alcune delle interessanti dichiarazioni di Amy Hennig, veterana che si è occupata del franchise di Uncharted e non solo, che ha discusso della questione streaming nel corso di un appuntamento tenutosi al Reboot Develop. Come riportato da VG247.com, la Hennig sottolinea che se lo streaming sarà la prossima grande rivoluzione del videogioco allora l'industria dovrà ridefinire questo hobby per raggiungere un pubblico nuovo e più ampio.
Si tratterebbe di trovare un modo per aumentare l'accessibilità per chi non ha praticamente mai preso in mano un controller e di modificare e plasmare i titoli affinché siano adatti a diversi stili di gioco. Black Mirror: Bandersnatch sarebbe, per esempio, "il miglior modello per permettere ai non giocatori di approcciarsi facilmente a contenuti interattivi".
"È una questione controversa ma inevitabile. Ci stiamo dirigendo verso dei grandi cambiamenti in modi preoccupanti ma anche eccitanti. Una delle questioni riguarda come definiamo il nostro hobby e se in quanto gamer lo vediamo come qualcosa di elite o come qualcosa per chiunque. C'è già parecchio dibattito intorno alle questione accessibilità e difficoltà. Dobbiamo aprirci all'idea che possiamo dare il benvenuto a un maggior numero di persone all'interno del nostro hobby. Le persone che possiamo raggiungere non sono state servite con contenuti interattivi. Non credo che siano non giocatori. È doveroso per noi incontrarli nella situazione in cui si trovano".
La Hennig continua toccando un argomento molto interessante: Hollywood e le grandi compagnie stanno tenendo d'occhio l'intrattenimento interattivo e lo streaming e sono disposte a essere coinvolte. Si tratterebbe di una grande possibilità per sviluppatori e publisher. Una possibilità che potrebbe definire una nuova era per l'intrattenimento videoludico.
"Tutti in Hollywood e tra le compagnie televisive e cinematografiche hanno una 'interactive division'. Certamente non capiscono l'interattività come noi, non hanno la nostra esperienza. Abbiamo una grandissima opportunità per entrare in quell'ambito e ridefinire l'interattività per un nuovo pubblico e se non lo facciamo noi sviluppatori lo faranno altre persone. Dovremmo avere l'umiltà per non presentarci dicendo che questi sono i giochi che facciamo, diventate dei giocatori. Dovremmo a tutti gli effetti creare esperienze pensate anche per loro.
"Dobbiamo pensare ai videogiochi come esperienze e che queste non richiedono necessariamente difficoltà, game over, ostacoli. Ci facciamo prendere dai dogmi e pensiamo che se non ci sono certi elementi allora non si tratta di videogiochi. Tutti questi giochi come Fortnite e PUBG devono esistere, i giochi devono incentrarsi sulla competizione, sulla difficoltà e sul riuscire a padroneggiare il titolo. Tuttavia ciò che accade è che questo non li rende accessibili a un pubblico più ampio. C'è questo atteggiamento esclusivo del nostro medium e del nostro hobby che non penso sia salutare".
Ovviamente un discorso di questo tipo può far storcere il naso a molti che si chiedono perché l'industria dovrebbe interessarsi a giocatori non hardcore ma la Hennig è molto chiara da questo punto di vista: "Si tratta di un 'e', non di un 'anziché'". Si tratta di dirigersi anche verso un nuovo pubblico, non di abbandonare quello che già esiste.
Cosa ne pensate? Siete convinti dalle parole della Hennig?