Bruce Straley, ex di Naughty Dog, dice la sua riguardo il problema della dissonanza ludonarrativa
Sui modi interessanti ed avvincenti per sorprendere i giocatori.
La serie Uncharted è stata pluripremiata ed acclamata dalla critica, ma è stata spesso tacciata di "dissonanza ludonarrativa", ovvero quella situazione in cui il gameplay non necessariamente riesce ad essere sulla stessa linea della storia. Prendiamo ad esempio appunto Nathan Drake, un personaggio 'normale' che però lascia una scia di sangue dietro di sé. Per la maggior parte dei videogiocatori questo non è assolutamente un problema, ma per gli sviluppatori che intendono migliorare i giochi si tratta di un ostacolo che bisogna superare per creare esperienze più gratificanti senza usare per forza la violenza.
Tra i sostenitori di questa linea c'è l'ex di Naughty Dog, Bruce Straley, che ha notato questo tipo di problema durante lo sviluppo di Uncharted 2."Nathan Drake è un uomo d'azione, ma la minaccia che affronta è da videogioco" ha dichiarato Straley in un'intervista. "Il suo principale antagonista utilizza i suoi scagnozzi in modo che voi superiate ostacoli per arrivare al tesoro. Detto questo, sia che si tratti di un puzzle game che di uno sparatutto, devi proporre delle meccaniche interessanti se vuoi che il giocatore rimanga coinvolto. E questo è un nostro problema come designer: nel 2007 noi e l'industria eravamo sulla stessa linea e non avevamo i mezzi che invece ci sono ora".
Straley ha affermato che quando lo studio ha iniziato lo sviluppo di Uncharted nel 2004, pubblicato poi nel 2007, questa meccanica di gioco era "rivoluzionaria". È arrivata in un momento in cui molti dei protagonisti dei giochi più popolari mancavano di carattere oltre ad avere il ruolo di macchina per uccidere, come Gordon Freeman, Doomguy e Master Chief. "All'epoca vi erano protagonisti silenziosi, quindi l'idea di creare un personaggio con una propria storia e morale era qualcosa di nuovo".
Tuttavia, con le nuove tecniche, si aprono le porte a personaggi più sfaccettati. Uno su tutti è The Last of Us, cui Straley ha collaborato e che è diventato terreno di prova per mettere a punto e smussare queste dissonanze ludonarrative. "Vedendo che c'era un problema con la costruzione del mondo, siamo stati in grado di costruire una minaccia che riuscisse a mettere molta posta in gioco. La storia aiuta a far capire che il mondo di gioco può essere sfaccettato, che gli esseri umani che incontri agiscono in un certo modo per il semplice motivo di voler sopravvivere. Avevano i propri valori, ciò vuol dire che potevano ucciderti per una bottiglia di acqua o un paio di scarpe perché quello era il mondo che abbiamo creato".
La dissonanza ludonarrativa si trova più comunemente nei giochi in cui la violenza è il meccanismo principale. Negli ultimi anni, tuttavia, abbiamo visto i giochi tentare di affrontare questo problema facendo della violenza un tema centrale, come ad esempio Wolfenstein: The New Colossus e God of War, ma c'è ancora un enorme potenziale per creare giochi basati sui personaggi con diverse meccaniche di base. "E' possibile creare un gioco interessante ed ispirato in cui il protagonista sia avvincente come in Uncharted o The Last of Us in cui non si debba sparare? Penso che si possa fare e ancora una volta questo concetto deve partire dalle meccaniche di base" sostiene.
In tutto questo Straley prende come esempio proprio Death Stranding, il titolo creato da Hideo Kojima che ha aperto il mondo videoludico ad un nuovo genere. A tal proposito il designer rivela: "Penso che molto stia cambiando e penso che Hideo Kojima abbia fatto qualcosa di veramente buono per l'industria, perché ha provato a fare qualcosa di nuovo. Anche molti giochi indie hanno cambiato approccio e penso che ce ne siano alcuni estremamente avvincenti nel panorama".
Fonte: GamesIndustry