"La cultura delle armi inizia dai videogiochi" è l'ennesimo attacco della stampa generalista
Massimo Gaggi sul Corriere della Sera con una "Opinione" che non può che far discutere.
"La cultura delle armi inizia dai videogiochi". Quando ci troviamo di fronte a un articolo d'opinione che inizia con questo titolo noi della stampa specializzata non possiamo che essere combattuti. Si potrebbe scegliere di ignorare completamente un'associazione così sconnessa o darsi da fare con il classico pezzo indignato. Quindi sì, sappiamo che forse sarebbe meglio non parlarne e lasciar cadere il tutto nel dimenticatoio senza dare alcuna visibilità ma abbiamo comunque deciso di segnalarvi questo ennesimo attacco ai videogiochi della stampa generalista.
In questi giorni, un ex marine di 28 anni ha ucciso almeno 13 persone e ne ha ferite altre 12 all'interno di un bar di Thousand Oaks, California. L'ennesima strage e l'ennesimo caso delicato per gli USA. Un caso che inevitabilmente fa discutere anche qui da noi e che ha spinto Massimo Gaggi a dire la propria sul sito del Corriere della Sera.
"Difficile parlare di prevenzione o di risposte più pronte della polizia quando il killer entra e, senza dire una parola, comincia a sparare", scrive Massimo Gaggi nel proprio "articolo d'opinione" anche se come più volte affermato, la prevenzione ci potrebbe sicuramente essere sotto forma di una diffusione delle armi da fuoco meno capillare e meno fuori controllo. Ma si sa, l'NRA è l'NRA e il peso dell'associazione sulla politica americana e sul presidente Trump non deve di certo essere spiegato da noi di Eurogamer.it.
Poi si cita Modern Round, una catena di locali piuttosto particolare che permette di vivere diverse esperienze "live action e virtuali" in cui si ricreano sostanzialmente delle sparatorie e dei momenti di pura azione e si arriva a una sorta di frase di svolta: "la vendita di fucili e pistole fosse limitata, nessuno potrà disarmare un popolo che nelle sue case ha accumulato 300 milioni di armi da fuoco".
La soluzione? Gaggi decide di parlare di prevenzione in modo diverso e lo fa tornando sulla questione Modern Round: "in un locale del West Side, mentre brindi con gli amici, puoi affittare per qualche decina di dollari la replica di un'arma vera e sparare raggi laser contro un bersaglio in movimento in uno scenario reale. I locali della catena Lucky Strike offrono questo divertimento, insieme a biliardi e bowling, in molte città d'America. Con qualche dollaro in più si può ottenere un upgrading e sparare a bersagli umani" all'interno di scenari indubbiamente particolari come delle rapine in banca.
È però la frase che introduce l'intero articolo a lasciarci più perplessi: "Dopo la strage in California, si parla ancora di prevenzione. Forse si possono prevenire guai ancora peggiori provando a incidere su una cultura delle armi sempre più diffusa e distorta. In passato si è discusso, senza risultati, del boom dei videogiochi violenti. Ora dalla finzione della console o del telefonino si passa al realismo dei maxischermi".
Parlare di prevenzione e di provare a incidere sulla cultura delle armi è sicuramente un ragionamento condivisibile ma il collegamento diretto con i videogiochi? Be questo decisamente meno.
L'articolo farà parlare di sé, porterà click e commenti (anche per colpa nostra ovviamente) e in fondo anche per la stampa generalista è questo ciò che conta. Il punto è: nel 2018 questo tipo di generalizzazione non dovrebbe essere alle spalle o quanto meno essere legato a piccoli blog o a semplici idee personali? È troppo chiedere a un nome noto e teoricamente molto importante della stampa nazionale di prendersi le proprie responsabilità culturali cercando di andare oltre alle facili critiche al medium più odiato "del momento"? Considerando quanto questi articoli siano diffusi ancora oggi probabilmente sì.