Death Stranding: Norman Reedus su cinema e videogiochi e la percezione dei due media
L'opinione del protagonista dell'opera di Kojima.
In occasione di un'intervista con Tgcom 24, Norman Reedus si è espresso in merito ai videogiochi come medium "cinematografico".
In particolare, l'attore americano ha raccontato la sua esperienza lavorativa con Death Stranding nei panni di Sam Porter Bridges:
"Così come un buon film ti porta in diversi posti e ti trasmette diverse emozioni, dalla paura all'amore, così ritroviamo questi elementi nel videogioco, ma con una differenza fondamentale: sei tu a prendere le decisioni dentro il gioco. Quando ho iniziato a lavorare a Death Stranding ho chiesto -scusate, ma quindi il giocatore giocherà con me per tutto il tempo?- e mi è stato detto: -No, lui sarà te. Mi sono chiesto cosa diavolo significasse, e l'ho capito solo quando abbiamo iniziato a registrare le mie scene in motion capture".
"Mi stavo grattando la testa mentre aspettando gli altri attori, e mi hanno detto -rifallo-. Oppure guardavo in alto annoiato e hanno cominciato a registrarmi anche in questi momenti di normalità. Hanno ripreso Norman l'uomo, non l'attore, e questo nel gioco traspare. Lì non hai un semplice personaggio da muovere, più ti connetti con me come persona, più spendi del tempo cercando di capire cosa mi piace, vedendomi crescere e maturare, più cambi a tua volta e il giocatore ha un'esperienza emotiva forte giocando come una persona reale in situazioni che coinvolgono anche altri".
"Normalmente quando giri un film il regista ha le idee molto chiare su cosa devi fare e il set è piuttosto rigido. Devi immaginare che le cose stanno in un solo modo. Magari, faccio un esempio, prendo un cuscino e il regista dice -No, non puoi avere un cuscino in questa scena- perché la sceneggiatura è rigida. Con Hideo Kojima è stato diverso: se gli dicevo -Secondo me dovrei avere un cuscino in questa scena- lui rispondeva: -Un cuscino? Mettiamone quattro e portiamo anche una lampada-".
Cosa ne pensate?
Fonte: Tgcom24