Nel Decreto Rilancio ci sono anche i videogiochi: previsti 4 milioni di euro per l'industria del gaming italiana
Un settore in continua crescita e che ha visto un'impennata durante il periodo di quarantena.
Durante questo periodo in cui l'Italia è stata ferma per circa due mesi a causa del Coronavirus, tutte le industrie hanno subito un gravissimo contraccolpo. In questi giorni il Governo si è riunito per stilare un Decreto Legge chiamato "Decreto Rilancio" che, come dice appunto il nome, servirà a rilanciare l'economia del nostro Paese.
Tra i vari punti di questo Decreto ve n'è uno dedicato all'industria videoludica italiana, ovvero un fondo per la produzione di prototipi di videogiochi per sostenere lo sviluppo dell'industria del gaming a livello nazionale mediante erogazione di contributi a fondo perduto, riconosciuti nella misura del 50% delle spese ammissibili e per un importo compreso da 10.000 a 200.000 euro per singolo prototipo. Il fondo prende il nome di "First Playable Fund" e dovrebbe arrivare ad un totale di 4 milioni di euro. "Dovrebbe" perché attualmente non sappiamo se questa misura sia stata approvata o messa da parte durante la discussione del testo; bisognerà quindi aspettare qualche giorno per essere sicuri, una volta che il testo verrà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Il settore dei videogiochi durante questo periodo è forse uno dei pochi a non aver risentito molto della pandemia: più tempo a casa per molti italiani si è tradotto in più tempo per giocare, con una distribuzione digitale che è andata a sopperire i negozi fisici. E' stato così in tutto il mondo e, secondo i dati di IIDEA, in Italia il fatturato è pari a un miliardo e 787 milioni di euro, con un tasso di crescita dell'1,7%.
I 4 milioni del fondo non serviranno per rimettere a posto tutti i conti del settore videoludico che ha registrato rallentamenti anche a causa del lavoro da casa, ma sicuramente saranno utili per quelle aziende italiane che sviluppano videogiochi ed è un primo passo per sostenere un settore in continua crescita.
Fonte: La Stampa