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La lunga e tortuosa strada dietro la creazione di God of War: la sindrome dell'impostore, i fallimenti e i dubbi

Le imperdibili parole del director Cory Barlog.

La nostra recensione e moltissime altre ne hanno lodato le qualità, si è portato a casa una marea di premi come gioco dell'anno e il suo director, Cory Barlog, viene lodato da sostanzialmente tutti gli addetti ai lavori e giocatori. God of War è considerato, giustamente, uno dei migliori giochi di questa generazione ma dietro a questo successo si nasconde un percorso tortuoso fatto di dubbi, fallimenti e pensieri negativi difficili da scacciare.

Proprio Cory Barlog si è immerso in un argomento personale e delicato nel corso del proprio panel alla GDC 2019. Le sue parole, riportate da Variety, sono sicuramente degne di essere lette con attenzione da tutti.

Com'è iniziato tutto? Con un Barlog e un team di Santa Monica Studios che volevano andare più sul sicuro. Il gioco si chiamava God of War 4 e avrebbe visto la storia continuare sulla timeline dei giochi precedenti proponendo una nuova prospettiva sul vendicativo Kratos. L'idea era quella di ispirarsi a The Road (soprattutto all'adattamento cinematografico con Viggo Mortensen del 2009). Dopo un anno di lavoro Barlog si rese conto di un fatto difficile da accettare: lo script era completamente sbagliato, vagava e si perdeva ma non esplorava abbastanza Kratos e suo figlio. Nonostante il comprensibile sconforto degli altri scrittori, Barlog stracciò quella prima sceneggiatura e iniziò da zero.

"Il punto era spezzare il ciclo per noi come studio, una posizione in cui ci si trova a pensare di riprendere il gioco fatto in precedenza e costruirci sopra invece di andare in profondità, distruggere tutto ciò che è stato fatto e provare qualcosa di nuovo. Ero io come sviluppatore che avevo in un certo senso fiducia in me stesso e nel provare cose diverse anche se nel corso di tutto lo sviluppo avrei convissuto con continui dubbi. Allo stesso tempo era anche Kratos a dover spezzare un ciclo. Un ciclo in cui si trovava sin dall'inizio. Gli dei che gli rovinano la vita, lui che è un pessimo padre, lui che incolpa il resto del mondo".

Poi Barlog si concentra sull'E3 2016 e sulla decisione di mostrare un gameplay in diretta. Con un anno a disposizione sembrava qualcosa di semplice e fattibile ma il team doveva ancora fare moltissimo. L'engine non era completo, l'art direction non era completamente definita e l'inizio del gioco, a differenza della parte centrale, non era ancora stato neanche toccato.

Le parole di Barlog descrivono la situazione meglio di qualsiasi altra cosa: "è come cercare di fare un volo inaugurale su un aereo mentre lo stiamo costruendo e allo stesso tempo stiamo disegnando gli schemi per la sua realizzazione"..

La prima idea per la presentazione, una sezione ambientata in una montagna con un mostro gigantesco alla fine, non convinse a pieno Sony e allora con la benedizione del boss di Santa Monica Studios, Shannon Studstill, Barlog provò una strada diversa con Kratos e Atreus insieme prima di andare a caccia. Barlog si preparò due mesi per una presentazione di nove minuti. Voleva presentare tutte le mosse in modo chiaro e riuscire a mostrare esattamente ciò che desiderava.

"Per tutto il tempo la notte prima della presentazione avevo questa voce costante nella mia testa che mi diceva che avrei rovinato tutto e che mi ripeteva tutti i possibili problemi che avrei potuto incontrare". Poco prima della presentazione Barlog ebbe praticamente un attacco di panico perché si era scortato tutto, fino a quando l'orchestra condotta da Bear McCreary, il compositore di God of War, non iniziò a suonare.

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"Nel corso di tutta la demo tutti noi e soprattutto io stavamo vivendo migliaia di dubbi nello stesso momento. Era la sindrome dell'impostore moltiplicata per mille, quella sensazione che ti spinge a pensare che ciò che stai dicendo non è valido, che ciò che stai facendo non è di qualità. E spingersi oltre, spezzare quel muro tristemente portava a un altro muro di dubbi. Ma questo era il processo! Il processo di spingersi oltre tutti quegli ostacoli e assicurarsi di ottenere il risultato finale".

L'insegnamento finale di Barlog è sicuramente centrale per il suo intervento alla GDC 2019:

"Ricordate che quelle voci piene di dubbi hanno torto. E qualche volta hanno ragione...Avevo ragione a dubitare di fronte alla prima demo perché faceva effettivamente schifo. Questo è il problema riguardo al dubbio: è giusto tanto quanto è sbagliato. Tutto dipende da noi individualmente e per ogni situazione individuale, l'essere onesti con noi stessi, il fidarsi di noi stessi, il fidarsi delle persone che ci circondano e davvero sforzarsi per andare oltre tutti quei fottuti muri di dubbi perché dall'altra parte c'è sempre qualcosa di migliore rispetto a ciò che c'era dove ti trovavi inizialmente".

Cosa pensate di questo intervento molto personale di Cory Barlog?