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I membri dell'ISIS utilizzano la chat di PlayStation 4 per comunicare

Lo dichiara il ministro degli interni belga Jan Jambon.

I tragici attentati terroristici compiuti a Parigi da parte dell'ISIS hanno scosso l'Europa, nonché l'intero mondo occidentale, e nelle ultime ore i governi stanno continuando a fare il possibile per garantire sicurezza ai propri cittadini e per prevenire ulteriori spargimenti di sangue, specie attraverso massicce investigazioni su presunte attività del Califfato nei nostri territori.

Il ministro degli Interni belga Jan Jambon ha appena dichiarato che una pericolosa rete di comunicazione adottata dai membri dell'ISIS risulta proprio essere il network di una delle console più vendute di questi anni: PlayStation 4.

Stando alle parole di Jambon, il PlayStation Network è una comunità virtuale dove i terroristi dello Stato Islamico non solo riuscirebbero a comunicare attraverso chat singole o multiple (vocali o di testo), ma potrebbero addirittura far passare inosservati i rispettivi messaggi, complici i contesti bellici promossi da numerosi titoli videoludici ed il relativo linguaggio adottato dagli utenti medi in riferimento a quei giochi. Circostanza, questa, che rende nebulosa l'individuazione certa di potenziali minacce concrete.

Un caso piuttosto emblematico in questo senso risale allo scorso maggio, quando un ragazzo austriaco di origine turca fu condannato a due anni di carcere dalla corte di Sankt Poelten, in particolare per essere riuscito a scaricare sulla propria PlayStation uno schema per costruire una vera e propria bomba. I giudici accertarono poi che il quattordicenne entrò in contatto con dei militanti dell'ISIS situati in territorio Siriano.

Insomma, da quel che si evince i governi devono restare all'erta su due fronti: il pericolo degli attacchi reali e tangibili, ma anche su quello delle fitte reti di comunicazione virtuale, che non consta certo di pochi servizi e community alternative, terreni assai fertili per la diffusione di messaggi propagandistici, nonché per la pianificazione di attentati.

Fonte: La Stampa