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I walking simulator non sono videogiochi? Ecco l'opinione del creatore di Dear Esther

Il "papà" del genere contro le critiche.

Il termine walking simulator è ormai entrato di diritto all'interno del vocabolario del mondo videoludico e anche se usato spesso con un'accezione negativa identifica un genere che nel corso degli anni è riuscito a ottenere un buon successo attirando parecchi giocatori.

Naturalmente continuano ad esserci diversi gruppi tra utenti e anche tra gli sviluppatori che considerano i walking simulator negativamente e che sottolineano come non siano assolutamente videogiochi. Il creatore di Dear Esther e figura chiave all'interno di The Chinese Room, Dan Pinchbeck, ha parlato proprio di quest'argomento in un'intervista concessa a PCGamesN.

"Quando lanciammo Dear Esther era molto chiara la divisione tra chi lo apprezzava e chi invece no. Chi lo apprezzava però lo amava e lo amava perché accettava l'esperienza per ciò che era. Chi aveva dei problemi con il titolo invece cercava qualcosa che Dear Esther semplicemente non era. Abbiamo sempre affermato, senza voler essere pretenziosi, che era un gioco che bisognava sentire, non uno che richiedeva di pensare.

"Quando sento cose come: 'questo è ciò che sono i videogiochi e dobbiamo smettere di diluirne l'esperienza', penso che la maggior parte delle persone che sviluppano videogiochi non siano d'accordo. L'idea che un gioco debba essere difeso dall'innovazione è nuova e non sono assolutamente d'accordo. Questo tipo di conversazioni non c'erano fino a qualche anno fa."

Pinchbeck si è poi concentrato su una domanda che sembra essere alla base di chi critica i walking simulator: quali sono le feature fondamentali che rendono un'opera un videogioco?

"Penso che sia uno di quei ragionamenti che quando inizi a scomporre non ha alcun senso. Se i giochi devono avere certe meccaniche allora puoi iniziare ad affermare che Space Invaders è molto meno gioco di Far Cry perché ha meno meccaniche? O è più importante un gioco punitivo che ha un game over rispetto a uno che dà meno importanza al fallimento?

"So che giochi come questo dividono e non c'è alcun problema in questo. È perfettamente normale non apprezzare un gioco. Faccio schifo nei puzzle game e il trovo molto stressanti e assolutamente non appaganti, quindi non li gioco. In ogni caso non penso che non siano dei videogiochi."

Cosa pensate delle parole di Pinchbeck e della questione walking simulator?