Nier: Automata - recensione
Il trionfo dell'estetica e della creatività.
Sono anni che si celebra ingiustamente la morte degli sviluppatori giapponesi. È innegabile che il Giappone dei videogiochi abbia passato un periodo difficile, soprattutto sul fronte dell'aggiornamento tecnologico, ma la creatività e l'estetica non sono mai venute a mancare.
A sostenere questa tesi, insieme a molti altri giochi eccellenti usciti negli ultimi mesi, c'è Nier: Automata, nato dalla collaborazione tra Platinum Games, Square Enix e il visionario Yoko Taro. Se avete provato la demo uscita qualche settimana fa, vi sarete fatti un'idea di ciò che potete aspettarvi sul fronte dell'azione.
Il sistema di combattimento ideato da Platinum Games è la perfetta evoluzione di quanto già visto negli altri titoli del capace studio nipponico. Veloce, dinamico, ricco di possibilità e sostenuto da un gran numero di armi e oggetti.
Avendo a che fare con un action rpg il team di sviluppo ha cercato di semplificare, là dove possibile, l'azione tipica dei suoi titoli precedenti. Rispetto a Bayonetta o a Metal Gear Rising, per esempio, le combo sono meno articolate ed è richiesto un uso meno intenso di cancel e tecniche avanzate. Il risultato finale si sposa a meraviglia con il resto del progetto.
A questo si aggiunge la presenza di un gran numero di sequenze a bordo delle aeronavi da combattimento trasformabili in perfetto stile Macross, in un incrocio tra Radiant Silvergun (impossibile non citarlo, dopo aver visto l'attacco con la spada) e il sempre splendido Ikaruga.
Gli elementi action tipici di Platinum Games si affiancano quindi a una struttura GDR profonda e bilanciata, con i personaggi che accumulano esperienza, salgono di livello, acquisiscono abilità sempre nuove e si potenziano con armi inedite o installando chip sempre più potenti (gestibili manualmente o in modo del tutto automatico, a seconda delle preferenze dell'utente).
D'altra parte, quando venne annunciata la partecipazione di Platinum Games al progetto, gli appassionati si resero subito conto che la saga di Drakengard/Nier avrebbe finalmente fatto il salto di qualità, dal punto di vista dell'azione dura e pura.
A penalizzare i capitoli precedenti, infatti, erano una realizzazione tecnica approssimativa (purtroppo rimasta tale anche in Automata) e un sistema di combattimento macchinoso e poco ispirato. Con Automata la storia si svolge in un futuro molto lontano, successivo alle vicende del primo Nier.
In seguito a un devastante attacco alieno gli esseri umani si sono ritirati a vivere sulla Luna, lasciando agli androidi della serie YoRHa il compito di combattere per il pianeta. Per migliaia di anni gli androidi hanno combattuto le biomacchine create dagli alieni, arrivando a una situazione di stallo in cui le parti in causa non ricordano nemmeno più i motivi del conflitto.
Col passare del tempo la Terra si è evoluta, perdendo il ciclo giorno-notte e assistendo alla nascita di un nuovo ecosistema, in cui le macchine e le forme di vita tradizionale convivono in un cerchio della vita tutto nuovo.
In questo contesto il giocatore viene messo nei panni di 2B, androide YoRHa di sesso femminile che missione dopo missione viene a conoscenza della vera natura del conflitto, vedendosi costretta ad affrontare una minaccia mai vista prima.
Durante l'avventura, 2B è costantemente accompagnata dal fido compagno 9S e riceve il supporto di numerosi operatori e di una vasta gamma di personaggi ben caratterizzati. Dopo una fase iniziale molto guidata il gioco si apre, lasciando il giocatore libero di vagare in una struttura open world in cui scovare missioni di ogni tipo, da affiancare a quelle principali legate alla storia.
Si gioca qualche ora, si mostra un evidente disappunto di fronte a un frame rate spesso ballerino e a una realizzazione grafica non certo impeccabile. Dopo 10 ore, si ha la sensazione che il gioco abbia detto tutto. Le missioni principali portano il giocatore in zone sempre nuove ampliando la mappa di gioco, mentre le missioni secondarie richiedono una dose massiccia di backtracking non proprio eccitante.
Ma è proprio quando si crede di aver visto tutto, che Nier: Automata tira fuori l'asso dalla manica. Basta un attimo e tutto cambia, sconvolgendo il giocatore e costringendolo a mettere in discussione ciò che aveva pensato fino a quel momento.
Yoko Taro ha creato un'esperienza dinamica in cui tutto è il contrario di tutto. Già durante la prima run si vivono diversi colpi di scena e tante trovate fuori di testa. Completata la storia e superati i titoli di coda, un messaggio da parte di Square Enix avverte che c'è ancora tanto da vedere, consigliando di salvare la partita e di iniziare di nuovo il gioco, caricando l'ultimo salvataggio.
Ed è così che, davanti agli occhi increduli del giocatore, la storia di Automata riparte in modo totalmente diverso, da un'altra prospettiva, mantenendo l'esperienza, i livelli, l'equipaggiamento e le missioni completate nella prima run.
Dopo aver passato 20 ore con un gioco divertente, godibile e pieno di trovate interessanti, ci si rende conto di aver ancora una vagonata di misteri da svelare. La seconda run fa luce su alcuni elementi volutamente trascurati durante la prima partita.
Si ottengono nuove abilità capaci di cambiare in modo evidente l'approccio ai combattimenti, di variare ulteriormente un'esperienza già piacevole in prima battuta. Ed è così che, quasi senza accorgersene, la creatura di Yoko Taro precetta altre 20 ore delle nostre vite. La sensazione di monotonia iniziale, i dubbi legati alla realizzazione tecnica altalenante e tutte le altre sensazioni vagamente negative sono solo un ricordo lontano.
Al termine della seconda partita, dopo i titoli di coda e dopo l'ennesimo salvataggio, si ha quasi paura di iniziare una terza run. Cosa succederà? Dopo 40 ore, che altro può raccontare questo gioco? La domanda è legittima, visto che al terzo giro di Automata Yoko, Taro cambia ancora direzione, al punto da far credere che il gioco sia appena iniziato.
Dopo oltre 30 anni di contatto con il mondo dei videogiochi credevamo di aver visto tutto e che ben poche cose sarebbero riuscite a sorprenderci ancora. Nonostante questo, Yoko Taro e Nier: Automata ci hanno fatto letteralmente esplodere il cervello, sparandoci in vena sensazioni provate anni fa con il NES, l'Amiga o il Super Nintendo.
Per permettervi di provare le stesse sensazioni abbiamo scelto di non dire nulla della trama, dei personaggi, delle loro relazioni personali e del modo in cui si evolvono. Sappiate solo che Nier: Automata vi terrà compagnia per tante, tantissime ore. E lo farà con contenuti sempre nuovi, accompagnati da un sistema di combattimento di prim'ordine e da alcune sequenze in stile sparatutto davvero godibili.
Quali sono i difetti di Nier: Automata, quindi? Il già citato backtracking tende a risolversi da solo dopo qualche ora, per poi essere inglobato all'interno di una struttura visionaria e meravigliosa. Alcune missioni secondarie non sono delle più ispirate e stonano in un contesto altrimenti eccellente.
L'unico vero elemento negativo è quello tecnico. Da questo punto di vista, purtroppo, la serie non è riuscita a crescere come avremmo voluto. Vagando per la mappa del gioco è frequente imbattersi in evidenti perdite di frame. Si tratta di un problema che affligge soprattutto le fasi esplorative, mentre è raro durante i combattimenti.
La qualità delle texture è mediamente bassa e in alcune circostanze capita di imbattersi in problemi nel loro aggiornamento. A questo si aggiungono una telecamera non sempre disciplinata e una modellazione poligonale poco complessa. Tutto questo è però bilanciato da un comparto artistico clamoroso.
Le rovine post-apocalittiche in cui si aggirano 2B e 9S (ma non solo loro) sono molto tradizionali, ma grazie alla scelta delle luci, alla distribuzione degli elementi e a mille altri fattori, riescono a comunicare una malinconia infinita, invogliando l'esplorazione approfondita per la scoperta degli innumerevoli segreti che nascondono.
All'eccellente componente visiva si affianca una colonna sonora resa memorabile non solo dagli splendidi brani che la compongono, ma dal modo in cui questi si avvicendano, creando un tappeto sonoro costante che stritola o accarezza il cuore dell'utente a seconda delle circostanze.
Erano anni che non ci capitava di fermarci in una zona anche dopo aver completato una missione, solo per ascoltare il brano ad essa associato. Più e più volte ci siamo seduti sulla panchina nell'accampamento della resistenza, per sfruttare il pratico jukebox con cui goderci sonorità che ci hanno fatto pensare a Ghost in the Shell, ad Akira, o alle atmosfere tribali di Suikoden 3.
Se non fosse stato per un comparto tecnico davvero deludente, Nier: Automata avrebbe preso un voto ancora più alto. Mai come in questo caso, però, vi consigliamo di chiudere un occhio davanti ai problemi grafici del gioco. Nier: Automata è un gioiello sorprendente. Un turbine di emozioni e colpi di scena. Un gioco con un'identità unica e ben riconoscibile, che non dimenticherete tanto facilmente.