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Nuovo PlayStation Plus: sì o no? Ecco che ne pensiamo

La redazione di Eurogamer dice la sua!

L'annuncio da parte di Sony della ristrutturazione dell'offerta relativa a PlayStation Plus e PlayStation Now, è stata senz'altro la notizia del giorno. I giudizi però sono stati contrastanti, sia da parte dell'utenza che della stampa.

E proprio per cercare di catturare il più ampio spettro di punti di vista, diversamente da quanto facciamo solitamente abbiamo pensato di realizzare questo articolo a più mani in cui dare spazio al punto di vista della redazione, nel suo complesso.

Virginia Paravani: le aspettative erano altre

Project Spartacus finalmente è uscito allo scoperto e il risultato è lontano da quello che ci si poteva aspettare. La fusione tra Playstation Plus e Now appare abbastanza caotica al momento, vittima di una comunicazione non proprio brillante da parte della casa nipponica e di un'assenza di spiegazioni adeguate verso gli utenti.

La mossa di Playstation ha senso ma sarà indice di successo? Con la possibilità di scegliere tra tre opzioni di iscrizione e l'integrazione dell'emulazione delle scorse generazioni, Sony vuole offrire esperienze di gioco diversificate che incontreranno il favore di quei giocatori interessati al retrogaming e a una libreria ricca.

Ma il numero di giochi presenti che campeggia sul Playstation Blog per il tier massimo non ne specifica la qualità, sottolineando piuttosto come il nuovo abbonamento non entrerà in diretta concorrenza col Game Pass. Non solo non vi saranno le grandi esclusiva al Day One ma al momento anche quelle già uscite non troveranno spazio se non per Returnal, Marvel Spiderman: Miles Morales, God of War e Death Stranding.

Ci saremmo aspettati, visti i prezzi proposti, qualcosa di leggermente più grintoso

Ci saremmo aspettati, visti i prezzi proposti, qualcosa di leggermente più grintoso da affiancare al lancio del servizio come Demon's Souls, Ratchet & Clank e The Last of Us 2, che sono usciti da tempo dal loro periodo di punta, col grosso delle vendite ormai alle spalle. Non sembra dunque chiara la regola che vedrà arrivare le esclusive su questo servizio, lasciando il tutto alla pura discrezionalità di Playstation.

Proporre questi prezzi, leggermente superiori alla controparte Xbox e ai maggiori vantaggi che offre, risulta un po' azzardato considerando che una grande parte dell'utenza Sony è abituata ad acquistare il gioco di turno al lancio senza dover necessariamente attivare l'online per fruirne, se non per rare occasioni. Un giocatore che finora non ha mai sentito la necessità di sottoscrivere il Playstation Plus, quindi, non troverà appetitoso spendere 17€ al mese per giocare in streaming un catalogo la cui maggior parte dei giochi rischia di essere relativa alle precedenti generazioni di console.

Al momento, e da quanto dichiarato, questo nuovo abbonamento troverà il favore di quegli utenti che finora hanno usufruito sia del Plus che del Now, creando così un servizio unico, sicuramente più comodo, anche se a pagarne le spese saranno i giocatori PC in streaming che dovranno obbligatoriamente sottoscrivere i due tier più alti di prezzo.

Riccardo Cantù: alla fine vincono i gamer

Dopo mesi di rumor e speculazioni, finalmente il famigerato 'Project Spartacus' di Sony si è mostrato al mondo in una forma un po'... inaspettata. Tutti coloro che si attendevano una copia carbone del servizio Game Pass di Xbox che si è abbattuto come un terremoto sul mercato del gaming (sia su console che su PC), saranno rimasti quantomeno interdetti: Spartacus non è altro che la naturale evoluzione dell'abbonamento PS Plus, lanciato ormai dodici anni fa su PS3 e diventato un punto cardine dell'ecosistema PlayStation nelle generazioni successive.

Ciò significa che il 'nuovo PS Plus' è una delusione? No, nella maniera più assoluta: è semplicemente l'ennesima riprova di quanto sia differente l'approccio al mercato dei videogiochi di Sony rispetto a quello proposto da Microsoft negli ultimi anni. Mentre il colosso statunitense ha deciso di andare all-in con il suo Game Pass rendendolo in tutto e per tutto il cuore pulsante delle nuove piattaforme Xbox, PlayStation rimane ancorata ad una concezione più tradizionale del medium e della sua distribuzione, la stessa che le ha garantito di conquistare un posto di rilievo nell'immaginario collettivo nonché un travolgente successo in termini di vendite.

Ciò significa che il 'nuovo PS Plus' è una delusione? No, nella maniera più assoluta

Niente esclusive al day-one, quindi, ma il motivo è di facile intuizione: gli studi first party di Sony, grazie ad un organico percorso di crescita condotto magistralmente dal publisher nell'ultimo decennio, non ha mai avuto grossi problemi a presentare, comunicare e, in definitiva, vendere la propria visione. Basti pensare che anche titoli meno blasonati come il Days Gone di Sony Bend riescono a piazzare quasi 9 milioni di copie in tutto il mondo (senza scomodare le circa 20 milioni di unità vendute da God of War, per intenderci).

Due facce contrapposte della stessa medaglia, dunque. Da un lato c'è Microsoft che apre tutte le porte al suo largo bacino di utenza, concludendo anche alcune acquisizioni epocali come quella di Zenimax o quella di Activision Blizzard, mentre dall'altro abbiamo Sony che porta avanti la sua ormai rodata strategia e si 'limita' a potenziare sensibilmente l'offerta di PS Plus, accorpandola al servizio PS Now ma lasciando fuori, ovviamente, quello che è uno dei punti di diamante dell'offerta di Game Pass: le esclusive disponibili il giorno del lancio.

Quale delle due strategie pagherà di più sul lungo periodo? Ai posteri l'ardua sentenza. Ma, come ripetiamo spesso, la ravvivata fiamma della concorrenza tra questi due giganti del gaming ha sempre un unico vincitore: i giocatori. Il futuro appare entusiasmante!

Lorenzo Mancosu: Sony come Prime Video (ma era meglio Disney Plus)

Le nuove varianti di PlayStation Plus sono delle creature strane: da una parte era evidente che Sony dovesse rinnovare l'offerta dei suoi servizi in abbonamento, ormai da tempo ancorati al retaggio di un'epoca scomparsa, mentre dall'altra sta prevalendo la sensazione che il colosso giapponese stia timidamente tastando il terreno con la punta dei piedi, indeciso se tuffarsi nelle profondità di queste acque o se tornarsene comodamente sotto l'ombrellone a prendere il sole.

Non bisogna dimenticare, infatti, che nel corso degli ultimi anni PSN, nonostante la sua scarna offerta, è stato il servizio in abbonamento al gaming più redditizio del pianeta: 12 miliardi nel 2019 di cui oltre 3.2 miliardi derivanti dai soli PS Plus e Ps Now. Ciò è accaduto principalmente grazie alla straordinaria diffusione delle macchine della casa, accompagnate dai numerosi lanci di opere fuori scala. Viene naturale, di conseguenza, pensare alle nuove varianti di Plus come a delle "risposte" più che a reali iniziative ragionate, dal momento che a tratti queste sembrano collidere con la filosofia del produttore.

Non è mai bello sentirsi utenti di serie B o addirittura di serie C

Lo sa bene il presidente Jim Ryan, che ha precisato come "il lancio al day-one di esclusive SIE nei confini del servizio sarebbe in contraddizione con il sistema di produzione della casa". In fin dei conti pagare 13 euro per mettere mano a un catalogo di 400 titoli, compresi quelli proprietari che non sono disponibili su nessun'altra piattaforma, è un'offerta che potrebbe già di per sé fare gola, non fosse per il fatto che oltre a PS Plus Extra ("il Game Pass di Sony") c'è anche la versione Premium, che al netto di due euro di maggiorazione mensile mette sul piatto anche la "retrocompatibilità in cloud".

Oltre a non essere una reale retrocompabilità, dal momento che non è possibile giocare ai titoli del passato che già si possiedono, questa divide di fatto l'utenza di Sony in tre macro-gruppi, e non è mai bello sentirsi utenti di serie B o addirittura di serie C. La nostra sensazione, per metterla giù in parole povere, è che se Xbox Game Pass sta a Netflix, PlayStation Plus stia mettendo in piedi una sorta di Amazon Prime Video: tanti contenuti, qualche produzione originale ma anche tanti titoli che sono disponibili solamente pagando un extra e qualche "abbonamento dentro l'abbonamento".

La formula di Sony, invece, si sarebbe prestata benissimo ad abbracciare l'idea alla base di Disney Plus: tutti i fantastici titoli di SIE disponibili sulla piattaforma, magari anche a pochi giorni dal lancio, accompagnati da una retrocompatibilità totale capace di far rivivere a milioni di appassionati i ricordi indimenticabili dell'infanzia e dell'adolescenza trascorse in compagnia delle console della casa. In fin dei conti, Sony è - proprio come Disney nel cinema - un brand che ha accompagnato decine e decine di milioni di persone durante una vita passata giocando ai videogiochi.

Gianluca Musso: Sony non aveva bisogno di osare di più

Ero particolarmente curioso di scoprire quale sarebbe stata la risposta - inevitabile, secondo me - di Sony al successo del Game Pass e di altri servizi legati al gaming, ma mai mi sarei aspettato di assistere a una tale prova di forza del colosso giapponese, che in barba a tutte le nostre previsioni ha presentato ieri un'offerta di servizi molto timida e conservativa, se messa a paragone con le altre presenti sul mercato.

La crescita di Xbox nel settore delle console è sotto gli occhi di tutti e qualcuno avrebbe voluto assistere ad una risposta da parte di Sony atta a colmare in modo decisivo il gap nato con la nascita del Game Pass. Invece di stroncare con delle proposte travolgenti e aggressive le velleità di rinascita di Xbox, l'azienda di Tokyo ha fatto quadrato attorno ai concetti fondanti del brand PlayStation, come ad esempio la sacralità delle sue esclusive, presentando quello che a conti fatti è un microscopico rinnovamento della sua offerta attuale di servizi.

Sony si è mossa benissimo per consolidare la sua posizione dominante

Chi mastica di videogiochi a 360° gradi, a mio modo di vedere, sarà rimasto inevitabilmente poco colpito dagli annunci di ieri, ma sono convinto che come sempre, ancora una volta, Sony si sia mossa benissimo per consolidare la sua posizione dominante, che al momento è ancora particolarmente granitica.

Nelle condizioni attuali, ossia quelle di un semi-monopolio di Sony nell'ambito della base installata console, la compagnia non ha bisogno di esporsi in modo aggressivo sul fronte dei servizi, ma solamente di rinsaldare il valore percepito dalla sua utenza in modo che i giocatori, quelli da sempre fedeli al brand, non comincino irreparabilmente a guardarsi attorno per accorgersi che il gaming non è più quello degli anni Duemila. Quando Xbox farà finalmente paura, e potrebbe non mancare molto, Sony avrà già una piattaforma di servizi ben avviata, e potrà ragionare sulle mosse da compiere per non soccombere al futuro dei videogiochi: i servizi in abbonamento.

L'unico, indiscutibile neo della strategia attuale Sony è relativo secondo me all'ultimo tier dei suoi tre nuovi abbonamenti Plus, quello tutto dedicato al retrogaming. Certo, l'idea di tornare ad esplorare le librerie delle prime PlayStation è allettante ma sono certo che lo sia più nella teoria che nella pratica: ci si può passare un pomeriggio, magari due, ma il retrogaming è indiscutibilmente una passione riservata a una sottilissima nicchia di giocatori. Dedicargli il tier più costoso del nuovo PS Plus, specialmente se la concorrenza offre la retrocompatibilità nativa dei suoi vecchi videogiochi, è una mossa che difficilmente riesco a spiegarmi.

Stefano Silvestri: la retrocompatibilità ora è un lusso?

Volendo evitare di ripetere i giudizi già espressi qui sopra, mi sono tenuto buon ultimo in questa disamina. E vorrei porre l'attenzione su un punto che mi ha lasciato piuttosto perplesso, ossia la retrocompatibilità. Quand'era Microsoft a farne uno dei suoi cavalli di battaglia, la stessa Sony faceva spallucce: alla fine il mercato della nostalgia è molto discusso e apparentemente caro ai gamer, ma all'atto pratico irrilevante (o scarsamente rilevante) nel decidere le sorti di una console.

E basta guardare l'ultimo report di IIDEA per trovarne una conferma: nella top 3 dei giochi più venduti in Italia troviamo FIFA 22, GTA V (che provocatoriamente potremmo ormai definire retrogaming) e FIFA 21. Della serie: noi appassionati la vediamo in un modo, poi all'utente medio che va da MediaWorld a comprarsi "la Play" per giocare a FIFA o Call of Duty, di emulazione e retrocompatibilità interessa poco.

Forse che streammare un gioco per PSP costi di più che per PS5?

Tutto chiaro e tutto coerente, insomma, poi arriva l'annuncio di ieri in cui PlayStation di colpo si riscopre interessatissima al passato arrivando a studiare un'offerta che, copio e incollo la news di Claudia, "include fino a 340 giochi aggiuntivi, tra cui giochi per PS3 disponibili tramite streaming nel cloud, un catalogo di grandi classici, disponibili sia in streaming che tramite download, dalle generazioni originali di PlayStation, PS2 e PSP. Non solo ma offre l'accesso in streaming nel cloud ai giochi originali per PlayStation, PS2, PSP e PS4 disponibili nei livelli Extra e Premium nei mercati in cui è attualmente disponibile PlayStation Now".

Sia chiaro, solo gli sciocchi non cambiano idea e quindi non possiamo che accogliere con piacere questa maggiore attenzione di Sony al passato del gaming, ma... possibile che questa sia l'offerta più costosa? Premesso che Microsoft non chiede ai suoi utenti spese aggiuntive per la retrocompatibilità, sorprende che per poter giocare giochi risalenti ormai a geologiche passate Sony chieda la bellezza di 16,99 euro al mese o 119,99 euro l'anno. Forse che streammare un gioco per PSP costi di più che per PS5? Dubitiamo che emulare hardware ormai vetusti possa impattare significativamente sui server di gioco...

Ci saremmo aspettati che l'offerta più costosa fosse quella che includeva i tripla A al day one, invece Sony s'attende che il pubblico spalanchi il portafoglio per riassaporare le vecchie glorie del passato, cosa che solitamente finisce con l'essere un piacere fugace da un paio di sere al mese. La cosa, come dicevo, mi sorprende ma siccome è accaduto varie volte in passato che il mercato abbia dato risposte molto lontane da quello che mi pareva sensato, non posso che sospendere il mio giudizio e attendere il responso del pubblico.

In chiusura, c'è un altro (almeno per me) apparente controsenso. Sony ultimamente s'è aperta al gaming su PC e i risultati di God of War parevano suggerire che la strada fosse ormai segnata. La confluenza del PlayStation Now nel PlayStation Plus però porterà gli utenti PC a spendere praticamente il doppio allo scadere della loro attuale sottoscrizione: un anno di PlayStation Now oggi costa 59,99 all'anno, mentre il PS Plus Extra costerà 99,99 euro l'anno. Un anno di Game Pass PC, invece, lo si trova oggi in vendita anche a 54,99 euro. Possibile che questo "dettaglio" sia sfuggito a Jim Ryan?