Omensight - recensione
Un araldo ci salverà.
La guerra è un fenomeno che riesce a sconvolgere irrimediabilmente il territorio che la ospita. I conflitti possono essere brutali, ed è sempre complicato stabilire chi sia in torto o in ragione, anzi, come direbbe Dan Brown "sono solo i vincitori a scrivere la storia". Forse è proprio da questo concetto che i ragazzi di Spearhead Games hanno creato Omensight, progetto indipendente approdato su Steam e PlayStation 4. Un'avventura dai toni quasi fiabeschi, ma incorniciata in un mondo pieno di conflitti difficili da appianare. È tempo quindi di viaggiare verso le terre di Urralia, per scoprire come porre rimedio ad un conflitto senza tregua.
A causare lo scontro è il regno di Pyngaria, che sotto il governo della nobile stirpe dei volatili ha vissuto anni di pace, ma che in tempi recenti ha assoldato le tribù di canidi e felini per espandere il proprio controllo. Le specie animali rimanenti tuttavia mal digeriscono questa neo dittatura, e organizzano un'improvvisata resistenza capitanata dai roditori. Ogni speranza di deporre le armi sembra ormai svanita, poiché la "Sacerdotessa senza dio", ultimo baluardo della pace tra le due fazioni, è stata brutalmente assassinata da misteriosi mandanti. Ormai nulla si interpone allo scontro: il sangue sgorgherà.
La nostra storia inizia proprio durante un assalto del regno reggente al campo base dei ribelli, con una particolare apparizione sul campo di battaglia. Tra roghi dolosi ed esplosioni fa la sua comparsa l'araldo, una misteriosa entità di cui si parla solo nelle leggende. Si dice che questa figura appaia quando il mondo sia sull'orlo della distruzione, ed è proprio questo che accade: le parti impegnate nel conflitto ignorano infatti che quella sarà l'ultima notte delle loro esistenze, per colpa di un oscuro potere pronto a liberarsi definitivamente. Nei panni dell'araldo siamo quindi chiamati a terminare la guerra e risolvere il mistero dietro l'omicidio della sacerdotessa. Come porre fine a problemi di tale portata in così breve tempo? Semplice, riavvolgendo gli eventi all'alba della fatale giornata. Grazie ad una divinità amica, l'araldo può stringere legami con le anime dei defunti, per rivivere gli eventi dal loro punto di vista e scoprire nuove piste sull'assassinio.
Nonostante i toni apparentemente simili ad una favola adatta ai più giovani, Omensight ci ha stupito piacevolmente. La narrativa subito dopo le prime fasi prende una piega simile ad un giallo, ribaltando continuamente la prospettiva delle parti in gioco nel conflitto. Non è la prima volta che l'escamotage del giorno che si ripete viene utilizzato in un videogioco, basti pensare allo storico Majora's Mask o al più recente Last Day of June, ma in Omensight il tutto prende una piega intrigante. Si viene letteralmente catturati dal mistero dietro l'omicidio della sacerdotessa, e non mancano dei discreti colpi di scena lungo la decina di ore necessaria a completare il gioco. L'araldo poi è una figura austera, un deus ex machina chiamato a salvare il mondo, e la sua missione si intreccia all'assassinio compiuto prima del suo intervento. Nel plot narrativo troviamo senza ombra di dubbio il punto di forza di tutto Omensight.
Ad accompagnare la trama una direzione artistica senz'altro gradevole, con una serie di comprimari (o meglio, sospettati) di indubbio carisma: dal severo imperatore Indrik alla ribelle Ratika, ogni protagonista aggiunge valore al mistero da risolvere. Urralia diventa quindi un palco in cui questi "attori" inscenano drammi personali, tradimenti, menzogne e amare verità. Il level design risulta particolare nonostante la natura indipendente di Omensight, in cui lo stesso scenario riesce ad apparire assai diverso a seconda del momento in cui lo si visita, ad esempio nelle ore precedenti ad uno scontro o messo a ferro e fuoco durante la battaglia. Nonostante tutta questa abbondanza, i livelli tendono a ripetersi piuttosto frequentemente, sia per colpa dei viaggi nel tempo, sia per un sistema a bivi che sfrutta spesso le stesse zone. È un peccato, perché ripetere per la decima volta l'ennesima sezione appesantisce l'esperienza, limitando la voglia di ricercare ogni possibile indizio utile a scovare l'omicida.
Questo perché l'araldo non è solo un "detective ultraterreno", ma un lottatore senza eguali. Non sono pochi gli scontri che siamo chiamati ad affrontare, anzi, sono il pilastro principale di tutto Omensight. Inizialmente il nostro eroe presenta pochi tratti distintivi: un attacco leggero, una schivata ed il doppio salto. Col tempo però vengono sbloccate altre tipologie di colpi e un tris di abilità che arricchiscono il gameplay rendendolo più profondo. Non mancano anche una serie di chicche come il rallentamento del tempo con una schivata perfetta (qualcosa che ricorda il più celebre Bayonetta), e la possibilità di sfruttare l'ambiente per arrecare danni ingenti ai nemici, ad esempio usando dei pilastri da far cadere sugli avversari. Come se ciò non bastasse, ognuno dei quattro personaggi da seguire durante la giornata diventa un partner durante l'avventura, da richiamare con la pressione di un tasto dedicato.
Sembrerebbe quindi un pacchetto gustoso fino a questo punto, peccato che il feeling pad alla mano non risulti sempre fluido, lasciando ogni tanto la sensazione di un blando input lag. Nulla di imprescindibile sia chiaro, ma il combattimento ricorda una versione alleggerita dell'abusato free flow system (quello della serie di Batman per intenderci), e con questa struttura è la fluidità a rendere gli scontri spettacolari. A contrapporsi alle nostre azioni una buona varietà di nemici, complice il fatto che, alternando come partner membri delle diverse fazioni in guerra, ci si ritrova contro entrambi gli eserciti. Non mancano infine delle boss fight sicuramente ardue e soddisfacenti, che purtroppo fanno risaltare un'ennesima sbavatura di gameplay: il lock on. Unicamente automatico e spesso poco preciso, svolge "a fatica" il proprio lavoro con gruppi di nemici, e funziona in malo modo proprio negli scontri più importanti. In questi casi il sistema di puntamento spesso "perde di vista" la minaccia principale concentrandosi su uno sciagurato minion, colpevole di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Ecco quindi che lo scheletro di Omensight si presenta ai nostri occhi in tutti i suoi aspetti: un'avventura coinvolgente ma a tratti ripetitiva, che non riesce pienamente a brillare per colpa di alcuni dettagli mal calibrati. A concludere il pacchetto di difetti un frame rate che su PlayStation 4 risulta tutt'altro che stabile, e che non rovina definitivamente l'esperienza per il rotto della cuffia. Come detto in precedenza tutto ciò è davvero un peccato, perché il mistero dietro la scomparsa della sacerdotessa riesce a suscitare un vivo interesse in chi gioca, anche grazie alla localizzazione italiana per i sottotitoli. Che ci crediate o no, anche in questo caso capita di leggere saltuariamente dei grossolani errori di ortografia, forse poca cosa, ma piuttosto simbolica dello stato finale dei lavori.
Omensight è a nostro avviso una preziosa occasione sprecata, perché riesce a presentare un cliché piuttosto abusato nei media in una salsa davvero intrigante. Ogni aspetto ha del potenziale mal sfruttato: dal gameplay profondo, ma impreciso, al lato tecnico poco curato. Speriamo in una corsa ai ripari quanto prima da parte degli sviluppatori, ma allo stato attuale resta un vero e proprio diamante grezzo, apprezzabile a patto di sorvolare su alcuni difetti.