Outlast - review
La morte ti fa bello.
Ricordo ancora il mio primo incontro ravvicinato con un survival horror, avvenuto durante la tarda estate del 1996 a casa di un amico già in possesso di quella scatoletta grigia chiamata PlayStation. Un giorno mi invitò per mostrarmi il gioco partorito dalla mente di Shinji Mikami e ne rimasi folgorato: l'atmosfera che si respirava camminando per i corridoi e le stanze della magione Spencer era qualcosa d'incredibile, senza contare gli incontri coi terrificanti esperimenti made in Umbrella.
Da quel giorno in poi ogni survival uscito sul mercato è passato sotto le mie unte e non c'è stato capitolo di Silent Hill, Siren, Alone in The Dark e persino Amy (sì, anche quell'oscenità stroncata da stampa e giocatori) che non sia finito sotto il mio attento e critico occhio da malato-appassionato.
Outlast è uno degli ultimi esemplari di questo genere, rilasciato la scorsa estate in esclusiva su PC e ora finalmente approdato anche su PlayStation 4 grazie allo sviluppo di Red Barrels, studio che annovera una serie di sviluppatori che in passato hanno contribuito alla realizzazione di titoli quali Uncharted, Assassin's Creed e Prince Of Persia.
Il protagonista di questa folle storia in prima persona è Miles Upshur, giornalista che una bella notte tempestosa decide di avventurarsi all'interno del manicomio Mount Massive e indagare sui misteriosi fatti accaduti all'interno di esso. Entrato di soppiatto da un ingresso secondario, il povero Miles scopre che in effetti la sua ideona non è stata tra le più brillanti della sua carriera e si ritrova in men che non si dica circondato da pazzi, assassini e dottori che definire squilibrati sembra quasi un complimento.
" Niente shotgun, niente magnum potenziabile, niente lanciagranate all'acido: in Outlast si corre, ci si nasconde"
La cosa buffa è che al contrario della stragrande maggioranza dei survival horror, lo sventurato Upshur è dotato soltanto della fida telecamera, un taccuino... e basta. Niente shotgun, niente magnum potenziabile, niente lanciagranate all'acido: in Outlast si corre, ci si nasconde, si raccolgono documenti che approfondiscono alcuni fatti e personaggi della trama e naturalmente si cerca di non finire tra le mani delle bestie che ogni tanto Miles incontra tra i corridoi della tetra struttura.
E sono proprio i mostri che infestano Mount Massive ad apportare pro e contro all'ottima atmosfera di Outlast, che già dall'inizio regala attimi di suspense anche ai giocatori navigati come il sottoscritto. Il pregio degli obbrobri è che sono più intelligenti di quanto possiamo pensare e anche se i punti dov'è possibile nascondersi (tra i quali figurano scrivanie, letti e armadietti) sono presenti in quantità elevata, l'idea di essere al sicuro dopo essere stati rincorsi per decine di metri non è mai certa, specie se si decide di mettersi in salvo in una stanza poco arredata.
Il rovescio della medaglia è che è praticamente impossibile uscire vivi da uno scontro con essi e non potendoci difendere in alcun modo, le probabilità di salvare la pellaccia sono pressoché pari allo zero, soprattutto se si sta giocando ai livelli di difficoltà più elevati. Evitarli però non è cosa proibitiva e nonostante sappiano correre e saltare ostacoli come tavolini ribaltati e letti, la telecamera in nostro possesso aiuta non poco a farsi strada alla ricerca di un buon nascondiglio grazie alla visione notturna attivabile premendo la levetta analogica di destra.
"È praticamente impossibile uscire vivi da uno scontro coi nemici, non potendoci difendere in alcun modo"
Ma come è ben risaputo, se si utilizza a lungo un aggeggio elettronico è necessario doverlo ricaricare in qualche maniera, ed è qui che entrano in gioco le utilissime batterie che di tanto in tanto si possono trovare rovistando tra i mobili e i cadaveri del manicomio, e vi posso assicurare che rimanere senza l'adorata luce verdognola mentre si è inseguiti da un paio di energumeni alti due metri non è affatto una cosa piacevole.
Le mura di Mount Massive non saranno però le uniche location che mister Upshur visiterà in Outlast, e prima di riuscire a trovare un modo per scappare dovrà addentrarsi nelle immancabili fogne, fare una capatina nell'immenso giardino e stringere i denti nei labirintici sotterranei, dove vi assicuro ne vedrà di tutti i colori.
La totale assenza di una mappa è un altro punto a favore del coinvolgimento e memorizzare in fretta i numerosi ambienti del manicomio è un elemento da non sottovalutare. Pur non trattandosi di una struttura accessibile in ogni suo angolo capiterà infatti di ritrovarsi sperduti in più di un'occasione, soprattutto quando si è braccati alla spalle nel buio più assoluto.
"La totale assenza di una mappa è un altro punto a favore del coinvolgimento"
Passando alla realizzazione tecnica, i ragazzi di Red Barrels hanno compiuto un ottimo lavoro di conversione da PC, proponendo i tanto amati 60 fotogrammi al secondo con risoluzione 1080p anche sulla nuova console Sony. A parte un paio di leggerissimi rallentamenti durante delle situazioni di fuga particolarmente "sentite", non sono stati riscontrati altri problemi di sorta e il glorioso Unreal Engine può sfoggiare tutta la sua potenza senza battere ciglio.
Se proprio dobbiamo andare a trovare l'ago nel pagliaio, alcune animazioni e texture (specie quelle dei volti) non sono proprio il massimo della vita, ma in un prodotto dove l'atmosfera e il sentirsi sempre in pericolo sono le colonne portanti dell'esperienza, si può tranquillamente chiudere un occhio su questi piccoli dettagli.
In quanto a controlli, il DualShock 4 se la cava egregiamente e non fa rimpiangere l'accoppiata mouse e tastiera (oddio, già mi sento i puristi che mi lanciano dietro insulti di ogni tipo), mentre il touchpad è utilizzato come via alternativa per accede al proprio "inventario" all'interno del quale è possibile leggere gli appunti, i documenti raccolti e visionare l'obbiettivo attuale. Anche la light-bar viene in contro al giocatore segnalando lo stato di salute di Miles, e quello di carica della batteria quando è attivata la visione notturna.
"L'audio è i fiore all'occhiello della produzione e dà il meglio di sé se fruito con un buon paio di cuffie"
Nulla da dire invece sul comparto sonoro, vero fiore all'occhiello della produzione che dà il meglio di sé se fruito con un buon paio di cuffie: a tal proposito, il rilascio dell'ultimo aggiornamento per PS4 è capitato proprio al momento più opportuno e senza di esso tutti i più conosciuti auricolari wireless per PlayStation non sarebbero stati compatibili. Per finire, il doppiaggio in lingua anglosassone è di buona fattura, mentre coloro che non capiscono l'inglese possono attivare i sottotitoli in Italiano nel menu delle opzioni.
Senza ombra di dubbio ci troviamo di fronte ad uno dei migliori survival horror realizzati negli ultimi anni: atmosfera, controlli e grafica rasentano la perfezione, peccato che il fattore rigiocabilità non sia poi così elevato come qualcuno si potrebbe aspettare. Per poter portare a termine la tetra avventura di Miles Upshur sono necessarie circa 4 ore, a seconda se si decide di cercare o meno tutti i documenti e le note sparse nei sei capitoli che compongono Outlast.
Se dunque siete degli estimatori del genere non ci sono scuse per cui non dobbiate accaparrarvi la prima fatica firmata Red Barrels, mentre coloro alla ricerca di un gioco immersivo potrebbero rimanere affascinati dalle vicende raccontate a Mount Massive. Se consideriamo poi che il titolo è completamente gratuito per tutti gli abbonati a PlayStation Plus, lasciarselo sfuggire potrebbe rivelarsi un errore pari a quello commesso dal povero giornalista.