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Pensare al di fuori della loot-box - editoriale

Nonostante le resistenze, l'innovazione a livello di modello di business è necessaria. Ma l'industria deve capire quando esagera.

Quando in futuro gli storici dei videogiochi scriveranno del decennio iniziato nel 2010, spero con tutto il cuore che non si scordino di menzionare la creatività, la capacità artistica e l'innovazione che è sbocciata in questo periodo. Ma so già che non sarà il fulcro principale del capitolo.

Se l'attuale decennio dello sviluppo verrà davvero ricordato, sarà tristemente per la spesso sgradevole prova di forza tra creatori di videogiochi e consumatori sul come rendere profittevole lo sviluppo. Una prospettiva ottimistica potrebbe parlare della tempesta di innovazione di modelli di business che abbiamo visto negli ultimi anni, mentre una più realistica sottolineerebbe la frequenza con cui l'industria è arrivata ai ferri corti con i propri consumatori sulla questione delle varie tattiche di business.

La posizione che è diventata propria di molti consumatori, specialmente di coloro la cui fonte primaria di notizie è YouTube (dove questa posizione è assolutamente prevalente), è che le compagnie videoludiche siano avide e avare, e che passino più tempo a escogitare nuovi modi per spremere denaro dai consumatori che a realizzare davvero nuovi videogiochi.

"La realtà è che i creatori di giochi AAA stanno affrontando la necessità di coltivare nuovi flussi di entrate da ben più di un decennio. "

Spero onestamente di esagerare o di basarmi su una logica fallace nella posizione presa poco fa, ma in verità c'è una vera e propria dissonanza cognitiva nell'attuale relazione che i consumatori hanno con i creatori di videogiochi. Sono infatti capaci di mostrare un genuino amore verso il titolo realizzato da uno sviluppatore, e allo stesso tempo di nutrire la profonda convinzione che la motivazione principale degli sviluppatori sia di fregarli.

Larga parte di questa credenza si basa sull'uomo medio infuriato che inveisce e che è diventato tanto popolare e seguito su YouTube. Mentre alcuni tra coloro che impersonano questo tipo di persona sono chiaramente e in un certo senso tragicamente genuini, altri sono un po' più scaltri e cinici. Per quanto si attirino più mosche con lo zucchero che con l'aceto, un pizzico di aceto è molto più efficace per aumentare il numero di iscritti al proprio canale YouTube.

Tuttavia la colpa non è completamente di chi sbraita su YouTube, né dei guerrieri indignati di Reddit. Non è che l'insoddisfazione dei consumatori nei confronti delle pratiche dell'industria sia qualcosa di casuale che è spuntato dal nulla, o qualcosa di inventato improvvisamente per capriccio. Numerosi esperimenti dell'industria riguardanti nuovi modelli di business si sono rivelati genuinamente da sprovveduti, mal spiegati o del tutto approfittatori, e questo in primo luogo è ciò che ha creato un terreno tanto fertile per queste concezioni anti-consumatori.

Una delle cose in cui l'industria ha generalmente fallito, forse perché è qualcosa con cui la maggior parte di essa non si trova particolarmente a proprio agio, è spiegare la necessità di fondo di nuovi modelli di business. Non giustifica gli errori e gli abusi che sono stati commessi nel tempo ma l'assoluta realtà dei fatti è che i creatori di giochi AAA stanno affrontando la necessità di coltivare nuovi flussi di entrate da ben più di un decennio.

"I calcoli non sono complicati: il costo di sviluppo di un gioco sta aumentando più velocemente rispetto al suo potenziale numero di vendite."

I costi di sviluppo dei titoli AAA hanno continuato ad aumentare, non ai livelli esponenziali dei primi anni 2000 ma comunque piuttosto rapidamente. Allo stesso tempo la crescita a livello di pubblico per quei giochi si è rivelata molto meno impressionante, essendo stata smussata significativamente dopo il boom dell'era PlayStation e PlayStation 2. I calcoli non sono complessi: il costo di sviluppare un gioco sta aumentando più velocemente rispetto ai suoi potenziali valori di vendita.

Come risolvere questo problema? Beh, potremmo trovare un modo per far crescere il pubblico molto più velocemente ma sarebbe qualcosa di difficile in un'era in cui gli smartphone soddisfano il bisogno di gaming della maggior parte del pubblico casual, la recessione globale ha abbattuto le entrate delle generazioni più giovani nel mondo sviluppato e la crescita di una classe media di potenziali consumatori nelle nazioni BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) o si è incespicata o non ha assicurato l'aumento nel consumo di videogiochi che ci si aspettava. Potremmo trovare un modo per ridurre i costi di sviluppo ma tutte le soluzioni più immediate in questa area sono già state tentate e il budget del marketing è cresciuto per assicurarsi ogni euro risparmiato grazie a un'intelligente gestione dei costi di sviluppo. Questo ci lascia l'opzione C come l'unica realistica: trovare una strada per ottenere più denaro dai giochi che si stanno vendendo.

Ecco quindi DLC, Season Pass, proposte di giochi come servizi, titoli episodici, microtransazioni, modelli free-to-play e così via. Ogni cosa elencata ha attirato la propria dose di controversie e rabbia. In certi casi tutto è stato giustificato ma nella maggior parte delle volte l'industria e i consumatori hanno stretto una difficile tregua di fronte a questi modelli di monetizzazione.

Un sottogrupppo molto attivo di consumatori si lamenta (e sono la base della concezione che vuole l'industria videoludica "malvagia e ingannatrice") ma le notevoli entrate garantite da questi modelli dimostrano come la maggior parte delle persone non reputi questi modelli sgradevoli o quanto meno non abbastanza da fermarli dall'aprire il proprio portafoglio. Peraltro quelle entrate non sono davvero opzionali per la maggior parte delle compagnie, ma sono una necessità di fronte ai budget crescenti. Tutto ciò significa che al di là di errori e abusi grossolani, il rumore di sottofondo rappresentato dall'irritazione dei consumatori di fronte a questi problemi è largamente ignorato.

"Ignorare il rumore di sottofondo a volte può significare essere sordi a questioni importanti"

Il problema è che ignorare il rumore di sottofondo a volte può significare essere sordi a questioni importanti o scartare situazioni realmente problematiche come se fossero la semplice lamentela della settimana. Questo sembra essere il caso nell'attuale indisposizione nei confronti delle loot box, dei pacchetti di oggetti selezionati casualmente, delle valute in-game e dei potenziamenti che possono essere acquistati utilizzando denaro reale.

Star Wars Battlefront 2 è un esempio piuttosto estremo e madornale del meccanismo. Quando fu implementato in Overwatch e in altri giochi, puntava in larga parte a offrire ai giocatori una serie di oggetti dedicati alla personalizzazione e totalmente casuali. Star Wars Battlefront 2 invece lo sta utilizzando per distribuire oggetti che alterano il bilanciamento degli scontri all'interno del multiplayer, rendendolo sostanzialmente un gioco "pay-to-win" basato sul caso. I giocatori hanno assolutamente il diritto di lamentarsi della cosa, soprattutto considerando con che impegno Star Wars punti alla fascia demografica dei bambini.

[Nota: Un rappresentante di EA ha sottolineato che Battlefront II ha appena completato la propria beta e che la compagnia sta ancora considerando dei cambiamenti in vista del lancio.]

Tra la determinazione da "gamer furioso" che grida alla catastrofe in ogni situazione e l'approccio difensivo proprio dell'industria quando si parla di queste problematiche, entrambe le posizioni sembrano non cogliere il punto della controparte. Diverse persone (tra cui forse il più degno di nota è John Bain), hanno cercato di etichettare le loot box come gioco d'azzardo quando per lo più non lo sono. La caratteristica discriminante del gioco d'azzardo è la possibilità di una ricompensa in denaro. Le loot box, se si guarda al loro funzionamento, sono più simili ai pacchetti di carte collezionabili o a un Kinder Sorpresa, piuttosto che a una slot machine. Da qui l'industria è stata molto rapida nello scartare questo problema come un'altra semplice controversia della settimana.

Ma tutto ciò ignora il punto più sottile e importante: le loot box sono problematiche quando portate all'estremo per un numero di ragioni che l'industria pare restia ad affrontare. Per iniziare, c'è il fatto che il sistema alla loro base sia poco chiaro. Mentre perfino la maggior parte delle compagnie videoludiche mobile hanno iniziato a informare i giocatori delle probabilità di ricevere una carta, un personaggio o un oggetto da ogni transazione che si basa su un elemento casuale, le loot box raramente rivelano questo tipo di informazione e ci sono pochissimi segni della possibilità che abbiano un sistema interno che garantisca che i giocatori che vogliono un certo oggetto specifico, non debbano lanciare il dado all'infinito senza ottenerlo (cosa che invece i giochi di carte collezionabili fanno, soppesando la distribuzione delle carte nei pacchetti per coadiuvare, invece di ostacolare, la costruzione di set completi). Così come sono, le loot box sono qualcosa che subisce delle critiche legittime che potrebbero facilmente degenerare se questo dovesse diventare un problema diffuso, in particolare tra i genitori.

"L'importanza di vedere l'industria affrontare queste questioni non è solamente morale, è una vera e propria questione di autoconservazione."

C'è un altro problema con le loot box, ovvero che in certi casi limite sono davvero una forma di gioco d'azzardo. Alcuni giochi permettono (implicitamente o esplicitamente) transazioni di denaro reale per ottenere oggetti in-game. Acquistare una loot box con il denaro reale nella speranza di trovare un oggetto pregiato al suo interno da poi vendere per ancora più denaro, è assolutamente e senza alcun dubbio una forma di gioco d'azzardo nella maggior parte dei territori. Malgrado l'uso di oggetti digitali come intermediari nelle transazioni, c'è una reale possibilità che le compagnie coinvolte si trovino in una brutta situazione perché permettono ai minori di accedere a una piattaforma per il gioco d'azzardo.

L'importanza di un'industria che si impegna in queste questioni non è semplicemente morale, è a tutti gli effetti un pezzo di autoconservazione. Se il settore dei videogiochi non si rende conto di dove si trovi il limite sensibile da non superare, si rischia una protesta pubblica che porterà al coinvolgimento delle istituzioni. In questo senso potete star certi che le regole imposte da un organo come l'EU (quella che più probabilmente interverrebbe duramente contro questo tipo di modello di business, sebbene anche le autorità americane disapproverebbero qualora la questione venisse considerata gioco d'azzardo illegale) sarebbero molto meno accomodanti rispetto a un codice di condotta autoimposto.

Se tutto ciò potrebbe sembrare inverosimile, tenete presente che fu un sistema simile alle loot box e chiamato "kompu gacha" (che consisteva nel ricevere un oggetto bonus completando un set completo di oggetti casualmente ricevuti da degli acquisti) a spingere le autorità giapponesi a intervenire e regolare le pratiche del gaming mobile. Un precedente che ha visto l'industria di quella nazione procedere da quel momento con grande cautela quando si parla di sistemi di monetizzazione.

Capire come guadagnare a sufficienza dai giochi da riuscire a compensare i loro budget di sviluppo in costante aumento è indubbiamente complicato. Si tratta di una costante negoziazione tra gli sviluppatori e i consumatori, e ognuna delle due parti di tanto in tanto pesta i piedi o colpisce a tradimento l'altra. È comunque importante che l'industria non diventi insofferente o apatica nei confronti delle lamentele e delle preoccupazioni dei propri consumatori.

Il rumore di sottofondo delle persone che irrazionalmente disprezzano gli aspetti commerciali di un'industria che affermano invece di amare, non deve rendere le compagnie sorde nei confronti dei genuini segnali d'allarme che suggeriscono che un certo limite è stato oltrepassato.