Per un pugno di pixel - editoriale
Quando la risoluzione e i poligoni diventano un problema.
Maledetta risoluzione. Ogni generazione ha avuto le sue battaglie tecniche e più volte la grafica è stata un parametro di giudizio preventivo rispetto a una console o a un gioco. Da un'analisi del Digital Foundry basata su un'anteprima, sappiamo che Super Mario Odyssey, senz'altro uno dei giochi più attesi dell'anno, non arriverà al Full HD neanche quando Switch sarà collegata alla TV: girerà al massimo a 900p, 720p invece in modalità portatile. Ma ci importa davvero?
Facciamo un salto indietro di qualche mese. Lo scorso marzo viene lanciato sul mercato The Legend of Zelda: Breath of the Wild e viene acclamato all'unanimità come uno dei migliori giochi di sempre: ampio, divertente, semplicemente bello come un grande videogioco sa essere. Su Wii U si registra qualche calo di frame rate e l'aliasing è ovunque; su Switch la situazione è migliore, e un aggiornamento postumo correggerà il frame rate, ma resta tutt'altro che un capolavoro tecnico. Lo stile artistico e un gameplay accattivante bastano però a decretarlo come un'esperienza travolgente.
Torniamo ancora più indietro, al 2007. Nintendo lancia sul mercato Super Mario Galaxy su Wii, console che ha dominato le vendite dell'intera generazione nonostante un comparto tecnico nettamente inferiore rispetto a PS3 e Xbox 360, che nel frattempo stanno mostrando i muscoli con esclusive come Halo 3, Killzone 2 e Uncharted. Ma Super Mario Galaxy è un gioco incredibile e che la grafica non arrivi a sfiorare l'alta definizione importa a pochi, pochissimi. Nemmeno per il suo sequel, nel 2010.
Ma anche allontanandoci da Nintendo, le cui scelte sull'hardware sono spesso frutto di accese discussioni, abbiamo tanti esempi di giochi che senza puntare sul lato tecnico più selvaggio (effetti grafici, alta definizione, frame rate) si impongono sugli altri perché, semplicemente, sono grandi esempi di intrattenimento ludico. Produzioni indipendenti come Super Meat Boy e The Binding of Isaac o il più recente Cuphead, che si contraddistingue, al contrario, per uno stile vecchio eppure incredibilmente audace, sono ottimi esponenti. Oppure The Last Guardian, le cui qualità emergono nonostante il prolungato sviluppato abbia senz'altro influenzato la parte più tecnica del gioco. Senza dimenticare che Minecraft ha costruito un impero su mattoncini colorati e pixel giganti, come fosse un LEGO virtuale.
Il motivo è presto detto. La grafica invecchia, si fa più pallida, meno frizzante. Un videogioco divertente, semplicemente, no. Come una bella storia che resta attuale resistendo alla prova più difficile di tutte, ossia quella del tempo, un videogioco che sa esistere al di fuori della sua veste tecnica riesce a penetrare sia nel cuore dei videogiocatori che nella cultura popolare. Ed è così che ancora oggi parliamo di Monkey Island, Another World, Shenmue e Banjo & Kazooie. Ricordando quanto Sonic Mania abbia estasiato i giocatori tornando indietro di vent'anni facendosi beffe del 3D.
Limitare il godimento di un'esperienza immaginifica come quella di un videogioco a pixel, frame rate e cifre vuole dire contenere la creatività e la fantasia in una cupola di vetro da cui si vede il mondo in bianco e in nero.
Il lato tecnico di un gioco, inteso ora come un software, resta una componente rilevante nella sua valutazione, non fraintendetemi. Ma quando si eleva e diventa il principale mezzo di valutazione, anche quando è sotto gli occhi di tutti che quel dato videogioco è divertente e va promosso in quanto tale, allora stiamo sbagliando. Perché si mette davanti la quantità alla qualità, la superficialità davanti all'intraprendenza. Che ogni tanto può costare qualche pixel in meno e così sia.