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Perché non riusciamo a dimenticare Lovecraft? - articolo

HP è ovunque, mai senza HP.

Quando HP Lovecraft scrisse la definizione del genere, che sostanzialmente inventò in prima persona, lo fece con la consapevolezza che la weird fiction sarebbe sempre stata apprezzata solo da una nicchia. Nel saggio del 1927, Supernatural Horror in Literature, dichiarava che: "le storie di sensazioni ed eventi ordinari, o di comune distorsione sentimentale di tali sensazioni ed eventi, avrebbero sempre occupato il primo posto nei gusti del grosso della massa; forse legittimamente dato che queste questioni costituiscono la gran parte dell'esperienza umana". Appena in grado di generare delle entrate, masticato e risputato dalle riviste pulp e infine, dieci anni dopo, morente in mezzo a dolori atroci per un cancro allo stomaco non trattato, Lovecraft poteva ragionevolmente aspettarsi di essere dimenticato.

Tranne per il fatto che non successe affatto. Novantanni dopo Lovecraft è ovunque, profondamente radicato nel linguaggio di libri, film e specialmente videogiochi. Call of Cthulhu, il survival horror di Cyanide, è esplicitamente basato sul racconto breve di Lovecraft ma la sua immaginazione tentacolare di altri mondi e folli entità si avverte in Quake, Doom, Half-Life, Dead Space, Bloodborne (soprattutto Bloodborne) e innumerevoli altri titoli. Un Lovecraft che avesse in qualche modo sfoggiato la soprannaturale abilità di vivere fino ai 127 anni, rimanendo avvinghiato a tutte le IP, avrebbe tali riserve di denaro da far sembrare EL James il rampollo impoverito di una famiglia decaduta.

L'unico problema per il copyright del nostro ipotetico Lovecraft immortale è il fatto che la mitologia di Cthulhu non fosse il risultato solo del suo lavoro (Lovecraft non ha mai utilizzato in prima persona questa dicitura, fu applicata dopo la sua morte). Mentre era ancora in vita ha collaborato con amici e colleghi per espandere il suo mostruoso universo. Dopo la sua morte questi continuarono il lavoro, in particolare August Derleth che occupò sia il ruolo di sostenitore della reputazione di Lovecraft che quello di coautore trasformando manoscritti mai terminati in storie complete. I Grandi Antichi, Dagon, Shogoth, il Necronomicon e tutto il resto sono intrinsecamente adattabili a nuovi usi.

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Questo in parte perché il punto dell'horror Lovecraftiano consiste nel fatto che questi sono incubi che vanno al di là della comprensione umana: se non possiamo sapere le motivazioni degli Antichi allora come antagonisti possono essere sfruttati per scopi quasi infiniti. (Shub-Niggurath invade la Terra in Quake? Certo, perché no!). La predilezione di Lovecraft nei confronti dell'aprire portali verso folli dimensioni o quella di gettare i propri eroi in mondi immaginari garantiva al level design anche dell'utile margine di manovra: si può sia avere un infinito flusso di mostruosa carne da cannone, sia spingere il giocatore in qualsiasi mondo grottesco che si desideri inventare.

Quando vedi uno scienziato che si è spinto troppo oltre, sedotto e portato alla pazzia dei poteri inumani che controlla, quello è Lovecraft (Re-Animator di Herbert West potrà essere un rifacimento di Frankenstein ma lo è con le convenzioni emergenti del genere pulp degli anni '20: in un videogioco a cosa serve un misero mostro di Frankenstein quando un'escalation in stile Lovecraft può proporre nemici zombie a dozzine?). Quando la storia è presentata attraverso testi pieni di occulti segreti? Ancora Lovecraft. Tuttavia alcuni aspetti della sua estetica sono complicati da trasformare in gameplay. Decadenti città costiere del diciannovesimo secolo? Si può fare. Protagonisti per la maggior parte del tempo in fuga o in preda alla pazzia? Non così controller-friendly.

L'archetipo dell'eroe di Lovecraft è un nerd, che si tratti di un antiquario o di un uomo di scienza. Anche quando scrive il ruolo di un poliziotto (il Detective Malone in L'orrore a Red Hook) Lovecraft lo rende un "universitario di Dublino". In Alle Montagne della Follia non sono i soldati ad affrontare l'abisso, è un involontario team di ricerca dalla fittizia Miskatonic University della città inventata di Arkham. Lo scontro è raramente un fattore all'interno di Lovecraft. Se il lettore arriva a vedere i segni del conflitto, solitamente gli umani sono già stati trasformati in poco più di una macchia sul pavimento. Quindi per quanto Isaac Clarke guadagni dei "punti Lovecraft" grazie alla sua natura di ingegnere (scienza!) e al fatto di essere stato trascinato involontariamente in mezzo al pericolo, li perde immediatamente per la troppa competenza.

Ad essere onesti Isaac è forse troppo "colletto blu", troppo "operaio" per un Lovecraft i cui eroi tendono a far parte della buona società della Costa Est, o a farlo almeno apparentemente, anche se le loro famiglie si trovano negli ultimi stadi di un progressivo deterioramento. Lovecraft, che spese i rimasugli dell'eredità di famiglia prima di morire e il cui padre morì di sifilide, ha delle ragioni personali per affrontare continuamente il tema del declino generazionale e di un lascito problematico. Questo è un aspetto che raramente filtra all'interno del gameplay anche se What Remains of Edith Finch ha trasformato la riesumazione della storia di una famiglia maledetta in una meccanica di gioco (e per non sbagliare ecco una copia del Necronomicon all'interno della libreria di famiglia).

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Ma la sua ossessione nei confronti della specie era anche politica. Quando domando a Roger Luckhurst, curatore dell'edizione Oxford World's Classics delle storie di Lovecraft, perché l'influenza dello scrittore sia così duratura, lui punta cupamente al fatto che Lovecraft sia "adatto a tutti i tempi perché un razzista patologico". Di fronte a questo argomento l'impulso dei fan di Lovecraft è quello di sconfessare il razzismo o di porlo solo come il prodotto dei suoi tempi e, come afferma Luckhurst, è vero il fatto che sulla questione delle 'razze ibride' Lovecraft sia sostanzialmente in linea con ciò che fu Henry James. Recentemente scrittori New Weird come Jeff VanderMeer hanno slegato i tropi lovecraftiani dai tentacoli del suo fascismo. Negli scritti di Lovecraft, tuttavia, l'ossessione nei confronti della razza non può essere scucita dall'orrore: i suoi incubi si attivano nel momento in cui la ricerca delle origini collassa nell'impurità.

Scoprire che sei il prodotto di cannibali allevatori di umani (I ratti nei muri) o una creatura nata da un mix di umani e di abitatori del profondo (L'Ombra su Innsmouth) o un terrificante negromante (Il caso di Charles Dexter Ward) è la cosa peggiore possibile se credi, come i personaggi di Lovecraft credono (e come Lovecraft stesso credeva), nella tua superiorità dalla nascita. L'eterogenea New York appare in Red Hook come apparve a Lovecraft quando lo scrittore ci visse: "il calderone in cui tutta i membri della variegata feccia di ere malsane mischiano il proprio veleno e perpetrano i propri osceni orrori". Ma il miscuglio per lui così tanto rivoltante era sempre già avvenuto all'interno delle sue storie.

Così tanto coinvolti nel proprio status di perfetti esseri umani, gli eroi di Lovecraft impazziscono quando scoprono ciò che sono davvero. Sono terrorizzati dall'impossibile logica del razzismo (di rimando possiamo essere terrorizzati dal fatto che Lovecraft scrisse questo tipo di storia in più occasioni senza considerare neanche una volta che la sua ideologia di supremazia bianca fosse insostenibile). È questo orrore nella conoscenza la cosa più difficile da catturare nei giochi e proprio per questo motivo Bloodborne si rivela ancora più impressionante in ambito videoludico: mentre aumenti il livello della tua barra intuizione all'interno del gioco perdi la tua sanità mentale e la tua resistenza ai danni. La comprensione del mondo di Yharnham (suona come Arkham, ha l'aspetto che ricorda Innsmouth) arriva a un prezzo spaventoso.

"L'unica prova del vero mistero è semplicemente questa", scriveva Lovecraft: "se viene stimolato o no nel lettore un profondo senso di terrore e di contatto con sfere e potenze ignote, un indefinibile atteggiamento di timoroso ascolto, come a captare il battere di nere ali o lo stridere di forme ed entità esterne sull'estremo del bordo conosciuto dell'universo". Nessun media è capace di produrre questo senso di terrore in maniera così acuta come i videogiochi, opere che ti immergono direttamente nella posizione dell'esploratore all'interno di mondi sconosciuti, incontrando orrori che possono traumatizzare il cervello umano portandolo oltre la ragione. Se è disturbante scrutare nelle origini dei videogiochi e vedere qualcuno come Lovecraft con la sua brillante immaginazione e le sue atroci credenze, è perché lo scrittore è esattamente il tipo di mostruoso e geniale antenato di cui scriveva nelle proprie storie.